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Dipendenza: una passione mancata?


 Articolo della Dott.ssa Galligani pubblicato su B4U.it, il social network su salute e benessere psicologico. Tutto il mondo si attiva ai nostri occhi quando ci dedichiamo con l’azione o col pensiero alla nostra passione. Ognuno cerca di soddisfare la propria passione perché è un rifugio, è la casetta sull’albero che ci permette una solitudine-in-sicurezza. Ci fa riflettere ma ci distoglie anche dai pensieri che ci affliggono. È il nostro bisogno e cerchiamo di soddisfarlo.
 “…Amor che muove il sole e le altre stelle”Forse è troppo scomodare Alighieri su delle riflessioni riguardo le passioni dell’uomo. Ma questo è realmente quello che succede: tutto il mondo si attiva ai nostri occhi quando ci dedichiamo con l’azione o col pensiero alla nostra passione. Non voglio parlare della passione che si prova per un’altra persona, bensì di quel sentimento che travolge, crea turbamento, dà irrequietezza e fa in modo che gli individui si sentano vivi nel cercare di soddisfare quel bisogno incontenibile. Quegli interessi che gli anglosassoni, forse in modo riduttivo, definiscono “hobbies” ma non si tratta solo di un “passatempo”: è una forza che trascina verso un intimo benessere. Ciò in cui ci si immerge per cercare una personale soddisfazione, un’attività che non ci fa percepire il tempo che scorre e al suo termine la vita ricomincia ricaricata.È una tensione interna che non si riesce a controllare e se non le si dà sfogo ci si sente legati, in galera ma è possibile anche averne paura e per questo abbandonarla, consapevoli che quelle emozioni così travolgenti non le ritroveremo in altra attività. Sono quelle passioni che riempiono la vita di ognuno di noi: la musica, la natura, il decouapage, il ballo, la pittura e che spesso possono trasformarsi nella professione di vita. Ognuno cerca di soddisfare la propria passione perché è un rifugio, è la casetta sull’albero che ci permette una solitudine-in-sicurezza. Ci fa riflettere ma ci distoglie anche dai pensieri che ci affliggono. È il nostro bisogno e cerchiamo di soddisfarlo.Ma non è solo una questione di benessere, dietro ad una semplice passione ci sono molti aspetti dell’individuo che subiscono un’evoluzione.- Il controllo emotivo: si impara a gestire le emozioni aspettando il momento della passione come ritiro emotivo e sfogo personale o come premio. - Acquisizione di un’identità e di un ruolo: c’è un riconoscimento da parte degli altri in quello che faccio, si entra così a far parte di una categoria e di un gruppo. - Capacità comunicativa: abbiamo sempre qualcosa di cui parlare perché siamo sempre aggiornati sulle novità che riguardano il nostro oggetto d’amore e il linguaggio usato sarà necessariamente da esperti.- Capacità di progettazione: delle varie fasi della attività e della giornata così da ridurre al minimo i momenti di noia.- Rafforzamento del carattere: si impara il fallimento, perché prima di definirsi esperti molte sono le cadute! - Pensiero creativo: fantasticare sulla propria passione aumenta i sogni e allarga gli interessi connessi.Ma cosa succede quando non si individua l’oggetto della nostra passione? Dove si trova rifugio?È qui che possiamo scorgere un collegamento fra passioni e dipendenze, come fossero i piatti di una stessa bilancia: in base a dove l’ago pende ci si “butta” in una passione o in una dipendenza. L’elenco delle emozioni fatto sopra, riferite alla passione, potrebbe essere riproposto nello stesso identico modo per descrivere le emozioni che si vivono in una dipendenza. Con alcune differenze:1) la passione che distoglie dalla realtà (fa perdere il senso del tempo) è rigeneratrice, la dipendenza distoglie dalla realtà e basta;2) la passione ruota intorno alla vita e la colora di nuove passioni,  con la dipendenza al centro c’è questa e la vita le ruota intorno spengendo altri interessi. È raro, nell’epoca in cui stiamo vivendo, non essere schiavi di qualcosa. Ma se questo è vero per coloro che già si sono creati una identità più o meno solida, che si sono formati una vita fatta di impegni e relazioni sociali e che sanno “dominarsi”, è meno vero per chi un’identità deve ancora costruirsela.  I bambini, gli adolescenti (e purtroppo anche molti adulti) cercano “riempimento” in video-giochi in rete, in cellulari, in slot-machine, reality, per non elencare le varie sostanze che sempre più numerose si affacciano sul mercato del proibito. Esiste, per un individuo “addicted”, solo l’oggetto d’amore malsano: l’oggetto della sua dipendenza. Una dipendenza che porta a vivere una non-vita, ad agire dei non-comportamenti. Lo dice la parola stessa: chi è dipendente non è libero, pende da qualcosa e non certo dalla propria volontà personale. Viene attuata quella che viene definita “coazione a ripetere”, in cui la propria volontà e il proprio pensiero vengono alienati da un unico oscuro interesse che ostacola l’individuo nello sviluppo e nelle sue potenzialità e che porta in sé un vissuto consapevole di spiacevolezza. In una dipendenza non c’è niente di creativo, c’è solamente un’azione costante e ripetitiva a cui si è sottomessi e di cui si è schiavi. Dovremmo chiederci allora perché per alcuni adolescenti l’ago della bilancia pende verso una dipendenza. È davvero quello che a loro dà piacere? Oppure non riescono a distinguere ciò che li rende felici da ciò che li rende schiavi? Come possiamo fargli scoprire che anche loro possono sentirsi soggetti reali inseriti in un mondo che li chiama? Se è vero, come diceva Freud, che le pulsioni sono energie interne che spingono all’azione, secondo il principio del piacere come potremmo convertire questa energia dalla dipendenza verso una passione: come spostiamo l’ago della bilancia? Forse bisognerebbe ascoltare S. Agostino che disse: “E’ meglio perdersi nella passione piuttosto che non avere passioni”. BibliografiaTrattato completo degli abusi e delle dipendenze, vol.I, U. Zizzoli, ed. Piccin