Bacheca.

lettera aperta a Daniele Capezzone.


Caro Daniele,grazie al Centro d'Ascolto ho potuto vedere la puntata delle "Invasioni Barbariche" del 9/XII, che mi ero perso, il cui tema era "La Chiesa, il sesso, la morale".Scontatissime, ovviamente, le posizioni di Luigi Amicone e di Elisabetta Gardini.Ma altrettanto scontato, ahimè, lo show di Aldo Busi. Il quale, forte di un battage mediatico (non so quanto meritato) che da anni lo privilegia, risulta altrettanto fastidioso dei primi due.E che, per quanto mi riguarda e per come si pone, potrebbe benissimo essere stipendiato dalla CEI per il ruolo di "caricatura di anticlericale".Meno scontati, e non lo dico per partigianerìa, i tuoi interventi. Che tentavano, con molta difficoltà, di mantenere il dibattito sui giusti binari.E qui, il primo problema.Va bene esser tolleranti. Va benissimo la pacatezza e la forza del ragionamento. Ma quando si viene invitati, forse sarebbe bene ricordare alla padrona di casa che alcune regole di correttezza andrebbero rispettate. Se non altro per evitare che la tolleranza possa essere scambiata per acquiescenza.Fin qui, la forma.Ma ciò che qui mi preme rilevare è qualcosa di più interessante, e cioè la sostanza.Mi riferisco al fatto che sei tornato, di nuovo, sulle regole che la Chiesa Cattolica si dà per ammettere o rifiutare l'accesso al sacerdozio. In particolare, al problema dell'omosessualità.Hai di nuovo criticato, ché non è la prima volta, il documento della CEI sui seminaristi e sulle regole di "comportamento sessuale" cui devono sottostare. Che, in teorìa, non farebbe una grinza.Se non fosse che, da laici e liberali, noi dovremmo stare all'ottocentesco e ormai obsoleto (qualcuno cerca di convincercene) "libera Chiesa in libero Stato".Il che mi porta a domandarmi: cosa abbiamo, noi, a che fare con la Chiesa? Con quale diritto, noi, pretendiamo di dettare alla Chiesa le SUE regole? La Chiesa Cattolica è una privata e libera organizzazione (oltre che uno Stato Estero), con le sue regole, le sue procedure, le sue gerarchìe. Nessuno è obbligato a fare il prete. Se lo fa, si presuppone che ne accetti oneri ed onori. Buon per lui (o peggio per lui, direi io).Perchè mai, noi, laici e liberali, dovremmo ingerirci nei loro affari interni?Cos'è che vogliamo?  Una sorta di art.18 per i sacerdoti?Mi spiace, caro Daniele, ma io non sono d'accordo.Non è per questo che mi sto battendo. Non è per questo che, credo, i mie compagni, i tuoi compagni, i nostri compagni, sacrificano tempo libero, affetti e distrazioni.Non per diventare le caricature di Mons. Ruini.E, di certo, non per farmi dire, un domani, da un Amicone qualsiasi: "E voi, perchè vi ingerite negli affari della Chiesa?"Chiedo scusa per il disturbo, ma ci tenevo.Con l'abituale stima,Gianclaudio.