Un popolo distrutto

S. S.: SECESSIONE SUBITO!


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 Il Senatùr nei giorni scorsi aveva definito l’Italia “un paese a picco” un motivo più che valido per il suo partito di chiedere immediatamente il riconoscimento della Padania. Quando Bossi parla tiene in ansia il governo e i suoi alleati. Ma non  per i moniti secessionisti che suonano sempre più come una minaccia che come un'azione realmente eseguibile. A spaventare di più la maggioranza sono state le parole pronunciate da Bossi sul governo e sulla sua tenuta. “Fino al 2013? Non credo” era stata la risposta ai giornalisti. Dentro il Pdl sono ancora convinti che Bossi non abbandonerà la coalizione governativa prima della fine della legislatura. Ma la base leghista, che a Pontida si era mostrata insofferente verso l’alleanza con il Cavaliere adesso, dopo anche l’ultimo scandalo intercettazioni e dopo l’approvazione di una manovra che penalizza e non poco i molti comuni virtuosi del Nord, sembra aver definitivamente sciolto qualsiasi dubbio: secessione subito. Il modo per raggiungere l’agognato traguardo? Il referendum. “La via democratica- ha detto Bossi ai suoi militanti- che permetterà ad un popolo lavoratore come quello padano di smettere di mantenere l’Italia”. Per questo Bossi che non vuole assolutamente arrivare alle elezioni con questo clima, è tornato a parlare di secessione proprio come agli inizi della sua avventura politica. Una parola che negli ultimi mesi aveva dato l’impressione di poter archiviare per sempre ma che invece dopo gli esiti negativi dell’elezioni regionali è tornata prepotentemente di moda nei discorsi del Senatùr.Alla tradizionale festa dei popoli padani, Bossi e con lui anche il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, hanno invocato la “Padania” come unico modo per uscire dalla crisi. L'altro Roberto invece, il ministro degli Interni Roberto Maroni, che qualcuno vuole ormai distante dal pensiero di Umberto Bossi, ha ribadito proprio alla festa padana che “la Lega sarà nel governo fino a quando lo vorrà Umberto Bossi”. Una dichiarazione che sembra voler scacciare ogni dubbio sui propositi scissionisti di Maroni.Anche il ministro Calderoli, tornando sull'argomento, ha voluto allontanare qualsiasi ipotesi di divisione interna paventata nei mesi scorsi: “ricordo- ha detto Calderoli- che senza Bossi non ci saremmo io, Maroni e non ci sarebbe la Lega stessa”. Il ministro leghista interpellato sulle richieste di cambiamento invocate dal presidente della Camera Gianfranco Fini, ha poi risposto con un'altra sarcastica domanda ai suoi intervistatori: Fini chi?Le prime reazioni del mondo politico ai proclami secessionisti di Bossi arrivano dal Pd, principale partito di opposizione. A parlare è il segretario Pier Luigi Bersani: “Vediamo -dice Bersani- cosa farà la Lega sul caso Milanese e poi ne riparleremo. Bossi- prosegue- parla di secessione ma continua a stare con Berlusconi. Vorrà dire che la secessione la farà con lui”.            Ma intanto anche al Nord stanno incominciando a cadere le certezze padane Che la Lega fosse in crisi era chiaro. Dopo anni di governo le sue promesse si sono infrante contro l’ennesima Manovra centralista, fatta di tagli agli enti locali, di tasse, di aumenti dei costi della sanita’ e di peggioramenti dei servizi.Il “grande” raduno dei popoli padani che solo l’anno scorso aveva registrato ventimila presenze, oggi ha visto la misera partecipazione di meno di quattromila di militanti precettati. Ciononostante l’intervento di Bossi e’ stato accolto da rumorose contestazioni che segnalano un malcontento interno ormai inarginabile.La commedia e’ davvero finita.Del resto quanto accaduto ieri alla manifestazione di cittadini che ha contestato il raduno leghista, prova l’arroganza di un partito che ha perso completamente il contatto con le comunita’ locali e che impone decisioni centraliste a suon di manganellate, in Val di Susa come a Venezia.Domani, dalle ore 14.30, noi promotori della manifestazione di sabato, saremo presenti in Consiglio comunale per denunciare l’inaccettabile anomalia democratica di un uso politico-privatistico delle forze dell’ordine. La responsabilita’ di quanto visto ieri e’ del ministro Maroni che ha imposto una gestione scellerata e autoritaria della piazza, calpestando le più elementari regole democratiche e le istituzioni cittadine. La nostra presenza di domani sara’ anche un segno di vicinanza e di affetto verso quei consiglieri comunali feriti dai manganelli di Maroni.Tutto cio’ con l’aggravante di provocazioni da parte di esponenti delle forze dell’ordine che hanno seguito ed insultato gruppi di manifestanti per tutta la notte con il chiaro intento di innescare ulteriori incidenti. Proposito fortunatamente mancato grazie al buon senso dei cittadini.La citta’ di Venezia, tradizionalmente libera, aperta e plurale, non aveva mai assistito ad una tale dose di arroganza e di violenza esercitata contro cittadini intenti a manifestare pacificamente. Domani ribadiremo la nostra indignazione, ma anche la più ferma convinzione che il tempo della Casta padana è finito, e inizia quello dell’alternativa. I promotori dell’appello “Venezia bene comune" 
  La voce di Umberto Bossi torna a scuotere gli equilibri politici dentro la maggioranza. Il capo del Carroccio ha parlato alla festa dei popoli padani accolto dai militanti che invocavano la secessione. E di secessione si è tornato a parlare.