Un popolo distrutto

CARTIERE


Tra le duecento fiorentissime cartiere meridionali dell'epoca, ricordiamo quella celebre di Fibreno, la più grande d'Italia e una delle più note d'Europa con 500 operai dove si producevano carta bianca, cartoni e carta da parato, oltre a quelle del Rapido, della Melfa, della costiera amalfitana (che per prime ne avevano appreso l’uso dagli Arabi); nella sola valle del Liri, che era il comprensorio più importante del regno, il giro d'affari delle nove cartiere della zona era di 8-900 mila ducati annui grazie agli ingenti investimenti fatti per dotarle delle migliori tecniche dell'epoca. Già ben prima dell'unità, le cartiere avevano destato l’ammirazione dei più grossi industriali del ramo; nel 1829 Niccolò Miliani proprietario delle note cartiere di Fabriano, venne al Sud nella Valle del Liri e si meravigliò di vedere “un foglio di carta come un lenzuolo”, si chiedeva “come diavolo si potevano ottenere formati così grandi." Le cartiere del Sud, grazie all’elevata qualità del prodotto esportavano in misura notevole, oltre che nell’Italia settentrionale, anche a Londra malgrado costi di trasporto assai gravosi. “Strettamente collegate a quelle della carta erano le “industrie” dei libri, le tipografie: oltre 400 i titoli pubblicati annualmente (un vero primato per l’Italia del tempo), 2500 circa gli addetti (113 le stamperie attive solo a Napoli intorno alla metàdell’Ottocento). Decine i giornali e le riviste scientifiche e culturali anche specialistiche, un centinaio addirittura i giornali e i giornaletti”.