VITE A PERDERE

BOLOGNA, 2 AGOSTO, 1980:


... ... ...- Arriverà mai il treno delle 10 e trenta?- Siamo stanchi di aspettare.- Possibile che tutti gli orologi della stazione segnino sempre la stessa ora?- Le 10 e 25 minuti…-Sembra un’eternità che ce ne stiamo in questa sala d’attesa della stazione e invece non è passato nemmeno un minuto…- Siamo stanchi di aspettare… mi sembra di essere invecchiata di una trentina d’anni…- Mamma, ho caldo, troppo caldo… Quando arriva il treno per il mare?... Ho sete, ho caldo…- Hai ragione, piccola mia… Ma vedrai che il mare non è lontano…- Non ce la fanno più… i bambini vogliono uscir fuori da questa sala d’attesa… L’attesa non finisce mai. Le lancette dell’orologio sono ferme sempre su quell’ora. E sembra di essere immersi in una spessa nube di polvere rovente.- La radio è muta. Non possiamo più ascoltare nemmeno la musica…- E’ come se qualcuno avesse spento l’audio di tutta la stazione: prima un rumore sordo, poi questo silenzio che soffoca e toglie anche il respiro…- Ma siamo ancora dentro una stazione? Dentro questo vuoto di suoni qui non si vede altro che polvere e nessun treno, nessun binario…- Mamma, ho troppa sete… Dov’è il mare? Dove mi hai portato?- Ora i bambini piangono e nessuno riesce a consolarli… Perché non si riesce a uscir fuori da questa stazione… ci hanno chiuso dentro? Ma chi e perché…- Dentro… fuori… Fuori da dove? Sembra che fuori da qui non ci sia nient’altro che questa sala d’attesa…- Il mare!... Lo sentite?- Già. Il mare sta venendo da noi… Ora i bambini hanno smesso di piangere…- Mamma… avevi ragione! Non dobbiamo nemmeno prendere il treno. Il mare è proprio qui vicino.- Guardate tutta quella folla di gente che viene verso di noi…- Sembra che venga dal mare…- Sono loro che portano il mare nei loro vestiti zuppi d’acqua, fra i capelli sciolti delle donne e negli occhi di tutti quei bambini.- E il rumore del mare è la loro voce che chiede e ci interroga…- E’ questo l’approdo del lungo viaggio di mare?... I nostri bambini hanno freddo, il mare di notte raggela il sangue nelle vene e le profondità marine sono come la nebbia che impedisce la vista dell’isola-frontiera…- Siamo tanti, troppi… nessun treno potrà accoglierci tutti, quando la lancetta dell’orologio riprenderà a girare…- Bisogna ancora partire? Noi pensavamo di essere arrivati… e invece… eppure abbiamo navigato a lungo…- Sentite? I bambini piangono e hanno paura…- Non sono i nostri figli…- E nemmeno i nostri…- Un‘altra folla che arriva… Sono i bambini di questo popolo che ora piangono perché non riescono a trovare la loro casa, la loro famiglia, la loro stessa vita di sempre…- Anche i loro vestiti sono laceri e imbiancati dalla polvere rovente come i nostri abiti e anche i loro corpi…-Questa polvere dannata penetra in ogni piega della pelle, negli occhi che più non vedono…- Indicateci da che parte andare, per favore. I nostri bambini hanno fame e sete… Ma noi non sappiamo più dove andare per trovare le nostre case, la nostra terra, la nostra Palestina…- Ascoltate! Qualcosa si sta muovendo!- Sì. La lancetta dell’orologio della stazione ha ripreso a segnare i secondi!- E il fischio del treno ora si percepisce in lontananza…- La polvere sta diradando!- Un pallido sole illumina i nostri volti…- Finalmente si parte. Era il treno delle 10 e trenta di quel 2 agosto del 1980 che finalmente entrava in quella invisibile stazione dove migliaia di vittime innocenti attendevano di imbarcarsi alla ricerca di una vita possibile… Era un treno di luce e di respiro cosmico in grado di ospitare tutti amorevolmente senza distinzione di sesso, di razza, d’età o di specie (c’erano infatti tantissimi animali di tutte le specie!)… E quando il treno partì in direzione di un tempo e di un luogo ancora da venire, in quell’ora esatta e in quel giorno le armi tacquero per sempre e il cuore di ogni donna e uomo terrestre conobbe finalmente il segreto della felicità e dell’armonia universale. Un sogno o una fiaba?... Non so.  (Randagio Clandestino)