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Narciso&Boccadoro

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Coincidenze

Post n°6 pubblicato il 16 Gennaio 2007 da Narciz

Come appaiono strane le circostanze: apro a caso un libro di Hesse e ci trovo il racconto che segue, scoprendo strane trame che calzano perfettamente sul mio umore. Un po’ come quello che capitava a Strindberg nel suo ossessionato “Inferno”.

 

Tempo piovoso

 Vuole piovere, sul lago incombe grigia ed opprimente un’aria fiacca. Vado sulla riva, in prossimità della mia locanda.

Ci sono giornate piovose che sono rinfrescanti e gaie. Quella di oggi non è così. L’umidità cala e risale ininterrottamente nell’aria densa, le nuvole si abbassano ed altre sono subito là. Indecisione e malumore dominano nel cielo.

Mi ero figurato questa serata molto più bella, cena e alloggio nell’osteria dei pescatori, camminata sulla spiaggia, bagno nel lago, forse una nuotata al chiaro di luna.

Al posto di tutto questo un cielo diffidente e tetro, nervoso e maldisposto lascia cadere i suoi capricciosi scrosci di pioggia ed io mi trascino non meno nervoso e maldisposto attraverso il mutato paesaggio. Forse ieri notte ho bevuto troppo vino, o forse troppo poco, oppure ho sognato cose angosciose. Sa Dio che cos’è. Lo stato d’animo è pessimo, l’aria è estenuata è estenuata e molesta, i miei pensieri sono cupi, il mondo è privo di splendore.

Questa sera mi farò arrostire dei pesci e vi berrò molto vino rosso del luogo. Ridaremo un po’ di splendore al mondo e troveremo la vita più sopportabile. Accendiamo il fuoco del camino nell’osteria in modo da non vedere e non sentire questa pioggia accidiosa ed esausta. Io fumo i buoni lunghi sigari Brissago e tengo il bicchiere del vino davanti al fuoco, così che sfavilli fiammeo. Faremo così. La serata trascorrerà, io andrò a dormire, domani tutto sarà diverso.

Gocce di pioggia tambureggiano nell’acqua bassa della riva, un vento freddo e umido dissoda gli alberi bagnati, ed mandano bagliori plumbei, come pesci morti. Il diavolo ha sputato nella minestra. Niente è al proprio posto, niente risuona. Niente rallegra e riscalda. Tutto è desolato, triste, sporco. Tutte le corde sono stonate. Tutti i colori sfalsati.

Io so perché è così. Non si tratta del vino che ho bevuto ieri, e neppure si tratta del tempo piovoso. Diavoli sono venuti ed hanno reso stridente in me ogni  corda. La paura è tornata, paura da sogni infantili, da favole, da destini di scolaretti. La paura, l’essere circondato dall’irrevocabile, la malinconia, il disgusto. Che sapore insipido ha il mondo! Come è terribile che domani ci si debba di nuovo alzare, di nuovo mangiare, di nuovo vivere! Perché mai si vive? Perché si è così stupidamente bonari? Perché non si giace più a lungo nel lago?

A ciò non vi è rimedio. Non puoi essere vagabondo e artista e contemporaneamente  anche borghese e uomo sano e decoroso. Ti vuoi ubriacare, allora tienti anche il mal di testa! Se dici sì alla luce del sole e alle fantasie leggiadre, devi dire sì anche alla sporcizia e al disgusto. Tutto questo è in te, oro e fango, bramosia e pena, riso infantile e paura della morte. Dì a tutto sì, non sottrarti a niente, non tentare di eludere niente. Non sei un borghese, non sei neanche un Greco, tu non sei armonioso e signore di te stesso, sei un uccello nella tempesta. Lascia che la tempesta infuri! Lasciati portare! Quanto hai mentito! Migliaia di volte, anche nelle tue poesie e nei tuoi libri, hai giocato a fare il saggio, l’armonioso, il felice, l’illuminato. Così hanno recito la parte gli eroi in guerra, al momento dell’attacco, mentre le viscere sussultavano. Signore Iddio, che povera scimmia, che spadaccino alla specchio è l’uomo – specialmente l’artista – specialmente il poeta – specialmente io!

Mi farò arrostire dei pesci e berrò il vino nostrano da spessi bicchieri, per di più fumerò lunghi sigari, e sputerò nel camino, penserò a mia madre e cercherò di spremere una goccia di dolcezza dalla mia tristezza angosciosa. Poi giacerò nel cattivo letto accostato alla parete sottile, udrò vento e pioggia, combatterò con i battiti del cuore, desidererò la morte, aborrirò la morte, invocherò Dio. Sino a che tutto non sia passato, sino a che non mi culli qualcosa come sonno e conforto. Era così quando avevo vent’anni, è così oggi, sarà così alla fine. Sempre tornerò a pagare con giorni simili la mia bella, diletta vita. Sempre torneranno questi giorni e queste notti, la paura, il disgusto, la disperazione. E comunque io vivrò e continuerò ad amare la vita. Come imprendono misere e artefatte le nuvole sui monti! Come si rifrange falsa e stridula la luce insulsa sul lago! Come è sciocco e sconsolato tutto ciò che mi viene alla mente!

 
 
 
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