Un popolo distrutto

"IO NON FESTEGGIO! NO A 150 ANNI DI BUGIE!"


Sarebbe stato normale, ragionando in astratto, sarebbe stato meno offensivo ed irritante per una parte cospicua dei “suoi” cittadini, che, ricorrendo il 150° anno della sua costituzione, questo Stato desse avvio ad una responsabile riflessione su se stesso come struttura politica, sulla sua rispondenza o meno ai bisogni delle popolazioni su cui esercita la sovranita, o su cui, come nel caso del Meridione, si è arrogato di esercitare la sovranità con la violenza delle armi. 
 Invece questo Stato elude tale suo elementare dovere, contrapponendo ad esso, attraverso la celebrazione dell’anno della sua fondazione la celebrazione di se stesso. E questo verosimilmente non solo per il vizio della retorica, che è si vizio “nazionale” ma solo inteso come vizio proprio di questo Stato Nazionale, non finito con il fascismo, ma anche piu concretamente per il timore, da parte di questo Stato, di dover altrimenti attestare, con un bilancio, il proprio fallimento e insieme la propria incapacità, o meglio l’impossibilità, di riformare se stesso.Peraltro neanche quando e diventato democratico e repubblicano, dopo il disastro della guerra e la connessa liquidazione dei regimi di marca fascista, questo Stato ha avuto una tale capacità, che in definitiva e capacità di rifondarsi. Sarebbe stato necessario a tale fine ripercorrere a ritroso gli anni della propria storia, fino a quelli delle fondazione, e chiedere perdono alle vittime dell’imperialismo su di esse praticato. Decidendo ovviamente di cambiare strada.Ed invece, adeguandosi rapidamente all’immagine che il nuovo clima del dopoguerra richiedeva, è stato facile a questo nostro Stato rivestito a nuovo, amputare da sè l’imperialismo sabaudo nei confronti dell’Africa e dei “negri” di Africa, snidati dalle loro montagne con i gas asfissianti: ma dell’imperialismo sabaudo nei confronti del regno del Sud, e dei “negri” del Meridione, snidati dalle loro montagne con l’esercito e con l’incendio dei loro paesi e delle loro case, la nuova classe del nuovo Stato democratico non fece scrupolo alcuno: continuò ad incassare i proventi del primo, svuotando e condannando le campagne meridionali per realizzare la ricostruzione delle metropoli del Nord; e quanto a quei “negri”, beh si trattava di gente ostinata, che disturbava la quiete dei signori, in definitiva briganti che se l’erano voluta.In realtà per ripercorrere umanamente quella storia ci sarebbero voluti ben altro che i paramenti delle celebrazioni: ci sarebbero volute vesti di sacco e abbondanza di ceneri con cui cospargere le nostre teste. Ma queste sono fantasie che non trovano albergo in gente che ha il cuore ben rivestito di grasso.Noi non abbiamo nulla da celebrare. Abbiamo solo memorie, e molte, da commemorare. Abbiamo bisogno di attrezzarci a farlo senza odio, perchè dalla memoria germinino nuove vie di liberazione. Forse di una tale pasta erano quelle che oscuramente o meno, attendevano i nostri briganti. di Francesco Tassone da http://www.ondadelsud.it/