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Post n°96 pubblicato il 23 Gennaio 2006 da Silentvoid
Foto di SilentvoidMINUETTO IV    SOULSIDE JOURNEY


Ecco, ora che ci penso oggi è un anno esatto da quando ho cominciato a scrivere qui. E ne succedono di cose, in un anno.
E ho pure ripreso a scrivere il libro. Anzi, lui mi ha ripreso e mi ha rimesso a scrivere. Come se non stessi già lavorando ad un sacco di canzoni. Beh, come artista sono decisamente tormentato. E allora quando tocca, tocca, ed è un piacere. Tra l’altro non ho la minima idea di dove vuole andare a parare, tutto quello che faccio. Ma non è di questo che intendo parlare.
Oggi è il compleanno di Hic et Nunc, e stavo pensando a cosa regalarvi.
A dire il vero no, non ci sto pensando. Pensare mi serve fino ad un certo punto.
Immagino che scriverò di sabato notte.
Vi secca?
Senza contare che sto scrivendo sotto dosi massicce di musica, e comincio a sentirne gli effetti.
Andiamo, dunque, vorreste? È di nuovo sabato…e vi parlo, il tempo lo si può utilizzare un po’ come si vuole…

Siedo al bancone, solo, bevendo qualche birra, ascoltando i corpi delle persone che animano il locale, nella semioscurità.
Lo vedo arrivare. Si siede al mio fianco.
È, ad occhio e croce, ubriaco. E poi sento, sento che soffre.

Della sofferenza, mi piacerebbe parlarvi.
La sofferenza è una delle emozioni più forti, più intense che un essere umano o un animale possano provare.

Ma vi dicevo di sabato. Insomma, questo dopo un po’ attacca bottone, e mi dice che ci sarebbe da suicidarsi. Così, prima mi chiede se bevo qualcosa, e poi, sospira e dice in dialetto, impastato: “certo che ci sarebbe da uccidersi”.
“beh, certo che sì” – gli rispondo io.
“ E perché mai” – sempre lui, sempre in dialetto – “perché secondo te è bene andare contro l’istinto di sopravvivenza, eh? Eh? Sentiamo, perché?”
“Tu credi che io non ti sappia rispondere, vero?” – rispondo mentre ordino da bere
“infatti” – fa lui
“Fondamentalmente perché l’istinto di sopravvivenza è perdente. L’amore lo trasforma, per esempio…”
“E’ meglio non amare, così non sperimenterai nessuna morte” questa è la sintesi della sua contorta ma in qualche modo lucida replica.
“A parte il non trascurabile fatto che è impossibile non amare, diciamo che comunque sia, puoi sempre soffrire.” – così gli dico, occhi negli occhi. Ah, lo dico anche a te, e anche i tuoi occhi vedo. Anche se tu credi di no.

“La sofferenza è una delle emozioni più forti, più intense che un essere umano o un animale possano provare. È una BUONA sensazione. Non bella, ma buona.”
Lui si sistema sullo sgabello, maldestramente. “ E sapresti dirmi in che modo? “ è la sua domanda.

Ma torniamo pure ad oggi. Che mi stufo ad aprire e chiudere virgolette di continuo.
E poi voglio parlare con te, camminare con te, guardare i tuoi occhi, accarezzare senza bisogno di spiegare, senza nemmeno bisogno di sfiorare. Eccomi qui.

La sofferenza ti spinge a lasciare te stessa, te stesso. Esci dal tuo piccolo e limitato guscio. Hai amato, e prima o poi soffrirai. Non parlo di una relazione in particolare, parlo di amare, in senso totale. La sofferenza è amore perduto, in un certo qual modo. Tu lo capisci, lo so benissimo, però spesso non vuoi pensarci. È un completamento fra i tanti possibili, degli infiniti cerchi che tracciamo con le nostre anime, amiamo, perdiamo, soffriamo, lasciamo e veniamo lasciati, poi amiamo di nuovo, tocchiamo, scopriamo, vediamo, assaporiamo, sentiamo, vediamo, annusiamo di nuovo, ascoltiamo, e ancora soffriamo.

Soffrire è intenso. Soffrire è morire ed essere vive allo stesso tempo. Una delle esperienze più totali, più assolute che possa provare.
A volte mi è capitato di pensare che non siamo fatti per superare un ostacolo simile. A volte è troppo. Il corpo arriva quasi a distruggersi, con tutti quei sussulti, quelle contorsioni. Quel vuoto impotente.
Ma io voglio poter provare dolore. Versare lacrime. Perché mai dovrei voler potere? Sembrerebbe una cosa da evitare. Da darsela a gambe non appena si comincia a provarla.
Però, siccome tanto non puoi dartela davvero a gambe, senti un po’ qui. Sì, lo so, sono vecchio e brutto e scemo e matto. Ma senti qui.
La sofferenza ti unisce di nuovo a ciò che hai perso. È una fusione. È a questo che serve soffrire. Te ne vai anche tu con la cosa o la persona amata che scompare. In un certo senso, ti dividi da te stessa e l’accompagni, fai con lei una parte del viaggio. La segui sin dove ti è concesso spingerti, fino a dove il tuo cuore e la tua mente, il tuo stomaco e i tuoi nervi reggono. È uno dei viaggi più difficili.
Ma alla fine, quando alla fine torni dal viaggio, chi lo sa quanto ci vuole, la sofferenza se ne va e tu torni in sintonia col mondo. Senza ciò che hai perso.
E piangi, continui a piangere. Che scelta abbiamo, poi? Non si torna mai del tutto indietro dal posto in cui sei andata con la cosa o la persona perduta. Un frammento che si è staccato dal tuo cuore pulsante è ancora là. C’è una lesione, una ferita che non guarisce mai. E se ti succede una volta e un’altra e un’altra ancora nella vita, col tempo se ne va una parte troppo grande del tuo cuore, e ti sembra di non riuscire più a soffrire. Ma non è così, non sarà mai davvero così.
E allora io dico soffri, se stai soffrendo. Non riesco a capire quelli che ti dicono di tirarti su. È come se tu venissi da me con la febbre a quaranta e io ti dicessi “beh, guarisci!”. No, alla febbre serve tempo. E anche al dolore.

Ma, o “mia” diletta compagna di viaggio, “mio” fedele compagno di viaggio, anche qualcos’altro dirò.
Perché ebbene sì, io sono un viaggiatore di confine, questo probabilmente già lo sai.
E ti ho vista in viaggio. E allora, quando stai male, sappi che stai camminando per impervi sentieri, che non te ne rendi spesso nemmeno conto, e io lo vedo, quanto è faticoso, e quanto tu sia esposta, quanto tu sia distrutto, nell’affrontare questo viaggio.

L’amore non finisce mai. Le relazioni finiscono, le persone muoiono, gli animali muoiono. Le persone si allontanano.
Ma noi amiamo anche qualcuno che è molto distante, amiamo qualcuno che è morto tanto tempo fa.
E allora ci incamminiamo, curvi sotto il peso dello strazio.

Ma si torna. Diverse, più complete, più donne, più uomini, più consapevoli.
La maggior parte di noi darebbe la vita per una persona che ama veramente. Per i propri figli. Per coloro che si ama.
Eccolo, l’istinto di sopravvivenza sopraffatto.

Se soffri, sei in cammino. Chi lo sa dove arriverai, e come tornerai, quale nuova bellezza sarà incastonata profondamente in te, in attesa che tu la scopra, la veda brillare in te.

Non c’è nulla da temere, nella sofferenza.

E vi sono incontri, che si fanno per queste vie. Incontri bellissimi.

Datti il tempo di guarire.

E se davvero dovessi aver paura…

Ti accompagno, che così ti faccio compagnia…

Grazie di tutt’ animo ad ognuna di voi, ad ognuno di voi, per questo anno.

Grazie infinite.

Vi bacio le labbra.

D.
 
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