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Eliminare i vincoli al merito e liberare i molti talenti che abitano l'Italia


Che l’Italia stia affrontando un periodo difficile, caratterizzato da una (temo peggiore del previsto) recessione e da una recrudescenza della crisi finanziaria che già l’aveva colpita alcuni mesi fa, non è un fatto nuovo. Anche nella ricerca delle cause di questa situazione di crisi, più grave di quella che ha colpito altri Paesi partner dell’Italia - europei o no - sono stati indicati negli anni elementi che non sono più nuovi. Il debito pubblico superiore al 120% del PIL, la burocrazia, le imposte e gli oneri previdenziali troppo alti, la rigidità del mercato del lavoro, il costo dell’energia tra i più alti d’Europa, la carenza di infrastrutture. Tutte cause effettive, e l’elenco non è ahimè esaustivo. Ma volendo trovare una ragione principale, la madre di tutti i problemi di un popolo straordinario capace di esprimere i più alti livelli di ingegno e di creatività estetica al mondo, si arriva alla conclusione che a mancare è la pratica della meritocrazia. Lo aveva già denunciato Roger Abravanel nel suo libro Meritocrazia del 2008, con prefazione di Francesco Giavazzi; un testo di rara lucidità nell’analizzare la nostra società «bloccata» quanto concreto nel proporre delle soluzioni per uscire dall’impasse. Per queste ragioni quando, appena rientrato dalla breve pausa pasquale, ho trovato il Manifesto per il Talento che i promotori mi proponevano di sottoscrivere, non ho avuto esitazioni nell’afferrare la penna. La veloce lettura del testo quasi-one page, il cui sottotitolo è «Merito, Leadership, Valori», mi ha fatto ricordare che il nostro è il Paese dalla Legge elettorale senza preferenze, delle raccomandazioni, dei voti «politici», degli scatti di anzianità, delle poche donne ai vertici delle organizzazioni. Mi ha anche fatto pensare che eliminando questi vincoli ai meriti, liberando i moltissimi Talenti che vi abitano, l’Italia riuscirebbe a superare di conseguenza i pesanti svantaggi competitivi che la stanno allontanando dal resto dell’Europa e del mondo occidentale. La battaglia per l’affermazione del merito vale la pena di essere combattuta; partendo dalla scuola per arrivare al posto di lavoro - privato o pubblico che sia - passando per la politica. Ricordando che la vera uguaglianza fra gli uomini è quella di avere le medesime opportunità di successo, non il medesimo risultato garantito in partenza. E che il successo si ottiene con il merito che, a sua volta, è il prodotto delle proprie innate e acquisite capacità moltiplicate per l’impegno che profondiamo nel conseguire i nostri obiettivi.RICCARDO ILLY, Presidente Gruppo illy