Mindfulness

La Maturità


“Crediamo di conoscere la giovinezza e la vecchiaia: ma la maturità – la lunga e fugacissima età di mezzo, alla quale dovremmo affidare la parte migliore di noi – continua a rimanerci incomprensibile. Tutti i grandi poemi e romanzi raccontano come un uomo attraversi le soglie che introducono nell’età matura: talvolta senza sforzo e senza pensieri, talvolta dopo incertezze e terribili prove. Nessun libro ci rivela, forse, l’atmosfera, lo spessore, il clima che regnano in quel tempo. La lingua quotidiana assicura che la maturità è un culmine. Qualcosa di gracile si colma e diventa perfetto: resta per qualche anno in questa condizione, prima di decadere lentamente; come se la maturità fosse una fase fra due movimenti, un arresto tra una crescita e una decadenza. Giunge quando e come vuole, nelle età più diverse, nei modi più inaspettati, accompagnata dalla felicità o dalla sventura. Tamino e Pamina diventano maturi nella giovinezza, dopo aver attraversato l’ardore delle fiamme e lo strepitio delle acque; Don Chisciotte un istante prima di morire, quando abbandona le illusioni che lo hanno fatto vivere; Ulisse quando torna a casa, dopo essere rimasto nove anni rinchiuso in un’isola e aver domato il suo istinto di fuga; Marcel appena comincia a scrivere il grande libro che forma attorno a lui un’isola chiusa del più invalicabile degli oceani; Wilhelm Meister e Lucine de Rubempré non varcheranno mai la soglia… In ognuno di questi casi, la maturità è insieme una conquista e una rinuncia. La perdita di un’incertezza, di un’illusione, di uno slancio, di un vagabondaggio, di un dubbio: mentre lo sguardo apprende a vedere, l’intelligenza a cogliere il nucleo delle cose, il cuore a sopportare le cose tollerabili e quelle intollerabili.” Pietro Citati, La Maturità