Un popolo distrutto

Siamo "LAZZARI" felici


Le crociate, portarono il morbo della lebbra e coloro ne vennero afflitti invocarono a protettore il lazzaro del Vangelo (Anche oggi quando il nostro popolo vede taluno impiagato o malconcio ha per suo detto — Me pare un Santo Lazzaro) e fu creato un Ospedale col titolo di S. Lazzaro, nonchè  l'ordine cavalleresco ed ospedaliero sotto il medesimo titolo. Quelli che componevano l'infimo ordine de' nostri popolani, specie di proletari, vestivano una semplice camicia e calzoni di tela grossolana,  rendendo così una tal quale simiglianza de' lebbrosi dell'Ospedale di S. Lazzaro i  quali indossavano una veste di tela bianca. Gli storici si accordano nell'opinare essere il nome di lazzaro sorto al tempo de'Vicerè spagnuoli e dato per delusione a quelli del basso popolo perchè andavano quasi nudi come Lazzaro. Difatti tra un gran numero di abbiette  genti molti vivevano a modo di belve, mal coperti, senza tetto, dormendo il verno in certe cave e la state al ciel sereno. Gente pigra, oziosa, noncurante di sè, dedita al ventre ed al sonno, cenciosa, scalza. I lazzari odierni, partecipi anche al benefico ascendente dell'incivilimento, non più si cuoprono con cenci; di scalzi (salvo qualche rarissima eccezione) non più si veggono per la capitale, anzi taluno veste in modo abbastanza decente, di tal che oggi lo straniero inutilmente ricercherebbe il tipo del lazzaro quale viene descritto nelle antiche opere di costumi napolitani o delineato in vecchie figure. E di vero cosiffatta mutazione è dovuta in modo essenziale al progresso de' tempi che estese i suoi benefici anche all'uomo del popolo. Il commercio indicibilmente facilitato e promosso, grazie alle stupende invenzioni delle ferrovie e de' bastimenti a vapore ha renduto indispensabile il soccorso di braccia, epperò il lazzaro,  anzichè starsene meschinamente a poltrire, trova sempre in che spendere con profitto la giornata, ed in conseguenza a provvedere, meglio che per lo innanzi, ai suoi bisogni. Oltre a ciò il destro che di continuo gli si offre di avvicinare persone illustri per nascita e per dignità. ingentilendo i suoi costumi, migliorando ed ampliando le sue idee, ha giovato non poco a solleticarne la piccola ambizione ( chè anche egli come tutti ne ha un tantino a questo mondo) a persuaderlo come sconcia e sconvenevol cosa sia la sudicezza e la improprietà ancora all'infimo e più vile degli uomini, anzi la  nettezza non sapere iscompagnarsi da qualunque, avvegnachè abbiettissimo uffizio; ed infine come ogni gentile e bennata persona tanto più volentieri si senta inclinata ad avvalersi dell'opera altrui per quanto più mondo e castigato sopra sè stesso lo veggia. Quanto all'indole talun autore ha voluto dare una tinta di ferocia al nostro  lazzaro; qualche bell'umore straniero, tramutandolo in una specie di brigante, sul fare di Titta Grieco o Peppe Mastrillo, io ha descritto armato di stile e di coltello, accattabrighe, insolente, corrivo alle risse ed all'offendere. Senza dividere alcuna di queste opinioni, o piuttosto sogni, diremo come il nostro lazzaro nulla ha di feroce; in quella vece è gaio e facciono si spinge ad eccessi se non provocato, nel quale caso soltanto è a temersene molto, imperocchè la parte fisica è in lui possentemente sviluppata. Nè manca, per la intellettuale, di quell'acume e prontezza di spirito per avventura sì propri del nostro popolo; singolar privilegio dalla natura largitogli. In effetti a chi non è noto quanto sia esso concettoso ed epigrammatico? Che se tal fiata eccede gli è ad attribuire a quella sua soverchia franchezza abituale, da veruna buona disciplina ovvero educazione raddolcita e moderata. L'idea del lazzarone  si accorda naturalmente a quella del facchin, imperocchè ne sia una delle tante diramazioni, come diramazioni del lazzarone sono anche il vastaso ed il mascalzone. Potremo in conseguenza distinguere così queste specie:  Lazzarone  - nome generico dell'infimo ordine del nostro popolo. Mascalzone - peggiorativo di lazzarone; nome che gli si da per ischerno o vituperio, e tolto per avventura da quello onde nell'età del feudalismo addimandavansi i pedoni o soldati di masnada male in arnese. Facchino -  lazzarone che ha deposto in gran parte la rozzezza originaria, utilissimo anzi necessario alla società , industrioso, intelligente, onesto, sempre occupato attivo solerte, e d'ordinario, come vedremo, assai onorato e stimato. Vastaso -  suona quasi facchino ma è voce più volgare, nascente dal greco che significa portare, e che ha fornito bastah agli Illiri, vastaso ai Napolitani e bastagio ai Toscani.  Vengono infine i lazzaroni talune volte chiamati anche banchieri e ciò dalla vecchia costumanza di riposare sotto le panche ovvero banchi. Quindi i I lazzari (o anche lazzaroni) erano giovani della classe popolare della Napoli del XVII-XIX secolo. Particolarmente famoso fu il ruolo da loro svolto nella difesa della città contro l'occupazione francese del 1799. Grazie alle favorevoli condizioni climatiche e al rapporto privilegiato con la campagna circostante, benché miseri, riuscivano a sopravvivere senza doversi preoccupare eccessivamente per questioni di cibo e vestiario. Soventemente sfaccendati, si adattavano a compiere qualsiasi mestiere che si presentasse loro occasionalmente, non disdegnando talvolta di compiere qualche piccolo furto o raggiro e, più spesso, mendicando. Per questo motivo il termine lazzarone, che ha origine dallo spagnolo lazaros (con riferimento al Lazzaro evangelico e agli stracci di cui era avvolto) è sinonimo nell'italiano comune di persona pigra o poco di buono. I "lazzari" costituivano una società nella società del tempo e rispondevano a un loro codice di gruppo. È documentato che nella loro società si era sviluppata una vera e propria gerarchia che prevedeva anche l'elezione di un capo, ufficialmente riconosciuto e accolto alla corte reale. I capi lazzaro si differenziavano dai gregari per una particolare foggia di abbigliamento e taglio di capelli: berretto bianco, giacca corta e capelli rasati fin sopra le orecchie (e la fronte). Il loro quartiere generale era posto a Piazza Luigi Capuana. In particolari occasioni furono incaricati del mantenimento dell'ordine pubblico dal re Ferdinando IV di Napoli. Per questo essi sono talvolta associati alle corti dei miracoli delle grandi capitali europee. C'è chi ritiene che i gruppi come i quelli dei "lazzari" fossero espressione di forme di auto-organizzazione e mutuo soccorso, avallando così l'opinione che, grazie ad una certa creatività, i ceti più poveri riuscissero talvolta a sviluppare una civiltà gerarchica praticamente parallela a quella stabilita dalle norme. Chi tuttavia interpretasse i "lazzari" come un gruppo rivoluzionario ante litteram, rischierebbe di formulare un giudizio affrettato. In occasione dell'attacco francese al Regno di Napoli (gennaio 1799), infatti, essi combatterono contro l'esercito napoleonico, percepito come giacobino, in nome della tradizione cattolica, e difesero Ferdinando IV, quale legittimo re.                           I lazzari si batterono per tre giorni ininterrottamente, il 21, 22 e 23 gennaio 1799 sulle mura di Napoli. Le forze francesi li soverchiarono; morirono in diecimila per difendere la città .        In seguito, i lazzari si allearono alle truppe sanfediste che riconquistarono Napoli tra giugno e luglio dello stesso anno, ponendo termine alla Repubblica Napoletana. Tuttavia alcuni capi lazzaro, quali Antonio D'Avella detto Pagliucchella e Michele Marino (detto o pazzo), per opportunità economica o per ideali, aderirono alla causa repubblicana e furono impiccati in piazza del Mercato il 29 agosto del 1799.