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Il cibo... una medicina. 

Post n°4 pubblicato il 17 Aprile 2008 da farmaciaunipa

Ieri a Palazzo Steri è stata conferita la Laurea Magistrale Honoris Causa in Scienze e Tecnologie Agrarie a CARLIN PETRINI, fondatore di Slow Food.

L'associazione, nata negli anni ottanta, si è andata diffondendo in Italia fino a ricomprendere - oggi - il mondo intero ed ha come obiettivo la conservazione delle tradizioni contadine, del rispetto delle specie, della qualità alimentare.

La ricca e bella Laudatio e le parole del laureando hanno dato importanti e ricchi spunti di riflessione a tutti i partecipanti alla seduta: innovare sostenibilmente nel rispetto e nella conservazione delle tradizioni alimentari, contadine e dei luoghi.

Chi volesse conoscere gli obiettivi e il manifesto dell'associazione, le attività e ogni eventuale notizia può consultare il sito di Slow food lincando al seguente indirizzo:

http://www.slowfood.it

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Anonimo il 30/04/08 alle 01:42 via WEB
L’incontro con Giuliana Sgrena: la giornata più formativa. La giornalista si presenta ai volontari disinvolta e aperta al dialogo, non si nasconde dietro le parole e racconta la realtà dei fatti, senza indulgere alla tentazione di rimestare nel torbido delle passioni. “Una giornalista pura”, nelle parole di Grazia Bucca, la nostra formatrice che ha voluto fortemente l’incontro con la Sgrena. Grazie Grazia, rimarrai per sempre nei nostri cuori per la tua schiettezza e voglia di ribellione. Se, d’altra parte, una buona parte degli uomini di fede islamica stanno a guardia dell’onore delle “loro” donne, tutti noi, insieme a Grazia e alla Sgrena, staremo di certo non “a guardia”, ma dalla parte delle donne. “Il prezzo del velo – la guerra dell’Islam contro le donne”, è una testimonianza dell’impegno della giornalista nel narrare le storie di donne di potere musulmane che conducono una lotta per l’affermazione dei loro diritti, proprio laddove sono calpestati dalla recrudescenza di pratiche che, pur facendo riferimento all’Islam, non si collocano affatto nell’alveo della tradizione. In alcuni paesi musulmani la maggioranza delle donne è costretta a conformarsi ad alcune norme della comunità di appartenenza, non solo l’uso del velo, ma anche l’imposizione di matrimoni forzati o precoci, senza poter infrangere il tabù della verginità e un certo modo di intendere la sessualità. Pesanti le responsabilità individuate dalla Sgrena a carico di quelle comunità musulmane dominate dalla volontà degli uomini, in cui lo status sociale della donna dipende dal marito, mentre le nubili non godono di alcun riconoscimento. “Il pudore della donna” – afferma la giornalista – “garantisce l’onore dell’uomo”. Si spiegano così alcune norme che impongono alle donne l’uso del velo o del burqa per coprire il loro corpo, il divieto assoluto di portare scarpe con il tacco, persino l’intonazione della voce femminile deve essere modulata in modo da non provocare libidinose attenzioni maschili. Agghiaccianti sono gli episodi narrati di donne uccise per non volere portare il velo, proprio nei Paesi di origine della pratica del velo. Le donne intervistate dalla Sgrena, siano esse marocchine o algerine, tunisine, serbe, irachene, francesi o iraniane, conducono una lotta impari per l’affermazione dei loro diritti, una lotta, intesa dalla giornalista, come una vera e propria lotta per la democrazia, condotta peraltro (laddove è possibile) con metodi pacifici, quali, ad esempio, manifestazioni di piazza, attività sociali, raccolte di firme ed utilizzo di Internet. In Iran, ad esempio, sono ammesse solo organizzazioni di matrice islamica e, in ogni caso, qualsiasi associazione nascente, per potere operare, deve prima essere sottoposta ad un “controllo di qualità”, vale a dire l’esame di ortodossia. Esistono diritti universali che valgono per tutti e dai quali non si può prescindere; tutto ciò pone la giornalista in netta contrapposizione con un certo relativismo culturale in base al quale pratiche anacronistiche o disumane, come l’infibulazione o la ricostruzione dell’imene, che ha creato un “lucroso mercato”, sono da accettare in nome della tolleranza: culture diverse hanno usi e tradizioni particolari che il sentire occidentale non può proibire e condannare per principio. Niente di più fuorviante per la Sgrena: “Bisogna sfatare l’idea che se non vogliamo che le donne indossino il velo, allora vogliamo imporre i nostri principi”. Anche in Europa si assiste ad un processo di reislamizzazione, come nel caso della Turchia dove i partiti di ispirazione islamica al governo hanno imposto l’uso del velo. Chi impone il velo è infatti favorevole alla reislamizzazione della società. Dal velo, il passo successivo diventa la proibizione dell’educazione fisica alle ragazze nelle scuole, per poi approdare alla segregazione tra i sessi. Senza andare troppo lontano, le ragazze marocchine presenti in Italia hanno ripreso l’abitudine ad indossare il velo, usanza, questa, che però avevano abbandonato quando erano in Marocco. Quanto influisce l’atteggiamento dei cittadini italiani e, soprattutto, esistono responsabilità eventuali da parte delle istituzioni italiane nel far sì che le comunità islamiche presenti in Italia si chiudano in loro stesse, rimarcando la propria differenza culturale ed evitando, per quanto è possibile, il contatto o dialogo con la nostra società? Certamente, l’atteggiamento degli italiani influisce sulla loro chiusura – risponde la giornalista – perché “non c’è nessuno di noi che si interessi di queste comunità”. Per la verità, le donne musulmane sarebbero disposte a dialogare con le italiane, anche se non esistono veri e propri luoghi dove poter incontrare altre donne e ricercare occasioni di dialogo. L’utilizzo del velo in Italia si spiega col desiderio delle comunità di appartenenza di esercitare un maggiore controllo sulle loro donne, onde proteggerle dalle possibili “contaminazioni” con il nostro modo di vivere. Raramente si mandano le proprie figlie in una scuola italiana; in alcuni casi, si è portati ad ostacolare la conoscenza della lingua italiana, perché gli uomini sanno che, con la conoscenza dell’italiano, le donne possono acquisire una maggiore coscienza di sé fino al punto di uscire dalla comunità. Il volontario Davide Cufalo
 
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fnqio il 04/08/11 alle 08:03 via WEB
Eran cuatro crías de menos de veinte a?os, con ropa deportiva Gafas de sol Ray ban nueva, mochilas de marca y gafas de sol de colorines, unas doradas y Gafas de sol Oakley otras rosas. El puente que cruza sobre el paseo de Xubia, junto a lentes carrera 2011 Megasa, las protegía del bochorno.
 
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