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Salvatore Crisafulli e gli altri.


Roma, 5 ottobre 2005Dichiarazione di Piergiorgio Welby, Consigliere generale Associazione Luca Coscioni.Il “caso” Crisafulli riapre, in modo improprio, il dibattito su SVP (stato vegetativo persistente). Il responsabile del reparto di rianimazione dell'ospedale Garibaldi di Catania, Sergio Pintaudi, dove l'uomo fu ricoverato dall'11 settembre al 29 ottobre del 2003 per le ferite riportate in seguito ad un incidente stradale, precisa che Crisafulli era in coma di 4° grado, su una scala di 15 punti, che non è mai stato in coma vegetativo persistente. SVP è la distruzione irreversibile della corteccia cerebrale che costituisce la nostra personalità, chi siamo, come pensiamo, e che ci dà la possibilità di vedere, sentire, provare emozioni ed esperienze. Eluana Englaro è in questo stato da quindici anni. L’Associazione Luca Coscioni ritiene che sia diritto di ogni cittadino maggiorenne e capace di intendere e volere premunirsi, nel caso si venga a trovare in coma vegetativo persistente, contro ogni accanimento terapeutico, compresa la NIA (nutrizione idratazione artificiale), attraverso le disposizioni anticipate di trattamento (DAT). -------------------------Dichiarazione di Luca Coscioni, Presidente di Radicali italiani e dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.L’interesse che i media hanno dato e stanno dando al caso umano di Salvatore Crisafulli non mi stupisce. Mi stupiscono invece, le parole - che hanno fatto poi scoppiare il caso - di alcuni mesi fa, pronunciate dal fratello Pietro: “Se entro il 5 maggio non viene trovata una soluzione per mio fratello, staccherò la spina”.Mi chiedo cosa egli volesse davvero dire, cosa intendesse per “soluzione” nel staccare la spina e se quella intenzione di agire fosse davvero la volontà di Salvatore. Perché quello che conta è la volontà espressa di chi si trova a vivere condizioni di sofferenza atroce e insostenibile.Ecco la questione centrale il riconoscimento di questa volontà; libera, autentica volontà assunta come norma che preveda e garantisca, la manifestazione della coscienza di ciascuno di noi, che non esprima altro significato se non quello intimamente voluto.Già nel 1984 la proposta di legge “Fortuna” sulla eutanasia, poneva massima attenzione sul principio della presunzione del consenso del malato che si trova in uno stato terminale o soffre di una male senza speranza di guarigione,dal quale raggiunga la morte, morte ritardata solo dai trattamenti terapeutici, tra i quali l’alimentazione e l’idratazione artificiale. Gli stessi che per Francesco D’Agostino e la maggioranza - ma non l’unanimità - dei membri del Comitato Nazionale di Bioetica, non sono “atti medici” ma di “ordinaria assistenza” al malato.Francesco D’Agostino [Presidente cattolico del Comitato Nazionale di Bioetica] ci ricorda che “Nutrire con la flebo un paziente non più cosciente non è un atto medico”. E’ come dare il biberon a un neonato che non può essere allattato dalla mamma o affidarlo alla balia”. C’è solo una piccola differenza, caro D’Agostino, che se il neonato ha fame, piange e urla manifestando così la sua volontà.www.lucacoscioni.it:)