NON SAPEVAMO DI AVERE CORAGGIO

Post n°31 pubblicato il 02 Aprile 2020 da osservpubblammin

 

NON SAPEVAMO DI AVERE CORAGGIO.

Non sapevamo di averne quando l’educazione impartita fin da piccoli incitava alla competizione sterile a casa, a scuola, sul posto di lavoro.

Quando le fonti avvelenate di paradisi artificiali, illusioni di droghe maledette, mietevano giovani vite agli angoli delle città.

Quando tutti inneggiavano alla meritocrazia, ma nei fatti passavano il testimone a teste coronate dalla fortuna familiare, ma incapaci del ruolo loro affidato, se non per spartirsi gli utili con loro pari o elevati a tali, fedelissimi successori, utili idioti, con i quali poter stare tranquilli.

La costituzione italiana  specchio di cose di diritto apprese alla dura legge della guerra e della vita, disattesa, vituperata, svillaneggiata e infine sempre più vilipesa con inutili cambi.

Non lo sapevamo quando stampa e sindacati venivano imbavagliati e non sostenuti.

Distratti non leggevamo tra le righe dell’apparenza. Ingiustizie palesi, blocco della magistratura, distacco tra il patto sociale (inteso come costituzione e leggi promulgate) e sentenze ad libitum dei magistrati, né comprendevamo le conseguenze degli ospedali smantellati e della ricerca scientifica e farmaceutica che perdeva menti eccelse che emigravano verso università di paesi stranieri.

Confusi, certo, quando i nostri figli rinunciavano a cimentarsi in un concorso, tanto asserivano, i posti sono già stati assegnati, destinati ai raccomandati di ferro. Né quando  la nostra cultura è stata affossata e si è persa  consapevolezza del fatto che nella gestione della cosa pubblica abbiamo tutti il diritto di far sentire la nostra voce e che è solo questione di coraggio far sentire la nostra voce e non farsi comprare o accoppare con la morte civile.

Oggi che nelle nostre strade di città e paesi regna un silenzio strano quasi di attesa e più che le voci umane si sente l’abbaiare di qualche cane, adesso sì, adesso riscopriamo il senso del coraggio.

Potevamo far meglio prima, evitare di sbandierare la nostra capacità di rimboccarci le maniche, in contrasto con la lezione della storia, che spiega che solo la solidarietà ha la meglio sull’ignoranza, sulla mancanza di beni materiali, sullo sconforto e la solitudine esistenziale.

Se siamo a casa per chiudere le porte a questo corona virus usiamo il nostro tempo anche per pensare, riscopriamo la nostra vera natura. Ci sono persone che sono passate nella nostra vita, che per noi sono state importanti, veri amici, e siano essi dopo trenta o quaranta anni vivi o morti, sono ugualmente chiari nel nostro ricordo, come la loro generosità, che ce li ha resi prossimi, amici indimenticabili.

Se abbiamo il coraggio di insegnare ai nostri giovani il valore dei sentimenti e del rispetto altrui, la loro vita potrà diventare migliore seguire altre vie, mode nobili e non ignobili dello scherno e dell’offesa verso i più deboli e fragili.

Essere cittadini del mondo non  corrisponde al concetto di possesso, e neppure l’autorità di cui possiamo essere rivestiti serve a qualcosa se non la usiamo per il bene di tutti.

Le  Istituzioni non sono altari a cui portare in offerta  da immolare sacrifici umani, ma elementi di cultura e di redistribuzione di dignità.

Scuole, tribunali, ospedali non devono essere lo starnazzatoio sociale, ma luoghi di crescita per tutti, poiché l’ispirazione salvifica può venire alla luce in qualsiasi mente.

Noi proveniamo da uomini di armi e di scienza filosofica, ma abbiamo implementato la democrazia.

Ancora, chi ha creduto che avessimo perso del tutto coscienza di noi stessi è rimasto sconfitto.

La Costituzione non si cambia senza uomini eccelsi.

A scuola non facciamo scegliere l’argomento del  30% delle lezioni alle famiglie, credendo che esse conoscano il territorio, in effetti è utile soltanto ciò che va oltre gli interessi di esso, perché apre ai giovani e ragazzi nuove strade culturali, in quanto il mondo cambia velocemente e ciò che oggi sembra utile a loro potrebbe non servire per spenderlo un domani nel mondo del lavoro. Restituite aria  alle università, un nuovo respiro di libertà che non imbrigli le scelte di diciottenni immaturi con il numero chiuso che ci daranno magari discreti medici, ma frustreranno intelligenze eccelse a più lenta maturazione ed eviteranno i mercati delle vacche che si approntano ad ogni inizio d’anno di selezione di esperti e costosissimi corsi propedeutici alla selezione. Anche gli insegnati rinunciamo a selezionarli per censo, perché pare che per un giovane povero sia davvero difficile così conquistare l’abilitazione all’insegnamento.

Lo Stato faccia lo Stato. Piangere non ha fatto bene al mondo del lavoro, né  a quello delle pensioni, anche se bisogna dire  che quelli meno sensibili non abbiano certo arrecato meno danni.

Il sindacato dovrebbe impegnarsi senza fare dei CAF il loro punto forte, ma riscoprire valori sociali abbandonati da tempo.

Se non sapevamo di avere coraggio ora  sappiamo di averlo.

Riempiamo le nostre mai dei doni che la vita ci offre. Moderazione, pazienza, spirito di umanità verso noi stessi e verso tutti. Lavoriamo per un futuro dove la dignità umana abbia ancora un senso.

Coltiviamo le arti, la scienza, la tecnica e pretendiamo che ciascuno faccia la sua parte, senza un caporalato becero e abbietto. Non c’è civiltà senza coscienza.

                                                                                                 ANGELA BARRESI

 

 

 
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Bullismo - Le sue cause.

Post n°30 pubblicato il 09 Maggio 2018 da osservpubblammin

IL GESTO - IL LINGUAGGIO - LA PAROLANoi non possiamo pretendere di essere capiti, se non ci esprimiamo adeguatamente, e questo vale per qualsiasi ambiente ci troviamo a frequentare, sia esso scolastico o familiare oppure specifico.E’ questo il fulcro del discorso. Se volessimo analizzare il problema della comunicazione, ripercorrendone i passi, dovremmo risalire agli antichi greci, come i socratici, e anche a molto prima, ossia all’origine del linguaggio.Ma noi oggi discutiamo delle comunicazioni linguistiche e gestuali del nostro tempo, nel quale si fa un gran parlare di mezzi di comunicazione sempre più efficienti, mentre la comunicazione sociale diventa sempre meno ricca di contenuti di sapere e di qualità.L’uomo che si evolve nel suo tempo, cioè il contemporaneo e quello che si evolve nella storia, cioè le varie generazioni, evolvono anche sia il proprio linguaggio, sia la lingua, quest’ultima intesa come costruzione e organizzazione codificata delle parole e delle frasi, ma muta senso anche la gestualità.Il gesto è azione, la lingua e il linguaggio muovono all’azione.L’uomo pertanto deve saper tenere sotto controllo gesti, linguaggio e lingua, per saperli usare e dosare adeguatamente ,nei vari momenti della vita sociale,poiché trarrà vari vantaggi dall’ essere consapevole delle loro conseguenze sia nell’immediato , che nel futuro.Se l’orizzonte dell’essere umano è l’amore, cioè l’essenza affettiva che ci arricchisce per la vicinanza con altre persone che vogliono il nostro bene, allora non c’è altro mezzo che entrare in contatto con loro attraverso un linguaggio amichevole, le parole giuste, i gesti adeguati all’amore, all’amicizia, alla fiducia, così da essere verso l’altro amorevole, amichevole, degno di fiducia.Noi abbiamo bisogno dell’alfabetizzazione al linguaggio, alla scelta delle parole, all’uso dei gesti, che noi per la nostra condizione umana abbiamo convenzionalmente sviluppato nel corso dei millenni, per imparare a vivere tra gli uomini e con gli altri uomini.L’egoismo della ricerca del superfluo rende le società umane aride nei linguaggi affettivi e inasprisce i linguaggi normativi, cioè tutte le volte che una società volge le spalle al bene comune le leggi si fanno più dure e talvolta ingiuste, perché la tutela dei singoli individui, da parte della legge, si fa più dura dal punto di vista della pena e la mancanza del rispetto delle regole produce una società nella quale detta le regole il più forte economicamente.E’ certo, il linguaggio, le parole e i gesti che si imporrano in tal caso saranno quelli del più forte, e più una società è coinvolta nel consumismo, tanto più, il più forte sarà colui che detiene potere economico.Si vede chiaramente allora quanta stretta correlazione ci sia fra democrazia e linguaggi, parole e gesti scelti da una società libera e democratica.La moderazione è sicuramente la prima dote morale e la più alta forma di intelligenza, che un individuo sociale può esprimere nel suo divenire e per giungere all’autocontrollo della moderazione dovrà volgere la propria attenzione e la voglia di emulazione, insita nella natura umana, verso “buoni maestri” e verso agenzie educative, che nella pluralità dell’informazione usano buoni metodi, basati sul rispetto e la comprensione, oltre che sul possesso di cultura,che è un concetto ben superiore al concetto di istruzione, in quanto sapere spesso non coincide con il conoscere e saper distinguere, così come guardare spesso non significa vedere, se non si è educati alla visione.E’ necessario individuare quali metodologie pedagogiche-didattiche sono le più indicate per far ricevere e penetrare il messaggio educativo in tutti i suoi contenuti.Nelle contrapposizioni, in particolare, è necessario il controllo del gesto e del linguaggio e usare la parola per mantenere vivo il dialogo esplicativo delle proprie motivazioni, per permettere la fluidità del pensiero che rabbia incontrollata, gesti inconsulti e linguaggio aggressivo impedirebbero inevitabilmente, inibendo alla lingua la chiarezza di parola, che… in fondo…è proprio quella che ci rende civili, ossia uomini pensanti.Le parole amorevole,amichevole, stanno ad indicare un complesso modo di porsi rispetto all’altro o ad un gruppo, che racchiude in sé modalità di linguaggio , di uso della parola e dei gesti volti a trasmettere espressioni di positivo rapporto interpersonale benevolo.Ai nostri giorni è qualcosa di talmente difficile da riscontrare, tanto da apparire strana e da stupirci quando le relazioni sociali sono improntate alla serenità di spirito e di disposizione positiva e attendista verso i nostri interlocutori, si tratti di persone conosciute o da conoscere.Oggi infatti la denigrazione dell’altro è molto comune, sia nei rapporti interpersonali, che nei media televisivi, che fanno del ridere sui limiti degli altri un mezzo per divertire il pubblico e imbarbarire i rapporti umani, sempre più degradati da un eccessivo consumismo, che ci rende tutti più individualisti e torbidamente indifferenti al bene sociale,cioè comune.C’è spesso una malcelata ostilità fra sconosciuti, una forma di estraneità primitiva, che nelle grandi città oscura il senso di socializzazione e fa vedere il mondo attorno a sé minaccioso. Così guai agli stupidi e agli ingenui, bisogna imparare presto l’arte del vivere, anche se non è ragionevole; in quanto ragionevole è solo l’esercizio della solidarietà con il quale si vivrebbe tutti meglio, a misura di vita degna di essere vissuta.Il cinismo e l’ironia sfociano nella volgarità e infatti la nostra è un’epoca volgare.Dalla piaga del bullismo scolastico, alle risse di condominio, alle risse violente per un parcheggio , agli scandali politici, economici ecc con cui ” i pescecani “ vorrebbero fagocitare la società civile, quotidianamente scorrono moti esempi di perdita del valore delle leggi dello spirito e del vivere sociale.La scuola può ristabilire regole inventandone anche di nuove, con le quali creare nuovi spazi culturali dove la gioventù portata fuori dal purtroppo consueto elemento (adorazione incondizionata di mamma e papà oppure per i meno fortunati degrado e rifiuto) si trovi a sperimentare un ambiente protetto dove insieme di stabiliscano e si rispettino regole con le quali tutti stiano un po’ meglio di come stavano.Trovando parole nuove con le quali esprimere il proprio io e i propri talenti, rapportandosi agli altri con la giusta attenzione e nel rispetto dei talenti e del valore intrinseco alla socialità. Aiutando tutti e ciascuno a rileggere in altre chiavi di lettura il proprio vissuto.A volte scoprire il talento dei bulli, in modo che essi stessi ottenendo qualche soddisfazione possano sperimentare le proprie potenzialità positive, potrebbe essere d’aiuto alla società in genere.Una società migliore si prepara a scuola e si mantiene tale nel tempo con la scuola e con l’ausilio delle altre agenzie educative.Sarebbe un errore utilizzare il gesto dell’esclusione e della punizione fine a se stessa, per sostituire la parola, figlia della riflessione e dell’esperienza, poiché la società imbarbarirebbe. Il vigore del consenso sociale deve appoggiare l’azione dei pochi, che vanno controcorrente, docenti, pedagogisti, psicologi che progettino (non per quei compensi a progetto che nella scuola a scatenato una specie di guerra fra poveri) ma per individuare percorsi formativi anche di tipo interattivo, teatrale, di laboratorio che coinvolgano voglia di apprendimento e desiderio di protagonismo, tipico della natura umana.Ridare senso al tempo è ciò che gli adulti devono sforzarsi di offrire ai giovani, agli studenti; cioè qualità dell’informazione, che negli anni possa trasformarsi in cultura; potremmo ottenere ciò veicolando con l’informazione la vecchia “scienza e coscienza”.Il niente in cui vivono tanti giovani è mancanza di stimoli. E’ tornare a casa da scuola con il senso del niente, poiché a scuola la confusione regnava sovrana, perché adulti e professori non riescono a farsi rispettare e nessuno ha capito niente del senso della lezione e dello stare a scuola. Cosa diventa il tempo quando non si impara niente? – NOIA! Senza significato non c’è tempo, come scriveva Eliot. La scuola è noia per molti ,perché senza significato non trovano niente di interessante. La scuola non deve insegnare cosa pensare, ma come pensare.La scuola di oggi ha difficoltà di mezzi, ma ha ancora docenti collaborativi e di varia preparazione culturale, dobbiamo dar loro gli strumenti per organizzarsi e offrire loro materiale umano già educato nelle famiglie e nelle altre agenzie educative di tipo alternativo. L’insegnante deve poter fare dell’esperienza scolastica degli studenti un’avventura affascinante, ma bisogna che la ciurma sia educata all’ascolto e a capire che rispettare l’insegnante, malpagato e socialmente scarsamente considerato ai nostri giorni, non è per l’educatore un elemento di demerito in se stesso, ma al contrario deve essere per gli alunni e i loro genitori un motivo in più di apprezzamento e di rispetto,quello che crea il silenzio dell’attesa che ti permetterà di capire che, ciò che oggi ti stanno proponendo a scuola, ha un senso e che molte delle cose che si imparano hanno un senso nell’utilizzo che ne farai mettendolo alla base di nuovi apprendimenti , o nella scoperta che con il sapere si possono abbattere i muri dell’ignoranza,che nella società sono portatori di povertà materiale e morale, anche quando uno Stato o un gruppo di imprenditori e finanzieri o petrolieri son così abili da spostare la povertà da un luogo ad un altro della terra,ma per l’individuo non avviene allo stesso modo chi è ignorante resta ignorante, e anche se potrà conoscere la prosperità materiale, nel profondo del suo io saprà sempre di non aver potuto dispiegare le vele del suo talento, ciò che tecnicamente si chiama la realizzazione piena del suo io.La scuola senza ripudiare il suo dna potrà uscire dalla carta e rinnovarsi attraverso le applicazioni pratiche , senza mettere in discussione la sua anima, trovando forme di interazione sempre nuove fra le discipline scolastiche, perché questo dà valore aggiunto alle ricerche e ai contenuti, trovare una maniera in più per dialogare, per approfondire, per arricchirci l’un l’altro, restituendo tensione ed emozione allo studio, lo stesso che in fondo ha spinto la generazione del dopoguerra all’istruzione di massa, quando il substrato era costituito da un alto tasso nazionale di semianalfabetismo e non si parla di molto tempo fa, ma dell’epoca dei vostri nonni, che saranno probabilmente figli degli anni ’50 e ’60. Volevamo alzare lo sguardo sul futuro, se non ci siamo riusciti ,almeno provateci voi. Angela Barresi

 
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Tasse universitarie e accademiche

Post n°29 pubblicato il 03 Novembre 2017 da osservpubblammin

L’istruzione tradizionale pubblica non garantisce l’ascensore sociale. Le classi socialisono declassate e crollano le une sulle altre, resiste solo il capitale.Le risorseumane che dovrebbero garantire quel numero indispensabile di individui utili alla conservazione della specie pensante, senza interessi e con il minimo impatto(in quanto parliamo di esseri umani fallibili) non vengono quasi più riprodotti dal nostro sistema sociale.

L’individuo ha perso il privilegio di vedersi riconoscere quei pregi di cui Dio o la natura lo ha dotato per il bene di tutti, a meno che non studi nelle università dei figli di papà(ex parlamentari, capitani di industria, fondazioni ecc..), cioè nell’area del privilegio per censo.

Si può obiettare che sedere alla destra del padre o del padrino è un’usanza vecchia quanto il mondo e le voci di coloro che gridano nel deserto non sono assordanti.

Tuttavia pur essendo ciò vero, parallelamente uno Stato - che ha fondato la sua prima ragion d’essere sul lavoro – con tutti isuoi cittadini dovrebbe far sentire la sua voce, perché per reggersi un’economia basata sul lavoro ha bisogno di individui dediti ad esso, alla sua programmazione, alla sua organizzazione, alla sua diffusione capillare, senza alcun pregiudizio di casta, con senso di riconoscenza verso una società, che magari lo privilegia, ma nella speranza di un miglioramento collettivo, nel quale il lavoratore ritrovi la sua identità di uomo o donna e la sua speranza di futuro.

Da più parti si lamenta l’alto numero di giovani che interrompono gli studi in Italia, l’abbandono scolastico è sempre stata una piaga sociale a cui non si è mai realmente voluto mettere fine, altro che cittadinanza, frange di società sono state abbandonate al semianalfabetismo e oggi, che basta premere qualche tasto, troppi di questi  semianalfabeti sociali e culturali sisentono dei geni.

Purtroppo non una voce si leva mai a spiegare il perché ad un abbandono, per esempio degli studi universitari,o accademici poi non succeda una ripresa degli stessi. Gli studi si possono interrompere per vari fattori, si lascia l’Università per motivi familiari,o immaturità personale, per malattie che temporaneamente impediscono il normale corso della vita, poi successivamente l’ex studente non riprende gli studi, magari raggiungendo lì obiettivo della laurea agognata con qualche anno di ritardo rispetto alle tappe normali.

Nessun parlamentare ha mai detto che l’intoppo sta nello sbarramento che -le leggi ola prassi di questo Stato o i consigli accademici o i governi accademici- ha posto per censo a questi studenti universitari ritardatari.

E’ un sistema vergognoso, anticostituzionale e antisociale, che impone allo studente squattrinato o alla famiglia di questi che per riprendere gli sudi un giovane o meno giovane per ripartire dal punto in cui si era interrotto il suo percorso universitario o accademico debba pagare le tasse universitarie arretrate di tutti gli anni di allontanamento dal sistema scolastico –pensate che questo vale anche per il corso di studi teologici.

In termini pratici, se lo studente paga decine di migliaia di euro (un tot per ogni anno di abbandono) riprende gli studi salvando gli esami fin lì sostenuti, diversamente dovrà ricominciaredi nuovo da una nuova iscrizione al primo anno, firmando una formale rinuncia agli studi e cioè agli esami già sostenuti.

Non si obietti che questo sistema sia organizzato a salvaguardia della continuità didattica, che questo garantisca la preparazione dello studente, perché se così fosse allora pagare cifre esorbitanti, per famiglie già tartassate non garantirebbe l’ammissione agli studi di un studente modello, ma solo di quello economicamente più benestante.

Questa non è equità sociale, questo non è rimuovere le cause che impediscono lo sviluppo delle pari opportunità –di costituzionale memoria-, ma è controllo sociale smaccato del sistema discriminante della società elitaria.

E le organizzazioni che promuovono petizioni e referendum potranno farsi carico di questa piaga che ripaga con il disprezzo la buona volontà di miglioramento.

Chi è giovane non è povero, ma chi è ignorante e povero è schiavizzabile con metodi moderni.

La formazione non è una scatola vuota.

Angela Barresi

 
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IL pensiero profondo

Post n°28 pubblicato il 25 Ottobre 2017 da osservpubblammin
 

IL PENSIERO PROFONDO

Il pensiero profondo è quello che manca quasi del tutto alla nostra società. Quei pochi che  hanno espresso un mondo complesso di idee lo hanno fatto pagando spesso in  prima persona un alto prezzo, in tutti i sensi, ma lo hanno fatto pur essendo consapevoli della mentalità dominante del profitto e dell’approfittatore, che studia per appiattire la reazione intellettuale dei membri di una società  abbruttita da bisogni indotti da mode e pubblicità. Una cosiffatta società è governabile  puntando il timone verso la direzione della servitù volontaria. Infatti, l’arte del servire è la più nobile delle arti se l’ispirazione nasce del dovere e dal senso di solidarietà interpersonale. Purtroppo diventa tutt’altra cosa quando si muta in servilismo,per tornaconto misero  e la guida è cieca e con finalità abiette.

In Italia alla cosiddetta illusione, non certo utopistica,del valore dell’istruzione e della cultura diffusa, che avrebbe portato veroprogresso e ricchezza materiale e soddisfazione morale –perché intellettuale- sfruttandola sete di cultura mondiale, vista la concentrazione del patrimonio artistico,architettonico di stratificai secoli di storia, vestigia di civiltà passate,che incrociarono  i propri  destini nel mediterraneo, si è scelto diprivilegiare i capitani di industria che hanno portato benessere fino a uncerto punto,  passando del paternalismoad una presa di coscienza sociale a cui lentamente la ricchezza dei mezzi di approvvigionamento culturale li ha condotti e indotti, mapoi il nuovo assetto mondiale di fine secolo e di nuovo millennio ha collassatoil sistema.

Lo scarsoretroterra culturale ha fatto riconoscere a pochi i rischi del nuovo mondialismo economico, non memori o inconsapevoliche rimarcava nei metodi, nelle finalità, l’esperienza storica dell’epoca dell’imperoromano, sconfitto  da un’idea –indebolitodal cristianesimo –schiacciato dal proprio sfrenato egoismo degli ultimi tempid’impero.

Pochi della generazione degli adulti di oggi vedranno il futuro che ci aspetta, ma molti già intravedono qualcosa,tuttavia il loro pensiero spesso e sillogisticamente deviato da premesse errate, derivanti da strati di incultura e soggezione alpensiero dominante, che di forte ha poco, ma è sì un grande estorsore di vitalità sociale sana che dovrebbe essere figlia di una voglia di collaborazione e suddivisione di ruoli, con assunzione di  responsabilità, perché, anche dove l’intelligenza difetta, l’applicazione e la volontà riescono a supplire certi limiti strutturali della persona e della società.

Per questonon siamo più vere persone civili, capaci di vedere l’errore senza pensare disfruttarlo invece che correggerlo.

Tanti singoli che fanno una  massa, ma strutturati in questo modo superficiale non fanno più un popolo, con una Costituzione, un’economia, un sistema bilanciato di diritti e doveri, un luogomorale ed eticamente condivisibile di esercizio della giustizia, dell’ambiente dove la malattia si combatte con il terrore di istituzioni ospedaliere inadeguate, con comportamenti di inarrestabili individui, talvolta abbietti per un sistema di vassallaggio verticale di baronia a salire e a scendere la scalasociale, che rappresenta il sistema sanitario.

Ma questosistema è un derivato del sistema scolastico e universitario del nostro Paese.

L’istruzione tradizionale pubblica non garantisce l’ascensore sociale. Le classi socialisono declassate e crollano le une sulle altre, resiste solo il capitale.

Le risorseumane che dovrebbero garantire quel numero  indispensabile di individui utili allaconservazione della specie pensante, senza interessi e con il minimo impatto(in quanto parliamo di esseri umani fallibili) non vengono quasi più riprodotti dal nostro sistema sociale.

L’individuoha perso il privilegio di vedersi riconoscere quei pregi di cui Dio o la naturalo ha dotato per il bene di tutti, a meno che  non sudi nelle università dei figli di papà(ex parlamentari, capitani di industria, fondazioni ecc..), cioè nell’area delprivilegio per censo.

Si può  obiettare che sedere alla destra del padre o del padrino  è un’usanza vecchia quanto il mondo e le voci di coloro che gridano nel deserto non sono assordanti.

Tuttavia puressendo ciò vero, parallelamente uno Stato - che ha fondato la sua prima ragion d’essere sul lavoro – con tutti isuoi cittadini dovrebbe far sentire la sua voce, perché per reggersi un’economiabasata sul lavoro ha bisogno di individui dediti ad esso, alla sua programmazione, alla sua organizzazione, alla sua diffusione capillare, senzaalcun pregiudizio di casta, con senso di riconoscenza verso una società, chemagari lo privilegia, ma nella speranza di un miglioramento collettivo, nel quale il lavoratore ritrovi la sua identità di uomo o donna e la sua speranza di futuro.

Da più partisi lamenta l’alto numero di giovani che interrompono gli studi in Italia, l’abbandonoscolastico è sempre stata una piaga sociale a cui non si è mai realmente volutomettere fine, altro che cittadinanza, frange di società sono state abbandonateal semianalfabetismo e oggi basta premere qualche tasto troppi di questisemianalfabeti sociali e culturali  sisentono dei geni.

Purtroppo non una voce si leva mai a spiegare il perché  ad un abbandono, per esempio degli studi universitari,o accademici poi non succeda una ripresa degli stessi. Gli studi si possono interrompere per vari fattori, si lascia l’Università per motivi familiari,o immaturità personale, per malattie che temporaneamente impediscono il normalecorso della vita, poi  successivamente l’exstudente non riprende gli studi, magri raggiungendo lì obiettivo della laureaagognata con qualche anno di ritardo rispetto alle tappe normali.

Nessun parlamentare ha mai detto che l’intoppo sta nello sbarramento che -le leggi ola prassi di questo Stato o i consigli accademici o i governi accademici- ha  posto per censo a questi studenti universitari ritardatari.

E’ un sistema vergognoso, anticostituzionale e antisociale, che impone allo studentesquattrinato o alla famiglia di questi che per riprendere gli sudi  un giovane o meno giovane per ripartire dalpunto in cui si era interrotto il suo percorso universitario o accademico debbapagare le tasse universitarie arretrate di tutti gli anni di allontanamento dalsistema scolastico –pensate che questo vale anche per il corso di studi teologici.

In terminipratici, se lo studente paga decine di migliaia di euro  (un tot per ogni anno di abbandono) riprendegli studi salvando gli esami fin lì sostenuti, diversamente dovrà ricominciaredi nuovo da una nuova iscrizione al primo anno.

Non siobietti che questo sistema sia organizzato a salvaguardia della continuitàdidattica, che questo garantisca la preparazione dello studente, perché se cosìfosse allora pagare cifre esorbitanti, per famiglie già tartassate nongarantirebbe l’ammissione agli studi di un studente modello, ma solo di quelloeconomicamente  più benestante.

Questa non èequità sociale, questo non è rimuovere le cause che impediscono lo sviluppodelle pari opportunità –di costituzionale memoria-, ma è controllo socialesmaccato del sistema discriminante della società elitaria.

E leorganizzazioni che promuovono petizioni e referendum potranno farsi carico diquesta piaga  che ripaga con ildisprezzo  la buona  volontà di miglioramento.

 

Chi ègiovane non è povero, ma chi è ignorante e povero è schiavizzabile con metodimoderni.

La formazione non è una scatola vuota.

                           Angela Barresi

 
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giochiamo con i libri

Post n°27 pubblicato il 05 Maggio 2014 da osservpubblammin

GIOCHIAMO CON I LIBRI

Ho vistoin  TV una pubblicità progresso finalizzata ad incentivare la lettura fra i giovani, ma ho visto i ragazzi passarsi i libri non di mano in mano, ma tirarseli come un pallone.

Io non soquale ispirazione ha illuminato il creativo che ha inventato questo spottelevisivo e gli altri che lo hanno approvato.

Ma, certamentenon ci vuole una gran fantasia per veder volare dei libri per aria scagliatiper gioco, basta entrare in una qualsiasi classe scolastica, se l’insegnate volge il capo o si assenta per pochi istanti. Quindi niente di nuovo sull’argomento.

Lo spot alle intelligenze giovanili sembra dire, continuate così!

Ma, forse,la finalità di questa pubblicità non era esattamente questa.

Riavvicinare i giovani alla lettura, come per tutti i processi di riflessione, anche questo,richiede essenzialmente uno spazio di silenzio, una pacificazione dello spirito. Come si raggiunge?  Innanzitutto  attraverso l’interesse e la curiosità.

Facciamo un esempio, la letteratura mondiale, le scienze divulgative, i libri di storia romanzati, le letture relative ai viaggi ecc. godono di enormi spazi culturali a cui tutti dovremmo avere la fortuna di poter attingere, ma quello che a molti manca é il saper riconoscere che proprio questo attingere dalle varie forme di trasmissione del sapere, attraverso la lettura, è una fortuna.

Se un adolescente scoprisse che il torbido che lo agita negli anni della crescita ha attraversato le generazioni e che di questo si parla in molti libri, oppure se la presunzione di essere la generazione più avanti di tutte le altre fosse scalfita da qualche dubbio costruttivo, lo scoprirlo, potrebbe portarlo a voler approfondire l’argomento.

Noi abbiamo uno strumento che potrebbe esserci alleato in questo tentativo di far volgere l’attenzione dei giovani verso i libri e paradossalmente è proprio l’uso di tutti i mass-media, perché l’immagine e l’immediatezza della parola raggiungono prima i nostri ricettori e questo è indispensabile a creare quell’istante di attenzione che ci serve per trasmettere un messaggio che va a buon fine.

Certo se abbiamo relegato Dante, Mozart, a scrivere sulla carta igienica per promuovere la vendita di massa, intendo vendita di carta igienica, si può dare l’dea,forse, che la cultura e la musica classica siano articoli prima da usare e poi da mandare in latrina.

D’altronde la cineteca dei tre  canali della TV nazionale e ormai anche quella dei privati ha una ricchezza di contenuti che giacciono abbandonati, mentre non si contano le trasmissioni televisive di contenuto sgradevole e diseducativo, violento e turpe, con cui si inquinano le coscienze non ancora formate al bene, all’impegno ad oltranza malgrado il lassismo che ci circonda.

Trasmettete una pubblicità progresso con la lettura o la recita di passi brevi e significativi dei brani letterari, scientifici,storici ecc. abbinate musica e poesia,aprite squarci culturali,flash sulla vita dell’uomo del passato, servirà a spiegare che mediocrità e ricchezza di spirito sono sempre andate a braccetto nel tempo e nello spazio,l’importante è la libertà di scelta.

Ma, a volte,la scelta non è libera. E questa in Italia non è certo un’epoca illuminata dalla cultura e dal suo rispetto.

I libri lanciati per aria non trasmettono un’idea positiva del valore della riflessione, dell’introspezione e della complicità del libro passato di mano in mano.

Non si legge correndo e saltellando, non si comprende con l’accelerazione della sudorazione e del battito cardiaco, né del rumore e la confusione finalizzata a tenerci allegri e distratti da noi stessi. La metabolizzazione del processo intellettuale non è una gioia euforica, da consumare all’istante, come si può credere guardando lo spot, ma deve nutrire il pensiero, che si forma misurandoci con le nostre capacità di gesto, concetto e azione, nei loro tempi di maturazione.

Si guardi bene a come si spendono i soldi pubblici, perché potrebbero risultare utili solo ad ingrossare le tasche di chi produce simili spot.

ANGELABARRESI

 
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