Libreria LdPV

Valli, lagune e sacche.


  Valli da pesca. Componenti fondamentali del Delta, sia dal punto di vista naturalistico che da quello economico, sono le valli, ampie estensioni di acqua salmastra delimitate da arginelli, comunicanti a mezzo di chiaviche da una parte con il fiume, dall'altra con la laguna.L'importante attività di pesca legata alle valli si basa sulla tendenza migratoria di molte specie di pesci che periodicamente si spostano dal mare al fiume e dal fiume al mare. Tali spostamenti vengono sfruttati prima portando cefali, anguille, orate e branzini nella valle, nelle cui acque tranquille e riparate il pesce trova la pastura adatta alla crescita; poi, al momento della discesa a mare, incanalando i pesci verso i "lavorieri" dove vengono pescati.La ricchezza di fauna acquatica e la tranquillità attirano nella valle molte specie di uccelli: garzette, aironi rossi e cinerini, svassi, sterne, gabbiani, falchi di palude, oche selvatiche, cavalieri d'Italia, sgarze ciuffetto, nitticore, avocette, chiurli, pittime reali, e altri ancora; e soprattutto molte specie di anatre che d'inverno sono preda dei cacciatori.Sugli arginelli di valle si svolge, a mo' di corona, la sequela delle tamerici, di cui ricordiamo la triplice funzione: consolidamento delle rive, riparo dai venti e, almeno un tempo, legno per gli attrezzi di valle.Attualmente la maggior concentrazione di valli, quasi 8.000 ettari, si trova a nord del Po della Pila sino a Rosolina Mare.L'ambiente di valle è tipico non solo per l'aspetto naturalistico e paesaggistico, ma anche per le tipiche costruzioni. Il casone dal grande camino, il locale dove si riparano a mangiare e a dormire i guardiani di valle; il casonetto, luogo adibito al ricovero degli attrezzi; la cavana, ricovero delle barche dai vari nomi, forme, funzioni.Se si ottiene il permesso di accedere alla valle, conviene senz'altro fermarsi a parlare coi guardiani, miniere di racconti legati a grandi avventure di pesci, di uccelli, di pescatori di frodo, di freddo e di solitudine vissuta.Qui i ricordi della Resistenza, e ancora prima quelli di Garibaldi e Ciceruacchio, il popolano di Trastevere fucilato assieme al figlio in questi luoghi dagli Austriaci nel 1849, sono tradizione orale sempre viva ed avvincente.Lagune. Se la valle da pesca è ambiente interamente governato dall'uomo, la laguna consiste invece in bacini liberi di acqua salmastra, in parte delimitati verso il mare da cordoni di dune sabbiose o "scani", e dalla parte del fiume da barene. Su queste ultime è facile osservare la salicornia (Salicornia europaea), pianta carnosa che assume un bel colore rosso verso la fine dell'estate, il limonio dai bei fiori violetto, e lapuccinella, un'elegante graminacea.Sacche. Più che lagune, le sacche sono insenature del mare. L'acqua è salata.Le sacche, con le loro bordure di canne, gli isolotti che qui chiamano bari i più piccoli e bonelli i più grandi, e gli scani sono uno tra gli elementi più interessanti del paesaggio del Delta, di cui caratterizzano il limite verso il mare. La Sacca di Goro, quella di Scardovari, il "Canarin", la Sacca di Calèri sono le maggiori.Durante l'alta marea il loro aspetto è quello di un grande lago da cui emergono solo le zone a barena, con vegetazione tipica di salici e arbusti di tamerici, e i bonelli coperti dalla cannuccia. Durante la bassa marea emergono vaste distese di fondali fangosi: levelme. Su questi fondali si formano banchi di ruppia, i cui semi sono ricercati dalle folaghe e da altri uccelli.Nell'acqua delle sacche vive un'infinità di alghe microscopiche in sospensione. Si può osservare bene in questo ambiente come la maggior parte degli organismi presenti siano specializzati nella demolizione della sostanza organica. Molti animaletti hanno funzione di spazzini, come molte specie di gamberetti e crostacei che si nutrono di resti organici, o di filtratori, come ostriche, cozze e vongole. Molto attiva, specie nella Sacca di Scardovari, è la mitilicoltura.L'avifauna tipica della sacca e della laguna si discosta poco, se non per quantità, da quella della valle.  Gli scani e le spiagge.Trasportati da piccoli battelli o barche di pescatori si può arrivare su queste propaggini estreme del Delta, lingue dunose di sabbia con davanti il mare aperto e dietro sacche e lagune.È l'ambiente forse più caratteristico, e anche quello più integro. Non a caso il futuro Parco Naturale ha previsto in queste zone, che delimitano i contorni del Delta, riserva integrale.Fare il giro a piedi di queste isole è una vera e propria avventura naturalistica. È interessante, partendo dal mare, seguire l'evoluzione dell'insediamento dei vari tipi di vegetazione. Prima solo sabbia, poi cespi sempre più fitti: la cachile o ravastreflo (Cakile maritima), pianta erbacea a foglie carnose con fiori rosa pallido, il convolvolo di spiaggia o vilucchio marittimo (Calystegia soldanella), soldanella di mare con fiori rosa-lilla, la salsola, l'enotera (detta anche "bella di notte") con vistosi fiori gialli che ogni giorno si chiudono per rifiorire ogni notte con freschezza e fragranza, la silene che forma tappeti fioriti rosa antico, la lappola (Xanthium italicum) con frutti ricoperti da semi spinosi, l'eringio di spiaggia o erba di San Pietro (Eryngium maritimum).Segue più all'interno una fascia di vegetazione in cui predomina l'agropiro o gramigna delle spiagge (Agropyrum junceum elongatum), l'ammofila o sparto pungente (Ammophila littoralis) e la medica gialla, pianta che ha una funzione di consolidamento della sabbia e attorno a cui si sviluppano delle formazioni dunose.Dietro le dune, in avvallamenti ricchi di sabbia salata, possiamo notare il giunco(Juncus maritimus) e il giunco nero (Schoenus nigrilans), più carice che giunco, tappeti di muschio e di ambrosia, con moltissimi fiori gialli che raggiungono la fioritura in tarda estate  Proseguendo verso la laguna, troviamo molte altre specie tra cui ilginepro, e poi la cannagrieca, la canna palustre, arbusti di tamerice e robinia.Gli scani si prestano alla nidificazione di molti tipi di uccelli: il corriere piccolo, il corriere maggiore, il fraticello, la pivieressa, il gabbiano reale o "magoga", ilmignattino, la sterna comune, la sterna maggiore, il beccapesci e altri.Ci può accadere di chinarci ad ammirare un uovo di sterna, tra maggio e giugno, o, più tardi, a seguire le tracce lasciate sulla sabbia dai pulcini e vederci volare incontro i genitori, le cui acute strida suonano di minaccia per l'indesiderato visitatore e di avvertimento per i piccoli, perché corrano a ripararsi dietro un ciuffo d'erba o un relitto abbandonato sulla spiaggia dal mare.Grande misura e rispetto sono richiesti al visitatore di questi luoghi che, si deve proprio dirlo, non sopportano davvero le invasioni turistiche.Costruzioni tipiche.Altra componente importante del paesaggio sono le costruzioni.In taluni scani remoti, come a Scano Boa, si possono trovare gli ormai rarissimi casoni di canna, le tradizionali abitazioni molto diffuse nel Delta sino all'ultima guerra, a pianta rettangolare, pareti e tetto di canna palustre, pavimento in terra battuta e camino in muratura. Sono abitati stagionalmente da famiglie di pescatori.Del cason di valle, costruzione in muratura dall'ampio camino con gli annessi casonetto e cavana, abbiamo detto trattando della valle.Una presenza significativa è quella delle ville venete: Ca' Zen, Villa Carrer, Ca' Farsetti ed altre. Un fenomeno non solo architettonico, ma di costume. I nobili veneziani, cui venivano affidate vaste estensioni deltizie, vi costruivano dimore dalla duplice funzione: villeggiatura e controllo del lavoro dei campi.Le immense distese di terreno bonificato richiedevano altresì grandi corti, con adeguati magazzini e strutture di servizio. Ancor oggi il visitatore che si trova di fronte alle corti, per esempio di Ca' Venier o di Ca' Zuliani, non può non restare stupito dall'imponenza dei granai e delle barchesse, e dalla vastità delle aie.Collegate alle corti, o anche sistemate lungo gli argini, c'erano le case dei braccianti, le tipiche case polesane nel Delta: molto basse, ad un piano, spesso a schiera, dove ad ogni camino (caratteristica la forma a dado) corrispondeva un nucleo familiare.Nei terreni dell'ultima bonifica, sparsi nella campagna, si trovano le case della riforma,tutte uguali, con stalletta e fienile.Altre costruzioni tipiche del paesaggio polesano sono le vecchie idrovore, i cui alti camini si stagliano nella piattezza del paesaggio; e le fornaci, per lo più sistemate in golene protette da argini: ciò sia per l'abbondanza di argilla sia per la comodità di trasporto dei mattoni via fiume. Ambedue questi tipi di costruzione sono esempi di archeologia industriale.Attività economiche tipiche.Oltre ai cantieri navali (a Loreo, Adria, Donada e Contarina) e agli squeri, le attività economiche tipiche sono legate all'agricoltura, alla valle da pesca, alla pesca,all'allevamento dei mitili, alla lavorazione del pesce e del sale, alla raccolta della canna palustre, alle risaie, agli zuccherifici e ai mangimifici (famosa l'erba medica del Delta). Da segnalare, anche per il loro folclore, i mercati del pesce di Pila, Goro e Scardovari.Sono tutte attività anche diverse tra loro, ma intimamente legate al territorio, e profondamente evolute. Pensiamo all'agricoltura, un tempo legata al sudore di stuoli di braccianti, ora meccanizzata; o ai lavori di bonifica e di regimentazione delle acque, un tempo sulle spalle di masse di "scariolanti".Certo, dalle prime lotte contadine, che proprio in Polesine ebbero inizio alla fine del secolo scorso al grido de «la boje!», le condizioni di vita e di sicurezza sono profondamente cambiate.Oggi nel Delta del Po l'obiettivo è salvaguardare e valorizzare il più possibile questo ambiente: sia perché della natura l'uomo ha bisogno per migliorare la qualità della vita, sia perché è la più sicura premessa di uno sviluppo economico duraturo ed equilibrato della zona. Il Delta del Po.Un paesaggio antico in un territorio recentissimo, il risultato dell'immane lotta fra il mare, il fiume, la terra, l'uomo: ecco il Delta del Po.Vale la pena di fare rotta su questo mondo complesso e vario, foriero di scoperte e di incontri. Man mano che ci addentreremo, ci renderemo conto che non una, ma più rotte occorrerà percorrere per tentare di sviscerare i segreti di un ambiente che non si concede al visitatore frettoloso e superficiale. Viceversa, il Delta sa essere generoso e ricco di forti sensazioni per il "navigatore" che sappia, con tenacia, interesse ed intelligenza, seguire l'istinto della scoperta.Storia, archeologia, architettura, folclore, umanità, e soprattutto natura. Una natura che molto spesso convive con l'uomo, ma che nei luoghi più caratteristici ha mantenuto la sua libertà e presenta il suo aspetto selvaggio e diverso.Se il paesaggio è quasi completamente asservito all'uomo, coltivato e governato, di là dall'argine il fiume sa mantenere le distanze. Vicino al suo corso il Po non sopporta argini troppo stretti, e vuole golene e spazi e sfoghi, costruisce isole e spiagge. E se a monte l'uomo riesce a governare anche parte delle golene, nel Delta il Po si espande con i suoi rami e porta attorno a sé il pulsare libero della natura. È il regno della vegetazione spontanea e della fauna stanziale e migratoria.Il fiume è grande, come la montagna, e incute rispetto, esige ritmi suoi. Per capirlo occorre che anche l'uomo, quando vuole addentrarsi nel suo mondo, si adegui.È con questo spirito che ci addentriamo anche noi in un tipo di avventura che non ripercorre grandiosi miti e nemmeno possibili esperienze robinsoniane, ma semplicemente si fa trainare dal desiderio della scoperta. E così cercheremo di entrare a contatto con la natura, non intesa in senso astratto, ma fatta di nomi e cognomi, come quelli dei nostri amici e conoscenti: uccelli, pesci, erbe, fiori, alberi, acque e terre. Cercheremo, dall'alto dei naturali balconi del Delta che sono gli argini, di capire nel paesaggio l'importante presenza dell'uomo.Di fronte alle emergenze storiche, archeologiche, architettoniche, cercheremo di individuare il filo di un discorso che insieme uomo e natura hanno contribuito a dipanare e intessere nei secoli, fino a realizzare l'ambiente attuale, che ci troviamo davanti agli occhi.Il mito di Fetonte.Un discorso sul territorio e la civiltà del Polesine non può non partire dal mito originario, che tanto più rimanda ad una possibile realtà quanto più riesce ad evocare un'alta intensità poetica. E il mito di Fetonte, giovane dio sprofondato nell'Eridano (antico nome del PO) con il carro del Sole, è stato celebrato dai più grandi poeti.La favola narra dunque di Fetonte, figlio del Sole e di Climene, offeso da Epafo, altro giovane dio dell'Olimpo. Questi insinuava che Fetonte non era in realtà figlio del Sole.Fetonte in lacrime si recò dalla madre per supplicarla di dargli una prova che il Sole era veramente suo padre. Allora Climene, per calmare il figliolo, chiese al Sole che permettesse al figlio Fetonte di guidare almeno una volta il fiammeggiante carro solare, che dal principio dei secoli egli conduceva ogni giorno lungo l'arco del cielo.Il Sole sulle prime si oppose, conoscendo l'immane fatica e difficoltà che tale guida comportava. Ma poi dovette cedere alle preghiere della moglie e alla tormentata insistenza del figlio. Unse di sacri unguenti il volto del figlio perché potesse sopportare le fiamme e diede ordine di aggiogare i quattro splendidi cavalli bianchi.Fetonte, bramoso di dimostrare il proprio valore, balzò sul carro. Ma ahimè, ben altro polso occorreva per trattenere sul giusto cammino la quadriga di fuoco!  I cavalli presero la mano all'inesperto auriga, si avvicinarono troppo alla Terra. Arsero foreste e montagne; i fiumi e i laghi essiccarono. Fu così che le popolazioni dell'Etiopia divennero da allora scure di pelle; il Nilo, terrorizzato, per non restare interamente all'asciutto nascose le proprie sorgenti nel cavo dei monti.Così proseguendo nella sua corsa pazza il carro del Sole avrebbe distrutta tutta la Terra. Fu allora che Zeus, impietosito verso gli uomini, vibrò un fulmine sul carro e Fetonte in fiamme precipitò nel fiume Eridano.Accorsero le Eliadi, sorelle dell'infelice giovane, le quali tanto piansero l'amato fratello fino a che Zeus pietoso le trasformò in pioppi e le loro lacrime in ambra.Chi si trovi a passare per Crespino, troverà la piazza principale intitolata a Fetonte, a ricordo dell'antica leggenda e della tradizione orale che vuole che in quel tratto di fiume sia avvenuta la mitica caduta.