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IL pensiero profondo

Post n°28 pubblicato il 25 Ottobre 2017 da osservpubblammin
 

IL PENSIERO PROFONDO

Il pensiero profondo è quello che manca quasi del tutto alla nostra società. Quei pochi che  hanno espresso un mondo complesso di idee lo hanno fatto pagando spesso in  prima persona un alto prezzo, in tutti i sensi, ma lo hanno fatto pur essendo consapevoli della mentalità dominante del profitto e dell’approfittatore, che studia per appiattire la reazione intellettuale dei membri di una società  abbruttita da bisogni indotti da mode e pubblicità. Una cosiffatta società è governabile  puntando il timone verso la direzione della servitù volontaria. Infatti, l’arte del servire è la più nobile delle arti se l’ispirazione nasce del dovere e dal senso di solidarietà interpersonale. Purtroppo diventa tutt’altra cosa quando si muta in servilismo,per tornaconto misero  e la guida è cieca e con finalità abiette.

In Italia alla cosiddetta illusione, non certo utopistica,del valore dell’istruzione e della cultura diffusa, che avrebbe portato veroprogresso e ricchezza materiale e soddisfazione morale –perché intellettuale- sfruttandola sete di cultura mondiale, vista la concentrazione del patrimonio artistico,architettonico di stratificai secoli di storia, vestigia di civiltà passate,che incrociarono  i propri  destini nel mediterraneo, si è scelto diprivilegiare i capitani di industria che hanno portato benessere fino a uncerto punto,  passando del paternalismoad una presa di coscienza sociale a cui lentamente la ricchezza dei mezzi di approvvigionamento culturale li ha condotti e indotti, mapoi il nuovo assetto mondiale di fine secolo e di nuovo millennio ha collassatoil sistema.

Lo scarsoretroterra culturale ha fatto riconoscere a pochi i rischi del nuovo mondialismo economico, non memori o inconsapevoliche rimarcava nei metodi, nelle finalità, l’esperienza storica dell’epoca dell’imperoromano, sconfitto  da un’idea –indebolitodal cristianesimo –schiacciato dal proprio sfrenato egoismo degli ultimi tempid’impero.

Pochi della generazione degli adulti di oggi vedranno il futuro che ci aspetta, ma molti già intravedono qualcosa,tuttavia il loro pensiero spesso e sillogisticamente deviato da premesse errate, derivanti da strati di incultura e soggezione alpensiero dominante, che di forte ha poco, ma è sì un grande estorsore di vitalità sociale sana che dovrebbe essere figlia di una voglia di collaborazione e suddivisione di ruoli, con assunzione di  responsabilità, perché, anche dove l’intelligenza difetta, l’applicazione e la volontà riescono a supplire certi limiti strutturali della persona e della società.

Per questonon siamo più vere persone civili, capaci di vedere l’errore senza pensare disfruttarlo invece che correggerlo.

Tanti singoli che fanno una  massa, ma strutturati in questo modo superficiale non fanno più un popolo, con una Costituzione, un’economia, un sistema bilanciato di diritti e doveri, un luogomorale ed eticamente condivisibile di esercizio della giustizia, dell’ambiente dove la malattia si combatte con il terrore di istituzioni ospedaliere inadeguate, con comportamenti di inarrestabili individui, talvolta abbietti per un sistema di vassallaggio verticale di baronia a salire e a scendere la scalasociale, che rappresenta il sistema sanitario.

Ma questosistema è un derivato del sistema scolastico e universitario del nostro Paese.

L’istruzione tradizionale pubblica non garantisce l’ascensore sociale. Le classi socialisono declassate e crollano le une sulle altre, resiste solo il capitale.

Le risorseumane che dovrebbero garantire quel numero  indispensabile di individui utili allaconservazione della specie pensante, senza interessi e con il minimo impatto(in quanto parliamo di esseri umani fallibili) non vengono quasi più riprodotti dal nostro sistema sociale.

L’individuoha perso il privilegio di vedersi riconoscere quei pregi di cui Dio o la naturalo ha dotato per il bene di tutti, a meno che  non sudi nelle università dei figli di papà(ex parlamentari, capitani di industria, fondazioni ecc..), cioè nell’area delprivilegio per censo.

Si può  obiettare che sedere alla destra del padre o del padrino  è un’usanza vecchia quanto il mondo e le voci di coloro che gridano nel deserto non sono assordanti.

Tuttavia puressendo ciò vero, parallelamente uno Stato - che ha fondato la sua prima ragion d’essere sul lavoro – con tutti isuoi cittadini dovrebbe far sentire la sua voce, perché per reggersi un’economiabasata sul lavoro ha bisogno di individui dediti ad esso, alla sua programmazione, alla sua organizzazione, alla sua diffusione capillare, senzaalcun pregiudizio di casta, con senso di riconoscenza verso una società, chemagari lo privilegia, ma nella speranza di un miglioramento collettivo, nel quale il lavoratore ritrovi la sua identità di uomo o donna e la sua speranza di futuro.

Da più partisi lamenta l’alto numero di giovani che interrompono gli studi in Italia, l’abbandonoscolastico è sempre stata una piaga sociale a cui non si è mai realmente volutomettere fine, altro che cittadinanza, frange di società sono state abbandonateal semianalfabetismo e oggi basta premere qualche tasto troppi di questisemianalfabeti sociali e culturali  sisentono dei geni.

Purtroppo non una voce si leva mai a spiegare il perché  ad un abbandono, per esempio degli studi universitari,o accademici poi non succeda una ripresa degli stessi. Gli studi si possono interrompere per vari fattori, si lascia l’Università per motivi familiari,o immaturità personale, per malattie che temporaneamente impediscono il normalecorso della vita, poi  successivamente l’exstudente non riprende gli studi, magri raggiungendo lì obiettivo della laureaagognata con qualche anno di ritardo rispetto alle tappe normali.

Nessun parlamentare ha mai detto che l’intoppo sta nello sbarramento che -le leggi ola prassi di questo Stato o i consigli accademici o i governi accademici- ha  posto per censo a questi studenti universitari ritardatari.

E’ un sistema vergognoso, anticostituzionale e antisociale, che impone allo studentesquattrinato o alla famiglia di questi che per riprendere gli sudi  un giovane o meno giovane per ripartire dalpunto in cui si era interrotto il suo percorso universitario o accademico debbapagare le tasse universitarie arretrate di tutti gli anni di allontanamento dalsistema scolastico –pensate che questo vale anche per il corso di studi teologici.

In terminipratici, se lo studente paga decine di migliaia di euro  (un tot per ogni anno di abbandono) riprendegli studi salvando gli esami fin lì sostenuti, diversamente dovrà ricominciaredi nuovo da una nuova iscrizione al primo anno.

Non siobietti che questo sistema sia organizzato a salvaguardia della continuitàdidattica, che questo garantisca la preparazione dello studente, perché se cosìfosse allora pagare cifre esorbitanti, per famiglie già tartassate nongarantirebbe l’ammissione agli studi di un studente modello, ma solo di quelloeconomicamente  più benestante.

Questa non èequità sociale, questo non è rimuovere le cause che impediscono lo sviluppodelle pari opportunità –di costituzionale memoria-, ma è controllo socialesmaccato del sistema discriminante della società elitaria.

E leorganizzazioni che promuovono petizioni e referendum potranno farsi carico diquesta piaga  che ripaga con ildisprezzo  la buona  volontà di miglioramento.

 

Chi ègiovane non è povero, ma chi è ignorante e povero è schiavizzabile con metodimoderni.

La formazione non è una scatola vuota.

                           Angela Barresi

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