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Amore&stelle

Se mai dovessi parlare di amore e di stelle... uccidetemi. (Charles Bukowski)


Amo la gente che si ama,

che sa amarsi.

Ha un vestito migliore cucito addosso

con l'ago dell'anima.

E lo regala, senza guardare la misura.

Perché l'amore non si prova,

si indossa direttamente.

Amo i solitari,

i diversi,

quelli che non incontri mai.

Quelli persi,

andati, spiritati, fottuti.

Quelli con l'anima in fiamme.

C. Bukowski

 

Ti seguo,non ti seguo...

cuore malato,cuore stanco...

Potere dell’animo sento il tuo profumo,

silenzio abbracciami...

I segni lasciali, i graffi cancellali...

abbracciami sostienimi...

Cambiami ..

Un nuovo viaggio tenderà la nostra anima...

Piangere: poche parole tra pensieri e ricordi,

cambio rotta...

Sorridi arrivi al cuore semplice,

senza ragione,

senza piangere...

Buongiorno vita,buongiorno a te.

 


Cos'è il ricordo?

Niente.

Non puoi vederlo

Non puoi toccarlo

Non puoi udirlo

Eppure è così grande

che non puoi nemmeno DISTRUGGERLO.

 

 

 
« AzzurraAlla dolce Susanna »

Napoli...te la racconto a parole

Post n°3 pubblicato il 25 Aprile 2011 da dentroilblu
 

NAPOLI : LA CITTA' PIU' BELLA DEL MONDO

Napoli è Napoli. Napoli è una monade, Napoli è un teatro – ma sarebbe più corretto dire “Il teatro è Napoli”- Napoli è la Pizza, Napoli è il Presepe napoletano, Napoli è la sua lingua, si badi bene Lingua, non dialetto, Napoli è la canzone napoletana, Napoli è il Cinema, Napoli è San Gennaro, Napoli è la Smorfia, Napoli è una e cento maschere, Napoli è la pastiera napoletana, Napoli è o’ babbà, Napoli è nà tazzulella é cafè, Napoli è Napoli. “Grande, luminosa, gentil città” così la definisce Giambattista Vico; “Sotto il cielo più puro, il suolo più insicuro” così invece Goethe...e sono solo alcuni dei ritratti donati alla splendida città “instabile sotto un cielo di una serenità ingannevole”. Stendhal scriveva che Napoli con Parigi è (era) la sola possibile capitale d’Europa. “ Una capitale d’Europa, la più florida e vasta d’Italia”. Una capitale d’Europa la riconosci dal vuoto che fa intorno a sé. Nell’Italia delle cento città/stato Napoli ha divorato il territorio intorno lasciando stare solo Palermo in fondo alla Sicilia. Una capitale cancella una regione, si sovrappone ad essa… Su questo suolo assorbente bruciato da eruzioni con ginestre a fiorire sulle ustioni si è radicato un popolo orgoglioso e povero, chiassoso e feroce, insomma inespugnabile…” (Erri de Luca). Nel corso dei secoli ha rappresentato la quintessenza dei valori storici, culturali e artistici del Mezzogiorno d’Italia. Ne è conferma il rapporto privilegiato che, a lungo, la grande città intrattenne con i colti viaggiatori del Grand Tour per i quali costituiva una tappa irrinunciabile e amatissima. Napoli è una città dai mille volti, uno dei quali, forse il più attraente è l’inesauribile vitalità che sembra derivarle dal fuoco nascosto della sua montagna simbolo. Sì perché Napoli è anche il Vesuvio. Il vulcano più famoso del mondo, alto oltre 1281 metri con alle spalle millenni di storia. Protagonista di molte opere letterarie fin dall’antichità quando, sia la letteratura greca che quella latina, gli dedicarono dei brani. Era amato per le sue fertili terre, per le magnifiche tenute di campagna, per i fenomeni geologici e soprattutto perché zona residenziale del patriziato romano. Protagonista di uno dei canti più celebri di Giacomo Leopardi, La Ginestra o il fiore del deserto, composto nel 1836, e definito “Sterminator Vesevo”. Leopardi ci ricorda, tramite i versi del lungo e drammatico canto, che “questi campi cosparsi di ceneri infeconde e ricoperti dell’impietrata lava, che sotto i passi al peregrin risona; ….fur liete ville e colti, e biondeggiar di spiche, e risonaro di muggito d’armenti; fur giardini e palagi, agli ozi dei potenti gradito ospizio; e fur città famose che coi torrenti suoi l’altero monte dell’ignea bocca fulminando oppresse con gli abitanti insieme”. La più terribile eruzione del vulcano si ebbe la notte del 24 agosto del 79 d.C. quando furono distrutte intere città tra le quali Ercolano e Pompei seppellite dalle ceneri e dai lapilli. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1944. Oggi il vulcano è in una fase di quiete e si limita a far vedere il fumo che emette dalle viscere e le sue falde sono intensamente abitate e coltivate con case, alberghi, ristoranti ed uffici che sono stati edificati fino a 700 metri di altezza. Nel 1995 è stato realizzato il Parco Nazionale del Vesuvio. Per salvaguardare l’ambiente, le specie animali, i vegetali, le bellezze storico naturalistiche ma anche per custodire le tradizioni, i reperti archeologici e, soprattutto, per promuovere ulteriori ricerche scientifiche, geologiche e vulcanologiche. I viaggiatori del secolo scorso potevano scoprire il Vesuvio soltanto a piedi o su portantine, lungo i sentieri lastricati di lava. Nel 1870 il finanziere Oblieght ebbe l’idea di far costruire una funicolare per salire fino in cima al cratere. Dieci anni dopo l’inaugurazione avvenuta il 6 giugno Peppino Turco e Luigi Densa composero la canzone Funiculì Funiculà che rese la funicolare celebre in tutto il mondo. Distrutta tre volte dalle colate laviche, il servizio fu soppresso definitivamente dall’eruzione del 1944. Risultato, più di molte altre città mediterranee, del succedersi di popoli e di dinastie, di case regnanti e di vicende storiche che l’hanno anche vista Capitale del Regno delle due Sicilie, Napoli è un crogiolo di culture. Greci, Romani, Bizantini, Spagnoli, Saraceni, Normanni l’hanno posseduta, per poco o per molto, ma l’hanno posseduta. E’ una favola dai toni ora brillanti, ora foschi che narra di passioni tra re stranieri e una città ricca di bellezze naturali e impregnata di cultura classica. Grazie alla magnificenza dei suoi sovrani la città divenne cosmopolita: sotto Federico II l’Università fondata nel 1224 elevò Napoli al rango di centro intellettuale come Parigi o Bologna; sotto gli Angioini e gli Aragonesi si arricchì di monumenti prestigiosi. Fino all’annessione al Regno d’Italia le case regnanti che si successero, gli Spagnoli, i Borboni e gli Austriaci garantirono alla città l’immagine, cara a Shelley, di Elisyan City. Simbolo visivo di Napoli è il Castel Nuovo meglio noto come Maschio Angioino. La splendida costruzione sorge in Piazza Municipio, al lato dei giardini del Palazzo Reale e a pochi passi dal porto di Napoli che domina con la sua immensa mole. Questa posizione strategica fu voluta, nel 1266, da Carlo d’Angiò il sovrano a cui si deve la prima denominazione della fortezza. Il castello originario fu costruito tra il 1279 e il 1282 su progetto affidato dal sovrano angioini ad architetti francesi. In stile gotico, aveva pianta quadrilatera irregolare, quattro possenti torri di difesa, mura merlate e un fossato di protezione. La denominazione Castel Nuovo prende piede in seguito ai radicali lavori di rifacimento commissionati da Alfonso d’Aragona dopo la sconfitta dei francesi: artisti catalani e fiorentini, sotto la guida dell'architetto aragonese Guglielmo Sagrera, ampliarono e fortificarono la struttura. Per celebrare il successo e la potenza della dinastia aragonese, il sovrano volle adornare il portale d'accesso al castello con un monumentale arco di marmo bianco, ritenuto una delle più rilevanti opere del Rinascimento italiano, dai forti richiami agli archi di trionfo di epoca romana. Sul lato opposto a quello d'ingresso, una lunga scalinata in piperno conduce agli appartamenti e alla monumentale Sala dei Baroni, miracolo di statica, dalla bellissima volta a crociera con costoloni che si congiungono nel centro, ad un'altezza di oltre 30 metri. Un itinerario napoletano può prendere le mosse attraversando Spaccanapoli. Chi non ne ha mai sentito parlare? Spaccanapoli è una delle arterie più celebri della città che divide il centro storico con una precisione quasi geometrica, un lungo corridoio puntellato di testimonianza del passato e di tesori artistici, ricco di campanili, di monumentali chiese e di palazzi aristocratici. Piazza Dante, Piazza del Gesù Nuovo, Piazza San Domenico Maggiore, la Piazzetta Nilo con il cosiddetto Corpo di Napoli, la statua del Dio Nilo di oltre duemila anni fa (una delle più antiche testimonianze del passato della città) sono dei veri e propri scrigni ricchi di tesori architettonici. Dalla Piazzetta Nilo comincia Via San Biagio dei Librai, il tratto più antico, uno dei tre decumani maggiori dell’antica città greco-romana e anche il più turistico: negozi di souvenir, botteghe artigiane, antiquari e venditori di prodotti enogastronomici. Percorrendo questo tratto si incrocia la famosa San Gregorio Armeno, la celebre strada dei presepi e, poco più avanti, si trova Piazza San Gaetano, uno degli ingressi della Napoli sotterranea. Proseguendo ancora per Spaccanapoli e lungo il decumano maggiore si raggiunge Via Duomo, altre importante strada cittadina dove si può ammirare la cattedrale di Napoli, il noto Duomo di San Gennaro. Attraversata Piazza Duomo Spaccanapoli prosegue fin nel cuore di Forcella. Altra importante via cittadina, tappa preferita dei napoletani e dei turisti per lo shopping è Via Toledo (già via Roma). Parte da Piazza Trento e Trieste e termina a Piazza Dante incrociando importanti piazze e arterie cittadine. Lungo il percorso si trovano edifici storici, palazzi nobiliari, chiese monumentali, teatri, caffè e celebri pasticcerie oltre a negozi e boutique di marchi prestigiosi. Fu costruita per volere del vicerè Pedro de Toledo, che nel 1536 ne affidò il progetto ai regi architetti Giovanni Benincasa e Ferdinando Manlio. L‘idea del vicerè era stata quella di collegare la zona fuori le mura del largo di Mercato (l’attuale Piazza Dante) con il nuovo quartiere in forte espansione di Chiaja, donando così alla città quella che oggi è una delle sua arterie principali. Difficile descrivere i colori, il numero di botteghe e bancarelle che caratterizzano Via San Gregorio Armeno dove si può trovare di tutto, ma proprio di tutto per l’allestimento del presepe: capanne di sughero e di altri materiali delle più varie dimensioni, oggetti azionati da congegni meccanici, pastori di terracotta con abiti in tessuto realizzati su misura. Sono, spesso, delle vere opere d’arte realizzate da famiglie di artigiani che si tramandano la tecnica e i segreti si di generazione in generazione. Non mancano tuttavia, in mezzo al pullulare di statuette, anche altri oggetti, dal più discutibile valore artistico, ma che denotano l’ironia e la fantasia del popolo napoletano ( Maradona, Dio di Napoli, a ricordo degli anni d’oro della squadra cittadina, o l’allora giudice Antonio di Pietro protagonista di Tangentopoli). Via Caracciolo è una parte del lungomare di Napoli, quello che si estende da Mergellina fino a Santa Lucia, ma per i Napoletani è il Lungomare oppure A’ Caracciolo, meta obbligata della passeggiata domenicale, prima del grande pranzo con la famiglia. Il nome della strada celebra l’ammiraglio napoletano Francesco Caracciolo, sostenitore della rivoluzione del 1799 venne giustiziato nello stesso anno durante la repressione che seguì la restaurazione borbonica. La passeggiata al lungomare è un rito ripetuto spesso da tutti i napoletani e consigliato ai numerosi turisti. Ma è la domenica mattina, quando il percorso è accessibile solamente ai pedoni, che si possono ammirare indisturbati le bellezze del Golfo, prendendo un aperitivo all’ombra delle palme negli chalet della Villa Comunale. Via Chiaia elegante via cittadina, piena di negozi e boutique, ma anche di interessanti scorci ed edifici di interesse storico e artistico. Lungo la strada si trova il caffè Gambrinus e l’Antica Pizzeria Brandi quella della Pizza Margherita. All’interno del locale si può leggere la lettera di ringraziamento inviata, nel 1889, dalla regina d’Italia Margherita di Savoia al pizzaiolo Raffaele Esposito per attestargli la propria stima. Proseguendo si incontra il Palazzo Cellammare costruito nel XVI secolo e assalito nel Seicento dal popolo durante la rivolta di Masaniello. A piazza Santa Caterina la via Chiaia termina, ma la passeggiata può continuare nell’elegante Via dei Mille, oppure alla riviera di Chiaia dopo aver attraversatola bella Piazza dei Martiri. Senza dubbio la Piazza più nota di Napoli è Piazza Plebiscito. E’, oggi, la più grande e la più rappresentativa nonostante fino ai primi anni Novanta fosse ridotta a un grande parcheggio mentre l’area antistante a Palazzo Reale era una strada a più corsie. Il nome della piazza si deve al Plebiscito con cui il 21 ottobre 1860 l’Italia Meridionale, allora Regno delle due Sicilie, si univa al Piemonte dei Savoia. La Piazza si sviluppa all’interno di quattro importanti costruzioni: la chiesa di San Francesco di Paola, il Palazzo Reale, il Palazzo Salerno ed il Palazzo della Foresteria. Al centro della piazza sono collocate due statue equestri di Antonio Canova, raffiguranti Ferdinando I e Carlo III di Borbone. Piazza del Plebiscito ospita le manifestazioni più importanti della città, come la celebrazione del Capodanno, la nuova festa di Piedigrotta, concorsi ippici internazionali, concerti, manifestazioni politiche e i festeggiamenti per i successi sportivi della squadra di calcio del Napoli. Se Piazza Plebiscito è certamente la piazza più rappresentativa di Napoli, Piazza del Gesù Nuovo è invece una delle più suggestive e caratteristiche del centro storico (è attraversata da Spaccanapoli) e di tutta la città. La piazza prende il nome dalla cinquecentesca Chiesa del Gesù Nuovo, così detta per distinguerla da un’altra chiesa del Gesù già esistente, (che fu poi ribattezzata naturalmente Chiesa del Gesù Vecchio). La chiesa è uno dei migliori esempi di barocco napoletano e colpisce soprattutto per la suggestiva facciata in bugnato con tre grossi portali, uno per ogni navata interna. Particolari di tale facciata furono riprodotti sul lato posteriore delle banconote da diecimila lire degli anni Settanta ed Ottanta. Sul lato opposto alla facciata della chiesa del Gesù, imboccando già via Benedetto Croce, troviamo la facciata gotica della chiesa di S. Chiara e più avanti il campanile. Altro elemento di spicco della piazza è l’obelisco dell’Immacolata, a struttura piramidale, alto ben 40 metri e costruito nel 1747 con i proventi di una raccolta popolare promossa dal predicatore Francesco Pepe.

 
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