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BULLISMO. ATTI DEL CONVEGNO - IL GESTO, IL LINGUAGGIO, LA PAROLA

Post n°14 pubblicato il 23 Aprile 2010 da osservpubblammin
 

Noi non possiamo pretendere di essere capiti, se non ci esprimiamo adeguatamente, e questo vale per qualsiasi ambiente ci troviamo a frequentare, sia esso scolastico o familiare oppure specifico.

E’ questo il fulcro del discorso. Se volessimo analizzare il problema della comunicazione, ripercorrendone i passi, dovremmo  risalire agli antichi greci, come i socratici, e anche a molto prima, ossia all’origine del linguaggio.

Ma noi oggi discutiamo delle comunicazioni linguistiche e gestuali del nostro tempo, nel quale si fa un gran parlare di mezzi di comunicazione sempre più efficienti, mentre la comunicazione sociale diventa sempre meno ricca di contenuti di sapere e di qualità.

L’uomo che si evolve nel suo tempo, cioè il  contemporaneo e quello che si evolve  nella storia, cioè le varie generazioni, evolvono anche sia il proprio linguaggio, sia la lingua, quest’ultima intesa come costruzione e organizzazione codificata delle parole e delle frasi, ma muta senso anche la gestualità.

Il gesto è azione, la lingua e il linguaggio muovono all’azione.

L’uomo, pertanto, deve saper tenere sotto controllo gesti, linguaggio e lingua, per saperli  usare e dosare adeguatamente ,nei vari momenti     della vita sociale,poiché trarrà vari vantaggi dall’ essere consapevole delle loro conseguenze sia nell’immediato , che nel futuro.

Se l’orizzonte dell’essere umano è l’amore, cioè l’essenza affettiva che ci arricchisce per la  vicinanza con altre persone che vogliono il nostro bene, allora  non c’è altro mezzo che entrare in contatto con loro attraverso un linguaggio amichevole, le parole giuste, i gesti adeguati all’amore, all’amicizia, alla fiducia, così da essere verso l’altro amorevole, amichevole, degno di fiducia.

Noi abbiamo bisogno dell’alfabetizzazione al linguaggio, alla scelta delle parole, all’uso dei gesti, che  noi per la nostra condizione umana abbiamo convenzionalmente sviluppato nel corso dei  millenni, per imparare a vivere tra gli uomini e con gli altri uomini.

L’egoismo della ricerca del superfluo rende le società umane aride nei linguaggi affettivi e inasprisce i linguaggi normativi, cioè tutte le volte che una società volge le spalle al bene comune le leggi si fanno più dure e talvolta ingiuste, perché la tutela dei singoli individui, da parte della legge, si fa più dura dal punto di vista della pena e la mancanza del rispetto delle regole produce una società nella quale  detta le regole il più forte economicamente.

E’ certo, il linguaggio, le parole e i gesti che si imporrano in tal caso saranno quelli del più forte, e più una società è coinvolta nel consumismo,  tanto più, il più forte sarà colui che detiene potere economico.

Si vede chiaramente allora quanta stretta correlazione ci sia fra democrazia e linguaggi, parole e  gesti scelti da una società libera e democratica.

La moderazione  è sicuramente la prima dote morale e la più alta forma di intelligenza, che un individuo sociale può esprimere nel suo divenire e per giungere all’autocontrollo della moderazione dovrà volgere la propria attenzione e la voglia di emulazione, insita nella natura umana, verso “buoni maestri” e verso agenzie educative, che nella pluralità dell’informazione usano buoni metodi, basati sul rispetto e la comprensione, oltre che sul possesso di  cultura,che è un concetto ben superiore al concetto di istruzione, in quanto sapere spesso non coincide con il conoscere e saper  distinguere, così come guardare spesso non significa vedere, se non si è educati alla visione.

E’ necessario individuare quali metodologie pedagogiche-didattiche  sono le più indicate per far ricevere e penetrare il messaggio educativo in tutti i suoi contenuti.

Nelle contrapposizioni, in particolare, è necessario il controllo del gesto e del linguaggio e usare la parola per mantenere vivo il dialogo esplicativo delle proprie motivazioni, per permettere la fluidità del pensiero che rabbia incontrollata, gesti inconsulti  e linguaggio aggressivo impedirebbero inevitabilmente, inibendo alla lingua la chiarezza di parola, che…  in fondo…è proprio quella che ci rende civili, ossia uomini pensanti.

Le parole amorevole,amichevole, stanno ad indicare un complesso modo di porsi rispetto all’altro o ad un gruppo, che racchiude in sé modalità di linguaggio , di uso della parola e dei gesti volti a trasmettere espressioni di positivo rapporto interpersonale benevolo.

Ai nostri giorni è qualcosa di talmente difficile da riscontrare, tanto da apparire strana e da stupirci quando le relazioni  sociali sono improntate alla serenità di spirito e di disposizione positiva e attendista verso i nostri interlocutori, si tratti di persone conosciute o da conoscere.

Oggi infatti la denigrazione dell’altro è molto comune, sia nei rapporti interpersonali, che nei media televisivi, che fanno del ridere sui limiti degli altri un mezzo per divertire il pubblico e imbarbarire i rapporti umani, sempre più degradati da un eccessivo consumismo, che ci rende tutti più individualisti e torbidamente indifferenti  al bene sociale,cioè comune.

C’è spesso una malcelata ostilità fra sconosciuti, una forma di estraneità primitiva, che nelle grandi città oscura il senso di socializzazione e fa vedere il mondo attorno a sé minaccioso. Così guai agli stupidi e agli ingenui, bisogna imparare presto l’arte del vivere, anche se non è ragionevole; in quanto ragionevole è solo l’esercizio della solidarietà con il quale si vivrebbe tutti meglio, a misura di vita degna di essere vissuta.

Il cinismo e l’ironia sfociano nella volgarità  e infatti la nostra è un’epoca volgare.

Dalla piaga del bullismo scolastico, alle risse di condominio, alle risse violente per un parcheggio , agli scandali politici, economici ecc  con cui ” i  pescecani  “ vorrebbero fagocitare la società civile, quotidianamente scorrono moti esempi di  perdita del valore delle leggi dello spirito e del vivere sociale.

La scuola può ristabilire regole inventandone anche di nuove, con le quali creare nuovi spazi culturali dove la gioventù portata fuori dal purtroppo consueto elemento (adorazione incondizionata di mamma e papà oppure per i meno fortunati  degrado e rifiuto) si trovi a sperimentare un ambiente protetto dove insieme di stabiliscano e si rispettino regole   con le quali tutti stiano un po’ meglio di come stavano.

Trovando parole nuove con le quali esprimere il proprio io e i propri talenti, rapportandosi agli altri con la giusta attenzione e  nel rispetto dei talenti e del valore intrinseco alla socialità. Aiutando tutti e ciascuno a rileggere in altre chiavi di lettura il proprio vissuto.

A volte scoprire il talento dei bulli, in modo che essi stessi ottenendo qualche soddisfazione  possano sperimentare le proprie potenzialità positive,  potrebbe essere d’aiuto alla società in genere.

Una società migliore si prepara a scuola e si mantiene tale nel tempo con la scuola e con l’ausilio delle altre agenzie educative.

Sarebbe un errore utilizzare il gesto dell’esclusione e della punizione fine a se stessa, per sostituire la parola, figlia della riflessione e dell’esperienza, poiché  la società imbarbarirebbe. Il vigore del consenso sociale deve appoggiare l’azione dei pochi, che vanno controcorrente, docenti, pedagogisti, psicologi che progettino (non per quei compensi a progetto che nella scuola a scatenato una specie di guerra fra poveri) ma per individuare percorsi  formativi anche di tipo interattivo, teatrale, di laboratorio che  coinvolgano voglia di apprendimento  e desiderio di protagonismo, tipico della natura umana.

Ridare senso al tempo è ciò che gli adulti devono sforzarsi di offrire ai giovani, agli studenti; cioè qualità dell’informazione, che negli anni possa trasformarsi in cultura; potremmo ottenere ciò veicolando con l’informazione la vecchia “scienza e coscienza”.

Il niente in cui vivono tanti giovani è mancanza di stimoli. E’ tornare a casa da scuola con il senso del niente, poiché  a scuola la confusione regnava sovrana, perché adulti e professori non riescono a farsi rispettare e nessuno ha capito niente  del senso della lezione e dello stare a scuola. Cosa diventa il tempo quando non si impara niente? – NOIA!

Senza significato non c’è tempo, come scriveva Eliot. La scuola è noia per molti ,perché senza significato non trovano niente di interessante. La scuola non deve insegnare cosa pensare, ma come pensare.

La scuola  di oggi ha difficoltà di mezzi, ma ha ancora docenti collaborativi e di varia preparazione culturale, dobbiamo dar loro gli strumenti per organizzarsi e offrire loro materiale umano già educato nelle famiglie e nelle altre agenzie educative di tipo alternativo. L’insegnante deve poter fare dell’esperienza scolastica degli studenti un’avventura affascinante, ma bisogna che la ciurma sia educata all’ascolto e  a  capire che rispettare l’insegnante, malpagato  e socialmente  scarsamente considerato ai nostri giorni, non è per l’educatore un elemento di demerito in se stesso, ma al contrario deve essere per gli alunni e i loro genitori un motivo in più di apprezzamento e di rispetto,quello che crea il silenzio dell’attesa che  ti permetterà di capire che, ciò che oggi ti stanno proponendo a scuola, ha un senso e che molte delle cose che si imparano hanno un senso nell’utilizzo che ne farai mettendolo alla base di nuovi apprendimenti , o nella scoperta che con il sapere si possono abbattere i muri dell’ignoranza,che nella società sono portatori di povertà materiale  e morale, anche quando uno Stato   o un gruppo di imprenditori e finanzieri o petrolieri  son così abili da spostare la povertà da un luogo ad un altro della terra,ma per l’individuo non avviene allo stesso modo chi è ignorante resta ignorante, e anche  se potrà conoscere  la prosperità materiale, nel profondo del suo io saprà sempre di non aver potuto dispiegare le vele del suo talento, ciò che tecnicamente si chiama la realizzazione piena del suo io.

La scuola senza ripudiare il suo dna potrà uscire dalla carta e rinnovarsi attraverso le applicazioni pratiche , senza mettere in discussione la sua anima, trovando forme di interazione sempre nuove fra le discipline scolastiche, perché questo dà valore aggiunto alle ricerche  e ai contenuti, trovare una maniera in più per dialogare, per approfondire, per arricchirci l’un l’altro, restituendo tensione ed emozione allo studio, lo stesso che in fondo ha spinto la generazione del dopoguerra all’istruzione di massa, quando il substrato era costituito da un alto tasso nazionale di semianalfabetismo e non si parla di molto tempo fa, ma dell’epoca dei vostri nonni, che saranno probabilmente figli degli anni  ’50  e ’60.

Volevamo alzare lo sguardo sul futuro, se non ci siamo riusciti, almeno  provateci voi. 

Angela Barresi

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