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L'Osservatorio Vesuviano

Post n°2166 pubblicato il 13 Aprile 2012 da luger2
 

Fondato nel 1841 per volere di Ferdinando II di Borbone, l'Osservatorio è stato la prima struttura al mondo utilizzata per l'osservazione e lo studio del vulcanesimo. Venne inaugurato in occasione del VII congresso degli scienziati italiani che si tenne a Napoli. La sua sede originaria, un elegante edificio di gusto neoclassico progettato dall'architetto G. Fazzini, è ubicata sul Vesuvio, sul Colle del Salvatore, tra Ercolano e Torre del Greco, a 608 metri di quota. Il luogo scelto si mostrava particolarmente adatto, in quanto sufficientemente distante dal cratere da non essere raggiunto dai lapilli e dai proietti di grosse dimensioni, e abbastanza elevato sull'originario piano di campagna, tanto da non essere interessato dalle colate di lava che furono eruttate dopo la sua costruzione. Nel 1863 fu installato il primo sismografo del mondo. L'osservatorio fu affidato in un primo momento alla direzione del fisico parmense Macedonio Melloni( 1798-1854). A questi succedette alcuni anni piu' tardi, Luigi Palmieri, allievo del Melloni, che inizio' ad effettuare a proprie spese delle ricerche di metereologia elettrica. I suoi risultati convinsero il sovrano a riprendere il funzionamento dell'Osservatorio che dopo la destituzione del Melloni era rimasto abbandonato. Il Palmieri continuo' il suo lavoro e pubblico' varie opere sulle eruzioni ed i vari fenomeni legati al Vesuvio dal 1855 al 1868 e creo' numerosi strumenti che ancora oggi sono utili per le osservazioni vulcanologiche. A lui successero nella direzione Eugenio Semmola e Raffaele Vittorio Matteucci che ricevette una medaglia d'oro per essere rimasto all'interno dell'Osservatorio durante un'eruzione. Alla sua morte gli successe Giuseppe Mercalli (1850-1914), il vulcanologo e sismologo noto per la sua famosa scala sismica adottata dall'Ufficio Centrale di Metereologia, e per la carta sismica della Campania. Nel 1911 Giuseppe Mercalli, nominato direttore, diede grande impulso agli studi sui terremoti; sua la scala di misurazione della loro intensità, ancora oggi in uso. L’Osservatorio Vesuviano approfondisce sia la ricerca vulcanologica sia la sorveglianza geofisica e geodinamica del territorio. La ricerca vulcanologica fa ipotesi sul comportamento futuro del vulcano basandosi sulla sua storia eruttiva; la sorveglianza geofisica e geodinamica rileva le variazioni e i cambiamenti provocati dagli spostamenti delle masse magmatiche verso la superficie. I risultati delle simulazioni hanno rilevato un’area a rischio di circa 700 km², suddivisi in zona rossa (20 km² - si prevede distruzione quasi totale, con colate piroclastiche, di fango, blocchi, bombe e lapilli) e zona gialla (500 km² - caduta di cenere, lapilli e carichi di 200 kg per ml. Complesse reti di rilevazione controllano non solo il Vesuvio, ma l’intera zona vulcanica partenopea che comprende anche i Campi Flegrei e l’isola di lschia. Negli anni ‘80 nella zona dei Campi Flegrei, ed in particolare a Pozzuoli, ci sono stati numerosi bradisismi che hanno provocato il sollevamento del suolo di 1,8 rn e l’evacuazione di circa 30.000 persone. Oggi tutto sembra essere tornato alla tranquillità: le uniche attività evidenti sono piccole fumarole dentro e fuori dal cratere del Vesuvio, nella zona dei Campi Flegrei e nell'isola di Ischia.
Attualmente la sede storica dell'Osservatorio è anche museo di vulcanologia. Sono raccolti strumenti scientifici di notevole valore storico, utilizzati da scienziati e ricercatori nel corso dei secoli. Inoltre vi sono conservate preziose collezioni di minerali e rocce, e una pregevole raccolta di sculture e dipinti del XIX secolo. La biblioteca storica del museo  conserva testi di vulcanologia, sismologia e meteorologia, e una collezione di volumi del XVI e XVII secolo. Dall'aprile 2000 il museo ospita la mostra "Vesuvio 2000 anni di osservazioni", organizzata e realizzata dall'Osservatorio Vesuviano in collaborazione con il Dipartimento di Protezione Civile. La mostra conduce il visitatore attraverso un percorso nel mondo dei vulcani e del Vesuvio. In particolare: illustra i vari tipi di eruzioni e i relativi pericoli; descrive come si ricostruisce la storia di un vulcano; consente di osservare in tempo reale i dati sismici. Nella mostra sono utilizzati strumenti espositivi quali pannelli, filmati, illustrazioni, monitor con segnali sismici in tempo reale, strumenti storici, libri reperti archeologici.

Nell'antichità il Vesuvio era considerato mitologico. Esso veniva considerato un orrendo mostro a due teste una di leone e l'altra di capra con la coda terminante con la testa di serpente: la Chimera. Vi sono monete antiche che riprendono Bellerofonte, una mitica divinità marina che simboleggia le piogge torrenziali, mentre in groppa al suo cavallo alato uccide il mostro fiammeggiante. Questa leggenda è strettamente legata a quella che attribuivano le convulsioni delle zone campane al fatto che qui vi sfossero stati confinati i giganti abbattuti dall'Olimpo che vomitando fuoco e fiamme si contorcevano dando origine ai fenomeni vulcanici. Virgilio, sapendo che il più terribile di tutti fosse il Vesevo, posizionò a Napoli una statua con l'arco teso in direzione del vulcano per tenerlo buono. Tutti i poeti dell'antichità hanno espresso le loro considerazioni su questo monte che veniva considerato il più temibile. Nei suoi antri, la valle dell'inferno, infatti vi era la sede delle fucine di Vulcano, ciò che di più pauroso la mente possa immaginare, nelle caverne invece dimoravano i Ciclopi. Esso era considrato la sede del culto di Plutone, cioè il montde dei diavoli. La leggenda che vede il Vesuvio come luogo di dannazione si perpetua nel tempo fino all'ottocento quando parecchi visitatori descrivono il monte come un luogo che ricorda l'inferno, dandone una immagine che evoca terrore.

 
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