Bet Midrash

L'EBREO NEL LOTO - UN INCONTRO POSSIBILE


Perchè tanti ebrei americani aderiscono al buddismo? E' solo apparente la distanza che divide ebraismo e buddismo?Questi e altri interrogativi stanno alla base del lavoro di Rodger Kamenetz. L'ebreo nel loto è infatti la storia di un dialogo, il dialogo tra i rappresentanti delle diverse anime dell' ebraismo americano, i quali a Dharamsala incontrano il Dalai Lama e i suoi monaci. Scopo dell'incontro è capire come sia possibile mantenere viva in un mondo ostile la propria identità. Sono tanti gli episodi tragici vissuti in passato dagli ebrei e in tempi recenti dai buddhisti tibetani; persecuzioni, esclusioni e distruzioni dei luoghi sacri. E tanti sono anche i legami esistenti tra buddhismo ed ebraismo. Basti pensare alla comune ricerca di una spiritualità esoterica. E' per questo che, come i rappresentanti dell'ebraismo americano, anche il lettore partirà da Dharamsala con un bagaglio di conoscenze più ricco e con una serie di stimolanti interrogativi.Acquistati  "L'ebreo nel loto" di Rodger Kamenetz (Prezzo di copertina € 25.31 - Edizione ECIG) un paio di anni fa. Ne lessi la prefazione, e ricordo che mi rimase particolarmente impressa nella memoria...ho difficoltà piuttosto a ricordare, al momento,  cosa mi impedì all'epoca di completare la lettura di questo volumetto. Ma in fin dei conti importa poco, poichè quest'oggi ho ripreso a sfogliarlo e mi sono ripromessa di concluderlo. Qui di seguito, in breve, la prefazione del libro:Alla fine di ottobre del 1990, l'autore parte  per Dharamsala, una remota città sui monti dell'India settentrionale, per scrivere una relazione sul dialogo religioso che si sarebbe svolto fra un gruppo di delegati ebrei e il XIV Dalai Lama tibetano. Egli pensava anche che avrebbe imparato un'infinità di cose. Aveva già dedicato alcuni scritti alla vita ebraica, ma del buddhismo conosceva poco benché negli ultimi anni avesse seguito con crescente interesse le attività del Dalai Lama. Prima di partire dagli Stati Uniti, si documentò sulla storia moderna del Tibet. Nel 1950, quando l'esercito cinese lo occupò infrangendo una secolare tradizione di non belligeranza reciproca, ebbe inizio un'immane tragedia nazionale. Seguirono anni di inutili negoziati fra i due paesi finché nel marzo del 1959 a Lhasa, la capitale, scoppiò una violenta rivolta contro il dominio cinese. Ritenendo che la vita del Dalai Lama fosse in pericolo, i tibetani circondarono il palazzo in cui viveva ed egli, nella speranza di evitare un bagno di sangue, fuggì in India dove è stato raggiunto da oltre 115000 profughi. In seguito all'occupazione si è calcolato che sono morti un milione e duecentomila tibetani.La distruzione della religione tibetana è stata un elemento chiave della politica degli invasori che hanno vietato l'insegnamento del buddhismo, hanno umiliato e torturato pubblicamente monaci e monache, hanno trasformato i templi in granai e i monasteri in officine. L'immenso monastero di Ganden a Lhasa, un tempo il terzo al mondo per ampiezza, è stato ridotto a un cumulo di macerie. Sono stati saccheggiati e rasi al suolo oltre seimila monasteri buddhisti.I tibetani hanno perduto la terra, i templi e le più autorevoli guide religiose e ora rischiano di perdere anche la loro identità di popolo. Le similitudini fra la situazione dei tibetani e la storia del popolo ebraico sono evidenti. Come ha osservato Rabbi Irving "Yitz" Greenberg, membro della nostra delegazione a Dharamsala, "Quanto è accaduto in Tibet può essere paragonato alla distruzione del Tempio", ossia al tragico evento risalente a duemila anni fa, quando i romani distrussero Gerusalemme e scacciarono gli ebrei dalla loro patria spirituale, dando inizio a diciannove secoli di esilio e dispersione.Di fronte alla minaccia di veder annientato il suo popolo e distrutta la tradizione buddhista, il Dalai Lama ha dedicato ogni sforzo alla liberazione del Tibet. Per i limiti imposti dal governo indiano ai suoi spostamenti e per le difficoltà a ottenere un visto, potè raggiungere gli Stati Uniti solo nel 1979, ma da allora, grazie a varie apparizioni pubbliche e a incontri con capi politici e religiosi, si è conquistata una crescente stima personale attirando così l'attenzione sulla causa tibetana. Nel 1989, anno in cui per la sua azione non violenta ricevette il premio Nobel per la pace, il Dalai Lama si rivolse per la prima volta al popolo ebraico chiedendo aiuto. "Svelatemi il vostro segreto", disse, "il segreto della sopravvivenza spirituale degli ebrei durante l'esilio".