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Nichi Vendola:l discorso della luce- Intervista a Vendola

Post n°33 pubblicato il 19 Luglio 2010 da blog8

Il discorso della luce agli Stati Generali  - Vendola 18 7 2010 http://www.youtube.com/watch?v=NQV4Oom50d4
 
Intervista a Nichi Vendola

Cultura e politica per una trasformazione profonda, la creazione della massa critica, la libertà, la connessione di scienza, morale, arte, la divisione nord-sud, sulla politica mediterranea, sul rapporto fra trasformazione individuale e collettiva, ecc.

 

vai al link sopra o di seguito il testo:

 

Bari 17 luglio 2010 – Eaco Cogliani, direttore editoriale

Alba Magica: Rivista di approfondimento dei temi della nuova visione del mondo. albamagica@fastwebnet.it  - No copyright. Diffondere liberamente senza alterarne il contenuto in nessuna parte.

L’intervista è stata condotta durante gli Stati Generali delle fabbriche di nichi a Bari, i laboratori sociali creativi per un nuovo linguaggio della politica e una profonda trasformazione sociale.

 

L’intervista

 

Nel suo messaggio alle fabbriche per gli Stati Generali lei ha affermato:

<<Cultura, bellezza, creatività SONO PAROLE CHE fanno orrore ad una certa destra reazionaria.   E significa che cominciano ad intuire…………il pericolo che noi rappresentiamo ..

Perché la cultura e la bellezza possano assediare e strangolare la cattiva politica...>>

 

1-Come ritiene possa essere superato il divario tra il livello delle conoscenze dell’umanità e dello stesso nostro popolo e quello delle forze politiche, dei loro esponenti e del personale politico in generale ai vari livelli, che dovrebbe essere addetto all’utilizzo delle conoscenze umane per le applicazioni nel sociale, nella collettività umana e nei rapporti con tutto l’ambiente naturale e culturale che ci circonda e che abbiamo ereditato?

 

Vendola.

C’è un problema che emerge da questa domanda e che è di drammatica attualità.

La povertà culturale del ceto politico, un impoverimento culturale che penso non sia una caratteristica solo italiana ma che in Italia è un fenomeno esplosivo: diciamo che ci sono parlamentari che noi ascoltiamo talvolta in tv e alla radio che non potrebbero superare l’esame di terza media. C’è un fenomeno di analfabetismo delle classi dirigenti che è un fenomeno inquietante, ma si inscrive in un contesto che è quello dell’impoverimento culturale della nostra società. L’impoverimento culturale passa attraverso lo spostamento dei luoghi della formazione, dall’università e dalla scuola verso la televisione. La televisione è diventata la cattedra fondamentale di propalazione delle conoscenze, che sono conoscenze appunto scheletriche, a volte manipolate. Governare i cicli complessi di questo evo: il ciclo delle migrazioni, il ciclo idrico, il ciclo energetico, il ciclo dello smaltimento dei rifiuti, il ciclo dell’urbanizzazione, in assenza di cultura generale e di conoscenze specifiche, rischia di essere davvero un gioco d’azzardo con i diritti del vivente e della specie umana. Per questo, per la politica che ambisca a cambiare il mondo, uno degli ingredienti fondamentali di una strategia di alternativa è puntare sull’accumulo e la disseminazione di saperi critici, fare una battaglia che dica “la libertà è direttamente proporzionale alle conoscenze”. Non esiste libertà nell’ignoranza: l’esercizio della padronanza dei saperi fondamentali consente un esercizio pieno di libertà. Ecco, su questo penso che noi abbiamo da fare proprio una battaglia culturale. La libertà non è avere i mille tasti del canale del telecomando, non è poter comprare le mille merci  prodotte dalla rete globale della mercificazione del mondo. La libertà è avere gli elementi fondamentali di conoscenza, che riguardino la storia del mondo, la sua geografia, che riguardino la sua organizzazione economica. Nell’ignoranza si producono forme inedite di totalitarismo.

 

 

 

2-Quali sono secondo lei i passaggi per sviluppare e accelerare il processo di formazione di una massa critica che possa, appunto perché consapevole collettivamente, innescare un processo di trasformazione profonda ormai ineluttabile per il Paese e quindi anche di formazione di una nuova classe politica all’altezza del momento di enorme complessità che attraversiamo?

 

Vendola.

Io credo che si tratta di connettere i luoghi della lotta, e di farli diventare luoghi formativi. Se la battaglia contro le riforme, che sono controriforme, della scuola e dell’università, se la battaglia contro il ritorno ad una concezione apertamente classista dell’alta formazione, se la battaglia contro la soggezione della ricerca al primato del sistema d’impresa, si connette alla battaglia per la difesa dei diritti nel lavoro subordinato a cominciare dal lavoro operaio, allora il mondo visto da Pomigliano è più chiaro: perché svela il trucco delle apparenti neutrali leggi dell’economia; non sono neutrali, sono leggi ferocemente classiste, difendono interessi e massacrano la carne e l’anima delle persone vere. Il mondo visto dall’università è un mondo che racconta cose molto inquietanti sulla privatizzazione del sapere. Allora, la privatizzazione del sapere, la privatizzazione della società, la privatizzazione della società, la privatizzazione e la mercificazione della vita, sono il nostro grande nemico. Abbiamo diversi possibili osservatori: le lotte per esempio degli operai di Pomigliano, o le lotte contro il nucleare, o le lotte per la proprietà pubblica dell’acqua, o le lotte per l’università pubblica, sono anche costruzione di saperi collettivi. Il problema è connettere queste lotte per costruire un sapere globale che sia un sapere critico.

 

3-Qual’è il suo punto di vista sulla relazione tra interiorità, ovvero trasformazione personale, e esteriorità, ovvero trasformazione istituzionale e collettiva?

 

Vendola.

Credo che abbiamo avuto due opzioni, per circa un secolo, che si sono, con svariati registri culturali, contrapposte: l’idea che il mutamento si realizza introspettivamente oppure l’idea che il mutamento si realizza sulla scena esteriore dell’organizzazione sociale. Sono due idee che hanno un pò cozzato, sono contrastate: le culture religiose sostengono che il mutamento avviene soltanto per via introspettiva, il cambiamento è nel cuore dell’uomo. Ma anche le culture delle nuove scienze dell’analisi della psiche hanno sostanzialmente immaginato la centralità del cambiamento per via introspettiva. Le scienze sociali, il loro salto culturale nell’epoca del marxismo, hanno immaginato che il cambiamento si fà a partire dal cambiamento dei rapporti di produzione. Credo che fossero, diciamo, livelli di approssimazione alla verità. La verità é che è difficile scindere il foro interiore dal foro esteriore. Anche qui la parola chiave è connessione. Il pensiero femminista è stato ad oggi l’espressione più matura della capacità di connettere la trasformazione per via esteriore, esterna, legata alla centralità del corpo sociale, e la trasformazione a partire dal corpo individuale e dal suo foro interiore. Penso che la parola chiave sia connessione. Non si può immaginare il cambiamento del mondo che non sia anche un cambiamento della soggettività.

 

 

4-Qual’è il suo punto di vista sulla politica mediterranea dell’Italia, attuale e in prospettiva?

 

Vendola.

Per l’Italia di oggi, e per la sua classe dirigente, il Mediterraneo è un accidente geografico. Penso che il discorso si possa chiudere qua. Nella crassa ignoranza di questa classe dirigente non c’é nessuna idea della vastità, della latitudine, della complessità e della ricchezza del Mediterraneo, e del fatto che è la storia del Mediterraneo che dovrebbe indurci a rifiutare la cultura dello scontro di civiltà e l’atteggiamento razziale e razzista che noi abbiamo nei confronti di tutti coloro che attraversano questo mare magnum che è stato un mare di civiltà. Purtroppo oggi siamo in presenza di una classe dirigente che è più interessata alle mitologie celtiche che alle grandi avventure del Mediterraneo.

 

 

 

5-Il Paese è, di fatto, diviso in due parti, nord e sud, come anche recenti lavori di economia su  tutto l’arco dei 150 anni hanno dimostrato [ad es, “Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)” di Vittorio Daniele - Paolo Malanima del cnr
http://www.rivistapoliticaeconomica.it/2007/mar-apr/Daniele_melanima.pdf]:                                 -Cosa ritiene si debba fare rispetto all’eventualità di una secessione effettiva (aperta o mascherata) di una o più regioni del nord? O comunque nella prospettiva di una ulteriore accelerazione del divario quale sta già avvenendo e come avverrebbe in modo più enfatico con l’applicazione della riforma fiscale?

 

Vendola.

Noi siamo in piena secessione. La manovra finanziaria del ministro Tremonti è un atto eversivo, è un atto di secessione, perché completa un processo di smantellamento dei diritti, delle prerogative del mezzogiorno d’Italia. Negli ultimi 10 anni il sud è passato da una percentuale del 45% dei trasferimenti ordinari dello Stato a riceverne una percentuale del 36%. Contemporaneamente il sud vede la finanza straordinaria, quella europea, che dovrebbe essere mirata a coprire il divario di sviluppo con il nord, viene sottratta al sud per finanziare gli ammortizzatori sociali, la ricostruzione dell’Abruzzo dopo il terremoto, ecc.  

Quindi il sud è un immenso salvadanaio continuamente a disposizione delle classi dirigenti del nord, con quella cultura lombrosiana e razzista che nelle espressioni sprezzanti  del ministro dell’economia hanno dato cittadinanza al peggio del leghismo. Il peggio del leghismo oggi parla attraverso la voce del ministro Tremonti. Siamo dunque ad una secessione quasi fatale. Devo dire che nel mezzogiorno d’Italia c’è chi comincia a immaginarla piuttosto che come un processo da subire come un processo da attivare. Perché, diciamo, il nord senza il sud non conosce né l’Europa né il Mediterraneo: per ragioni storiche, per ragioni culturali, per ragioni economiche. Quando finirà la grande campagna propagandistica antimeridionale, quando si accorgeranno che le mafie non sono una questione etnica, ma sono ormai abbondantemente radicate nel nord, e infiltrate nella pubblica amministrazione e nella politica del nord, e nei sistemi d’impresa del nord; quando scopriranno che dipendono dal sud per tante cose decisive, forse avranno un atto di resipiscenza rispetto alla spinta secessionista. Non vorrei che quella resipiscenza arrivasse troppo tardi.

 

 

6- L’autore americano considerato il più rilevante esponente della nuova visione e della pratica integrale, Ken Wilber - che include nei suoi insegnamenti fondamentali quelli di J. Habermas e N. Bobbio così come del suo maestro Zen e numerosi altri punti di riferimento della conoscenza universale di diverse civiltà e provenienze - afferma, in ‘La Nuova Era Integrale’ confermando e sviluppando quanto già anticipato nella sua opera ‘Sex, Ecology, Spirituality’ e in ‘Una Teoria del Tutto’: <Ciò che la modernità ha differenziato, la postmodernità deve integrare. Il problema centrale della postmodernità è l’integrazione dei Grandi Tre: scienza, morale, arte>  

  -Ritiene che una visione di questo genere, integrale, non riduzionista, possa essere di aiuto ad uno sviluppo della massa critica quale lei auspica < Perché la cultura e la bellezza possano assediare e strangolare la cattiva politica> ma anche perché il movimento che si sta sviluppando attorno a lei non sia finalizzato solo alla dimensione politica ed elettoralistica ma abbia una dimensione universale molto più ampia e profonda? [Ci riferiamo in particolare alla sua affermazione, sempre nel messaggio alle fabbriche, <L’obiettivo delle Fabbriche è innovare il modo tradizionale di fare politica introducendo il principio della cooperazione, quando invece i soggetti politici tradizionali sono basati sulla competizione. E poi le Fabbriche non si  candidano alle elezioni….>].

 

 

Vendola.

Noi non stiamo fondando un soggetto politico. Stiamo dicendo alla politica e segnatamente alla sinistra, che non si può combattere sulla scena politica oggi - a fronte di una crisi del mondo che è una crisi per certi versi con i tratti di un’ipoteca apocalittica sul futuro - non si può combattere una partita sulla scena politica se non si mette in campo una nuova antropologia, un nuovo umanesimo, una nuova visione del futuro. Se la modernità, se vogliamo usare questo genere di categorie, ha prodotto - nell’epoca della globalizzazione dei mercati, dell’integrazione dei mercati – la disintegrazione delle consapevolezze, delle culture dei corpi sociali, allora noi abbiamo un grande problema di riunificazione del genere umano. Il genere umano che non si percepisce nella sua unità rischia di pensare che ci si possa salvare per pezzi. Non si salva il nord del mondo se non si salva anche il sud del mondo. Non si salva l’ovest del mondo se non si salva l’est del mondo. Non si salva il genere maschile se non si salva il genere femminile. Non si salvano i vecchi se non si salvano i bambini, e viceversa. E non si salva il genere umano se non si salva il vivente in tutte le sue forme. E allora l’idea di connettere - anche qui, torna questa parola chiave, connessione - scienza morale e arte, è un’idea intelligente, è un’idea interessante, per certi versi è un’idea necessaria. A condizione che la scienza non si presenti come una religione dogmatica, che la morale non si presenti come una subordinazione dei diritti soggettivi alla dittatura statistica dei comportamenti della maggioranza, e che l’arte non si presenti come una pedagogia neosdanoviana; ma grandi campi di applicazione della libertà degli individui e della responsabilità degli individui. Appunto, la scienza, la morale, l’arte, sono, diciamo, le costruzioni più importanti della casa degli uomini e delle donne: degli uomini e delle donne che devono imparare a vivere la differenza come un dono e a proporsi come custodi della Terra.

 

http://www.albamagica.com/attualita-interviste.html   

biografia di Nichi Vendola http://www.nichivendola.it/cat/sito/mc/biografia/

video vari: http://www.nichivendola.it/cat/sito/mcc/informazione/prefisso/video/

Redazione:  3474418930 - 0498648301 

 albamagica@fastwebnet.it     

Indici rivista: vedi alle apposite pagine sul sito http://www.albamagica.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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