La nemesi storica del Cavalieredi GIOVANNI VALENTINISARA' una coincidenza o magari una nemesi storica, per dire una vendetta ordita da un destino beffardo. Ma la decisione della Corte di Giustizia europea arriva nel momento in cui Silvio Berlusconi si accinge a raccogliere i frutti dell'opposizione e a ritornare verosimilmente al governo. Per un tycoon televisivo che in questi ultimi quindici anni s'è reincarnato prodigiosamente in un leader politico, può essere un colpo o un colpo di fortuna. Un colpo, perché il verdetto europeo rappresenta un intralcio sulla strada per palazzo Chigi; un colpo di fortuna, perché dalle stanze del potere quell'intralcio si può rimuovere o comunque aggirare più agevolmente. Proprio com'è accaduto ieri retroattivamente per il caso Sme, dove Berlusconi è stato assolto per il semplice motivo che il suo precedente governo aveva provveduto ad abolire il reato di falso in bilancio. Con buona pace di tutti i pontieri, dunque, la "questione televisiva" torna prepotentemente all'ordine del giorno, come una maledizione biblica, un incubo, un'ipoteca sulla vita politica nazionale. E questa volta, non c'è un complotto delle "toghe rosse" da denunciare, una macchinazione o una persecuzione giudiziaria, ai danni del Cavaliere e della sua azienda. C'è una sentenza emessa dalla Corte del Lussemburgo che convalida le riserve già espresse dal nostro Consiglio di Stato e impone all'Italia di correggere l'assetto della tv. Sono passati ormai dieci anni da quando "Europa 7", l'emittente-fantasma che fa capo all'imprenditore Francesco Di Stefano, ottenne formalmente una concessione nazionale senza mai ricevere tuttavia le frequenze per trasmettere. Un'ingiustizia o un sopruso da imputare anche ai governi di centrosinistra che nel frattempo si sono alternati a quelli di centrodestra. Ora quelle frequenze, indebitamente occupate da Retequattro in virtù di autorizzazioni compiacenti rilasciate "in via transitoria", dovranno essere assegnate al legittimo titolare: altrimenti, l'Italia rischia di essere condannata a pagare una maxi-multa che può arrivare fino a 400 mila euro al giorno. Non è certamente un viatico né tantomeno un buon auspicio per il futuro Berlusconi III. Entrato in politica per difendere le sue reti televisive, adesso il Cavaliere deve riprendere a tutti i costi il governo per cercare di conservarne l'integrità. Forse riuscirà anche a sottoscrivere le "larghe intese" per fare le riforme bipartisan, ma difficilmente accetterà quella televisiva che ormai reclama anche la Corte di Giustizia europea. (31 gennaio 2008)
LE FREQUENZE RAPINATE
La nemesi storica del Cavalieredi GIOVANNI VALENTINISARA' una coincidenza o magari una nemesi storica, per dire una vendetta ordita da un destino beffardo. Ma la decisione della Corte di Giustizia europea arriva nel momento in cui Silvio Berlusconi si accinge a raccogliere i frutti dell'opposizione e a ritornare verosimilmente al governo. Per un tycoon televisivo che in questi ultimi quindici anni s'è reincarnato prodigiosamente in un leader politico, può essere un colpo o un colpo di fortuna. Un colpo, perché il verdetto europeo rappresenta un intralcio sulla strada per palazzo Chigi; un colpo di fortuna, perché dalle stanze del potere quell'intralcio si può rimuovere o comunque aggirare più agevolmente. Proprio com'è accaduto ieri retroattivamente per il caso Sme, dove Berlusconi è stato assolto per il semplice motivo che il suo precedente governo aveva provveduto ad abolire il reato di falso in bilancio. Con buona pace di tutti i pontieri, dunque, la "questione televisiva" torna prepotentemente all'ordine del giorno, come una maledizione biblica, un incubo, un'ipoteca sulla vita politica nazionale. E questa volta, non c'è un complotto delle "toghe rosse" da denunciare, una macchinazione o una persecuzione giudiziaria, ai danni del Cavaliere e della sua azienda. C'è una sentenza emessa dalla Corte del Lussemburgo che convalida le riserve già espresse dal nostro Consiglio di Stato e impone all'Italia di correggere l'assetto della tv. Sono passati ormai dieci anni da quando "Europa 7", l'emittente-fantasma che fa capo all'imprenditore Francesco Di Stefano, ottenne formalmente una concessione nazionale senza mai ricevere tuttavia le frequenze per trasmettere. Un'ingiustizia o un sopruso da imputare anche ai governi di centrosinistra che nel frattempo si sono alternati a quelli di centrodestra. Ora quelle frequenze, indebitamente occupate da Retequattro in virtù di autorizzazioni compiacenti rilasciate "in via transitoria", dovranno essere assegnate al legittimo titolare: altrimenti, l'Italia rischia di essere condannata a pagare una maxi-multa che può arrivare fino a 400 mila euro al giorno. Non è certamente un viatico né tantomeno un buon auspicio per il futuro Berlusconi III. Entrato in politica per difendere le sue reti televisive, adesso il Cavaliere deve riprendere a tutti i costi il governo per cercare di conservarne l'integrità. Forse riuscirà anche a sottoscrivere le "larghe intese" per fare le riforme bipartisan, ma difficilmente accetterà quella televisiva che ormai reclama anche la Corte di Giustizia europea. (31 gennaio 2008)