Blue river

Camillo Sbarbaro


Fosse vero che alla morte si giunge vivi! Si illude ancora chi dicendolo — e consegnandosi lo dice —almeno lì si crede in scampo.Ci usiamo per strada. Tutti i giorni si muore. Già all’uomo il tumulto della gioventù appare ciò che allo spettatore, a scena spenta, la sua commozione. E presto, dinanzi allo stesso tumulto che in altri rinnova l’età, gli nasce il sorriso che è già del distacco.Da allora la vita è un rumore che ogni anno più fioco gli giunge, quindi un ronzio di conchiglia che dal mare lo illude.Finché della vita gli resta la notizia.Intorno gli si restringe il mondo che non bastava. Compendiato in oggetti, ridotto a misura di passi, ancor grande glielo mostra la vista che per misericordia gli scema: troppo poco non gli appaia di colpo quello che presto gli avanza. Assediato dall’ombra, raggiunto dal freddo, per sentirsi ancora dei vivi, agli usi al linguaggio superstiti il vecchio si afferra. Sul suono che accoglie l’orecchio, il capo d’assenso tentenna; ma lui più non sa.Volto al sole, l’ultimo amico, piega in ascolto del fiato; guardandosi i polsi dove il sangue giunge che una volta li urtava; pauroso si interrompa con la faticosa gugliata il filo che ancora lo trattiene a riva.Ha gli occhi ormai color d’aria, finestre che dànno nel vuoto. Ed è in essi che scampa talora un ultimo sprazzo: esterno: bagliore di vetri al tramonto. É il guizzo del lume che lappola e pare un ammicco sinistro al mondo che arretra. Da chetarsi infine non resta che il succio dei labbri; rimasto a parodiare su una cannuccia il primo atto dell’esistenza.Ma che fu l’urto al cuore che mi diede il canto destandomi? Nel mondo non ancora ricomposto un attimo la voce esistette sola; e a lei trasalii di ricordo come venisse a rinfacciarmi una parola data, un patto non tenuto; e non raccapezzavo quale. Così sull’antico tatuaggio stupisce l’uomo cui non evoca più nessun volto il nome stato scritto per sempre.Appelli alla memoria, importuni, di oggetti meno labili di lei, superstiti a giorni che credemmo eterni e a noi fatti estranei come all’albero la foglia caduta!Corta com’è, la vita dura da non parere talvolta che tutta ci appartenga; ci muta da non lasciarci riconoscere in qualche immagine che di noi si tramanda la fuga di specchi degli anni.