BiRipenZiero

Possibilità per tutti, ma non le stesse possibilità per tutti


L'idea egualitaristica per la quale tutti abbiamo diritto ad avere le proprie possibilità, di accesso ai servizi, ai bisogni primari, ai saperi, alla formazione, al lavoro, e a tutte quelle risorse che ci permettono di esprimerci ed essere felici, viene troppo stesso distorta, facendone scivolare il senso, fino ad affermare che tutti dovrebbero avere le stesse possibilità. La differenza tra le due posizioni è sostanziale, e parte dal credere o meno nell'assunto che tutte le persone sono uguali. Se si crede questo, si cade nell'errore di dover distribuire per una sorta di democraticità verso l'appiattimento, le diverse opportunità in maniera quantitativa, e non più qualitativa (nella carriera scolastica, in quella di cittadino e di lavoratore). Creando una sorta di livellamento verso il basso di un sistema che non si preoccuperebbe più di far migliorare i singoli secondo le proprie capacità, ma che si accontenterebbe di "occuparli". Se crediamo invece al contrario che tutte le persone sono diverse, per base biologica, per biografia personale, per formazione intllettuale, psichica e culturale (basta pensare che il cervello e le sue funzioni si sviluppano per più del 60% nei prime 9 mesi di vita, pensate quanto possono differenziare le persone i diversi stimoli esterni), allora si inizierà a ragionare sul fatto che ognuno ha diritto ad avere i propri spazi e i propri tempi, che non è detto siano gli stessi di tutti gli altri, che non è detto porteranno ad avere le stesse occasioni degli altri, ma che garantirebbero le migliori condizioni per uno sviluppo della persona.Ma quale è il punto: ieri durante un aberrante incontro tra associazioni che lavorano sulla disabilità, mi è stato spiegato il principio secondo il quale, tutti i ragazzi disabili devon avere le stesse opportunità, per cui se un ragazzo si trova a fare due attività, quali possono essere per esempio un inserimento lavorativo e una formazione lavorativa, devon rinunciare ad uno dei due per lasciare spazio a chi non fa nulla. La chiave di volta interpretativa di questa teoria è che a elaborarla è stato un gruppo di genitori di ragazzi disabili. Il problema in quest contesti è che il fardello che ogni singolo genitore si porta dietro, li spinge a rivendicare il diritto di una opportunità per i loro figli, a prescindere se poi effettivamente quella persona abbia veramente la capacità, l'interesse per quell'attività, creando una discriminazione al contrario, per cui chi partecipava alle due attività si trova di fronte ad una scelta ingiusta. Lasciare una delle due opportunità, per una questione di ridistribuzione forzata. Il che diventa ancora più paradossale se si pensa che una persona disabile ha bisogno più di altre di intraprendere un percorso protetto che risponda alle esigenze personali, e che lavori sull'accrescimento delle risorse individuali. Il punto alla fine risulta essere che l'idea di egualitarismo non può essere fatta scivolare dal diritto a soddisfare le proprie esigenze come persona, alla pretesa di una ridistribuzione forzata dele risorse, che nel caso della disabilità, crea una discriminazione, rappresentando non più la persona come persona, ma come parte di un ingranaggio, che non premia più la volontà, il merito, le passioni, ma che solo richiede per bocca dei genitori unaricompensa per il fardello da loro portato. è su questo che bisogna pensare... su quanto sia giusto che le aspettative e le paure dei genitori, ricadano in maniera così schiacciante sulle vite dei figli.