Libere Riflessioni

TRA DISQUISIZIONI TERMINOLOGICHE E POLITICHE D’INTEGRAZIONE


Qualche tempo addietro è stato affrontato il problema lessicale del termine "extracomunitari", ad litteram cittadini non afferenti ad uno degli Stati membri della Comunità Europea; qualcuno ha fatto notare che tale espressione era discriminatoria, in quanto usata in senso dispregiativo e xenofobo; è stato quindi proposto di usare il termine "immigrati", ma poi qualcun altro ha fatto notare che siffatta locuzione poteva essere considerata sinonimo di "terroni". Oggi vengono più comunemente indicati come "cittadini stranieri", ma temo che questa definizione sia del tutto transitoria, in attesa che sociologi e linguisti trovino una espressione più consona. Nel frattempo i "terroni" vengono al massimo chiamati "terronici" oppure meridionali o ancora "cittadini italiani di serie B" (in attesa dei play-off).Ora, invece, è la volta dei "nomadi". Anche questo termine è relativamente recente; molti di voi probabilmente ricorderanno che qualche anno addietro erano generalmente definiti "zingari" o, nella migliore delle ipotesi, "gitani"; poi, sempre nell'ottica del politically correct, è stato suggerito di definirli nomadi, con chiaro riferimento alla loro tradizionale propensione al nomadismo. Per portarsi avanti col lavoro, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha deciso di abolire nelle comunicazioni istituzionali e negli atti amministrativi, il termine "nomadi". Il primo cittadino della Capitale ha infatti specificato, in una sua circolare, che <<...in luogo del riferimento al termine "nomadi" sia più correttamente utilizzato quello di "Rom, Sinti e Caminanti". Credo che uno dei fattori centrali per superare le discriminazioni sia quello culturale affinché l'approccio metodologico di tipo emergenziale possa essere abbandonato a favore di politiche capaci di perseguire l'obiettivo dell'integrazione. In questo processo anche la proprietà terminologica utilizzata può essere, ad un tempo, indice e strumento culturale per esprimere lo spessore di conoscenza e consapevolezza degli ambiti su cui si è chiamati ad intervenire>>.A prescindere dal politichese burocratizzato con cui il sindaco Marino esprime il suo desiderio di superare, al contempo, la discriminazione dei Rom e il problema della loro integrazione sociale, sorgono spontanee due domande.1- E' realmente convinto, il signor sindaco, che un cambio terminologico possa concretamente convincere Rom e/o Sinti e/o Caminanti, ad evitare di trasformare i loro accampamenti in discariche a cielo aperto, con conseguenti rischi per la salute pubblica?2- E' assolutamente certo, il signor sindaco, che grazie alla nuova terminologia possa essere superato il problema delle baraccopoli più o meno abusive, dove ormai neppure i continui sopralluoghi delle forze dell'ordine sembrano più sufficienti a fronteggiare situazioni di criminalità diffusa?Forse è il caso che qualcuno faccia presente, al signor sindaco Marino, che non è certo con questo "approccio culturale di tipo terminologico" che si affrontano e si risolvono "situazioni emergenziali" assolutamente critiche, generate dalla deliberata volontà di Rom e/o Sinti e/o Caminanti di rifiutare qualunque forma di "politica di integrazione".Perché non basta un po' di "peripatetica tolleranza mascherata da buonismo del piffero" per ottenere l'integrazione di chi rigetta, per cultura scritta nel proprio DNA, le comuni regole del vivere civile adottate nel Paese che li ospita.
 (BnD)