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Post n°257 pubblicato il 10 Dicembre 2010 da blue.chips
Abbiamo ricomposto l’albero di Natale. Io, piccola H e la fedele Katija. Mister W è rimasto senza parole, non per ciò che avrebbe dovuto capire, ma solo per quel perduto senso d’immaginazione e di pudore. Molta gente, insensatamente parla, affinché si creda che è male credere alle cose che mostrano un senso all’anima che cerca un riflesso della propria umanità. E così che le cose semplici finiscono col non piacere, se non a parole come in un’ardita finzione, come accade solo per le cose appena possibili, per le gioie spicciole e fasulle ancorate al tempo e al destino. Resta un senso amaro quando riscopri ogni volta di amare le cose semplici, arrivate come un imprevisto bagliore d’occhi, perché s’inciampa sempre nelle complicazioni inutili, nei segnali di arroganze dell’io, come schegge che tagliano l’onda, ferendola. Eppure non è raro che ogni solarità ha origine da una notte profonda, e si lascia alle spalle un buio in cui non vuole tornare. Il grido rimane sempre muto, il fondo delle cose risale annaspando in superficie, spezzettato in tantissimi e microscopici pezzettini, tanto che il pensiero non riesce ad attraversarlo, frantumato da perdite che non hanno alcuna possibilità di ricomporre il lutto. Ora, piccola H dorme. Lei ha salutato il suo albero di Natale, con la gioia negli occhi. Quando viene la notte, Senti. Una stella Così è stato a lungo anche il mio giardino. Ora non più. Piccola H, ogni giorno, raccoglie una scheggia con le sue piccole e tenere mani; e il suo passo ripiana le zolle che il ghiaccio solleva.
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