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BUROCRAZIA E DEMOCRAZIA

Post n°6 pubblicato il 03 Giugno 2008 da osservpubblammin

Occorre disinnescare la rabbia del cittadino per il mal funzionamento della macchina burocratica - amministrativa della società italiana, che sembra prediligere la boria del potere e le logiche del potere alla forza della logica.

Ci accontenteremmo di ottenere, nell’immediato, solo il possibile.

Per conoscere i reali bisogni delle varie classi sociali occorre lasciare spazio alla parola dei comuni cittadini, che non hanno modo di far sentire la propria voce e la propria opinione attraverso canali mediatici.

La televisione di Stato e le altre reti private sembrano ormai prediligere alla parola la parolaccia, ed in ogni caso il dissenso sull’andazzo del Paese Italia, sulla pubblica amministrazione e la contrarietà su talune leggi  - con cui ci governano male- non vengono normalmente raccolte da nessuno.

Se il disappunto e la contrarietà sono espressi da un qualsiasi cittadino esse non trovano nessuna risonanza all’interno del sistema di comunicazione mediatica perché, nel rapporto di potere e trattativa, il singolo è come uno zero assoluto.

Fare dell’uomo comune un protagonista, ascoltarne i pensieri, i dubbi, significa aprirsi verso quella massa silenziosa, che può suggerirci forme di gestione della cosa comune, legate a un maggiore buon senso, a cui poco sembrano ispirarsi gli uomini che detengono un qualsiasi potere nella nostra società.

Le ragioni dell’altro possono condurre ad una maggiore libertà per tutti, ma occorre uscire dalla fase interlocutoria, - in cui tutti parlano e nessuno ascolta,- riportare  la parola,le idee, i valori al centro dell’attenzione di una dialettica condivisa, per la quale sia lecito contraddirsi, ma anche  accogliere ciò che c’è di giusto nella opinione altrui e tradurre il tutto  in fatti concreti, che siano di beneficio ai rapporti economici fra Stato e cittadini, all’ambiente, allo sviluppo, alle iniziative positive e all’uomo che nel suo ricrearsi con il susseguirsi delle generazioni  ha bisogno di essere educato, non una volta per tutte, ma in maniera permanente.

Tutte le generazioni devono avere, dalla vecchia in declino, l’opportunità di conquistarsi la libertà e il diritto al confronto costruttivo.

In Italia c’è un problema sicurezza che è strettamente legato al problema giustizia ed entrambi sono connessi al problema  sociale del fallimento delle agenzie educative, che ha coinvolto le nuove e vecchie generazioni ed ha allontanato dall’equità, dalla trasparenza, da ogni ragionevolezza l’azione della Pubblica Amministrazione, la cui discrezionalità esercitata con arroganza al di sopra delle stesse leggi, spesso sconfina nell’abuso sul cittadino e nel parziale rifiuto di concedergli diritti acquisiti e palesi.

Ed è evidente che questo stato di fatto, finora denunciato con voce troppo debole, ha finito con l’imbarbarire la società, i cui membri non credono più nei valori della libera concorrenza, né nei concorsi, né nel diritto al posto letto in ospedale in caso di pericolo di vita, né nella giustizia, che rischia di perdere la verità nella farraginosità di procedure vetuste, la cui conoscenza è di tipo iniziatica.

Inoltre questa disaffezione ai valori astratti ma praticissimi in una ideale società solidale, dove ciascuno concorre ancora con i propri meriti e capacità, ha tolto prestigio alle figure carismatiche che un tempo potevano essere prese ad esempio e sul cui metro umano un po’ ci si misurava e ci si confrontava, il maestro, il sacerdote, il medico ecc … ed oggi ancora più di prima il pseudo – prestigio è legato a ciò che un individuo possiede e non a ciò che è. Per dirla con un gergo calcistico, che va di moda, l’importante è fare gol.  Si è  perso il gusto di partecipare ai giochi di partita, ma la vittoria vinta ai rigori nuoce al gioco serio.

La società e principalmente la sua parte più debole hanno bisogno di una speranza di crescita verticale, hanno  bisogno di  sperare in un futuro migliore ed è giusto offrire a tutti la possibilità di cimentarsi in uno sforzo di crescita  verticale  anche ai figli dei ceti meno abbienti.  Lasciare una speranza alle aspettative, anche le più ambiziose, significa permettere ad una società di divenire più democratica e meno classista. Forse ci sarebbero meno giovani aspiranti letterine o calciatori.

Si tratta di fare della società un  crogiuolo di democrazia, perché la speranza di miglioramento, anche quando potrebbe apparire utopistica, è stimolo a fare, è spinta alla partecipazione, è assunzione di responsabilità.

Oggi la nostra società  è ingessata nelle speranze, nei valori e nei disvalori. La gente si chiude nel suo privato, i giovani faticano ad esprimersi e a progettare un futuro, perché le agenzie di sviluppo sono un bluff di Stato, o lo diventano. Ci vuole una raccomandazione per ogni passo che si compie.  Con la scusa dell’istruttoria della pratica di finanziamenti all’apertura di attività, si ungono le ruote di un sistema di gestione  politico vecchio e che lascia spazio alle truffe  ben congegnate.

In uno Stato appaltatore dei propri servizi gli  sprechi, le  ingiustizie, le  ladronerie e  la perdita di speranza  di giustizia sono unici risultati possibili.

E non sembri strano  o fuori luogo  ciò che sto per ribadire, perché vi si trova la logica dello sfascio.

Dirigenti e Direttori della pubblica amministrazione  cooptati, inadeguati per titolo di studio, preparazione, attribuzioni   ope legis a loro carico di competenze  nuove con il trasferimento  di pratiche dallo Stato alle Regioni, dalle Regioni alle Province , dalle Province ai Comuni ,senza un adeguato parco  dirigenti  preparati ad affrontare le nuove incombenze danno come risultato il caos e l’approssimazione ,  che sono sotto gli occhi di tutti, e di cui ciascuno prima o poi  ne fa le spese.  A questo si aggiunga la complessità e la frammentarietà della legislazione.

Questi fattori concomitanti spiegano come un direttore o un dirigente  possa divenire  ostaggio dei suoi dipendenti, sotto  velata minaccia di farlo considerare  inadeguato per incompatibilità ambientale e spesso tutto questo spiega anche il mobbing che si è scatenato come fenomeno difficilmente controllabile negli uffici della pubblica  amministrazione. Infatti messo sotto scacco il dirigente o il direttore ogni altro mobbing su un collega di pari grado diventa un gioco da ragazzi e non trova  ostacoli, perché  gli altri temono ritorsioni personali se intervengono.

Ogni giorno ci capita di recarci presso qualche ufficio pubblico e quasi  sempre alle spalle del dipendente che lavora allo sportello  ce ne sono altri, che sembrano non far  niente e qualche volta scherzano incuranti della nostra impazienza  e dell’attenzione che si vedono apertamente prestare  da noi utenti, o meglio clienti. Vi siete mai chiesti il perché?

 

                                                  ANGELA  BARRESI

 

 

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