C’era una volta (spesso e quasi sempre) un Santo Cacciatore. Il Santo Cacciatore amava tanto cacciare e fare buchi sulla carne viva delle creature di dio. Il suo unico grande piacere era sparare a volo su tutto ciò che si muovesse, godeva solo di ciò, godeva solo alla vista dei corpi morenti. Era davvero santo il Santo Cacciatore, perché sparava con amore su tutti gli animali in suprannumero, da dieci in su: lui sapeva contare fino a nove, perciò sparava con amore su ogni numero a due cifre, tutti quei numeri con più cifre che lui chiamava giustamente soprannumerari. Grande era la bontà d’animo del Santo Cacciatore quando impugnava il fucile e premeva il grilletto: tutta la natura gioiva dei suoi spari, gli uccelli cinguettavano sugli alberi e i piccoli cerbiatti di nome bambi diventavano all’istante dei bei cartoni animati per la felicità dei bambini in soprannumero che il Santo Cacciatore faceva fuori cantando inni sacri. Il Santo Cacciatore si chiamava Erode ed era il prediletto di dio. Dio era il Cacciatore creatore del cielo e della terra ed era un dio unico e solo che non accettava altri dii in soprannumero: all’origine erano in cinque, ma il dio unico aprì la caccia il due di settembre e sparò in testa agli altri quattro dii in soprannumero, che caddero giù dall’alto dei cieli versando tanto sangue per la gioia dell’unico buon dio cacciatore. E siccome il buon dio cacciatore se non cacciava moriva di noia, decise un bel giorno di creare gli esseri umani e tutte le creature del cielo e della terra, per avere dei bersagli da colpire. E per divertirsi ancor di più, il dio unico creò un bellissimo sport e lo chiamò Caccia. Le regole di questo sport erano semplicissime: un popolo eletto, fedele a dio, doveva cacciare tutti gli altri popoli, detti infedeli; più infedeli venivano uccisi più il dio unico gioiva ed esultava e gli angeli cantavano gloria a dio nell’alto dei cieli e beati i cacciatori che sparano sui cuccioli di ogni specie... E infatti il Santo Cacciatore era lui solo il popolo eletto, mentre tutti gli altri erano in soprannumero: lui era figlio unico di un dio unico e il suo fucile fu simbolo di riscatto per tutta la natura. Nella sua infinita bontà il Santo Cacciatore visse per tutta una lunga stagione venatoria durata alcuni millenni, durante i quali causò la santa estinzione di intere specie animali e di interi popoli di esseri umani tendenzialmente o di fatto terroristi, quali i crudeli indiani d’America o i bambini palestinesi e di tutto il Medio Oriente, brutti sporchi e cattivi, sterminati con dei simpaticissimi proiettili detti a grappolo che si divertivano un mondo a far saltare in aria gambe braccia e teste di quei terroristi bambini. Negli ultimi tempi il Santo Cacciatore, dopo aver cacciato su tutta la superficie del pianeta, aveva eletto a sua dimora l’isola di Lampedusa, da dove praticava la nobile caccia all’immigrato scampato al naufragio. A bordo di una piccola barchetta o camminando miracolosamente sulla superficie del mare, il Santo Cacciatore sparava con gioia sulle imbarcazioni degli immigrati detti clandestini, fino a sterminarli tutti. Poi si tuffava nelle profondità marine, dove provava la gioia estrema di sparare sugli ultimi cuccioli sopravvissuti di balena o di delfini. Così, quando sulla terra non ci fu più nulla su cui sparare, il Santo Cacciatore capì immediatamente di essere rimasto lui stesso in soprannumero, puntò il suo fucile alla tempia e si fece saltare in aria la nobile materia cerebrale. Tosto la sua anima uscì in volo dal foro sanguinante aperto dal sacro proiettile e ascese cantando nell’alto dei cieli. Qui il dio unico era appostato dietro una candida nube, dove aspettò pazientemente più di dieci secondi (secondi in soprannumero) che l’anima del Santo Cacciatore gli passasse davanti e appena l’ebbe sotto tiro, con un sol colpo della divina doppietta spappolò la preda in soprannumero eccetera eccetera. E da quel giorno tutti quelli che non c’erano più vissero insieme felici e contenti. Morale della favola: la caccia è uno sport antico come il mondo, perciò sparare ai cacciatori non è sportivo e le vittime di tutte le caccie devono sempre essere disarmate a dovere, altrimenti sono da considerarsi pericolosi terroristi nemici della libertà (d’uccidere), della democrazia e dei valori venatorii del Sacro Occidentale Impero!
LA LEGGENDA DEL SANTO CACCIATORE
C’era una volta (spesso e quasi sempre) un Santo Cacciatore. Il Santo Cacciatore amava tanto cacciare e fare buchi sulla carne viva delle creature di dio. Il suo unico grande piacere era sparare a volo su tutto ciò che si muovesse, godeva solo di ciò, godeva solo alla vista dei corpi morenti. Era davvero santo il Santo Cacciatore, perché sparava con amore su tutti gli animali in suprannumero, da dieci in su: lui sapeva contare fino a nove, perciò sparava con amore su ogni numero a due cifre, tutti quei numeri con più cifre che lui chiamava giustamente soprannumerari. Grande era la bontà d’animo del Santo Cacciatore quando impugnava il fucile e premeva il grilletto: tutta la natura gioiva dei suoi spari, gli uccelli cinguettavano sugli alberi e i piccoli cerbiatti di nome bambi diventavano all’istante dei bei cartoni animati per la felicità dei bambini in soprannumero che il Santo Cacciatore faceva fuori cantando inni sacri. Il Santo Cacciatore si chiamava Erode ed era il prediletto di dio. Dio era il Cacciatore creatore del cielo e della terra ed era un dio unico e solo che non accettava altri dii in soprannumero: all’origine erano in cinque, ma il dio unico aprì la caccia il due di settembre e sparò in testa agli altri quattro dii in soprannumero, che caddero giù dall’alto dei cieli versando tanto sangue per la gioia dell’unico buon dio cacciatore. E siccome il buon dio cacciatore se non cacciava moriva di noia, decise un bel giorno di creare gli esseri umani e tutte le creature del cielo e della terra, per avere dei bersagli da colpire. E per divertirsi ancor di più, il dio unico creò un bellissimo sport e lo chiamò Caccia. Le regole di questo sport erano semplicissime: un popolo eletto, fedele a dio, doveva cacciare tutti gli altri popoli, detti infedeli; più infedeli venivano uccisi più il dio unico gioiva ed esultava e gli angeli cantavano gloria a dio nell’alto dei cieli e beati i cacciatori che sparano sui cuccioli di ogni specie... E infatti il Santo Cacciatore era lui solo il popolo eletto, mentre tutti gli altri erano in soprannumero: lui era figlio unico di un dio unico e il suo fucile fu simbolo di riscatto per tutta la natura. Nella sua infinita bontà il Santo Cacciatore visse per tutta una lunga stagione venatoria durata alcuni millenni, durante i quali causò la santa estinzione di intere specie animali e di interi popoli di esseri umani tendenzialmente o di fatto terroristi, quali i crudeli indiani d’America o i bambini palestinesi e di tutto il Medio Oriente, brutti sporchi e cattivi, sterminati con dei simpaticissimi proiettili detti a grappolo che si divertivano un mondo a far saltare in aria gambe braccia e teste di quei terroristi bambini. Negli ultimi tempi il Santo Cacciatore, dopo aver cacciato su tutta la superficie del pianeta, aveva eletto a sua dimora l’isola di Lampedusa, da dove praticava la nobile caccia all’immigrato scampato al naufragio. A bordo di una piccola barchetta o camminando miracolosamente sulla superficie del mare, il Santo Cacciatore sparava con gioia sulle imbarcazioni degli immigrati detti clandestini, fino a sterminarli tutti. Poi si tuffava nelle profondità marine, dove provava la gioia estrema di sparare sugli ultimi cuccioli sopravvissuti di balena o di delfini. Così, quando sulla terra non ci fu più nulla su cui sparare, il Santo Cacciatore capì immediatamente di essere rimasto lui stesso in soprannumero, puntò il suo fucile alla tempia e si fece saltare in aria la nobile materia cerebrale. Tosto la sua anima uscì in volo dal foro sanguinante aperto dal sacro proiettile e ascese cantando nell’alto dei cieli. Qui il dio unico era appostato dietro una candida nube, dove aspettò pazientemente più di dieci secondi (secondi in soprannumero) che l’anima del Santo Cacciatore gli passasse davanti e appena l’ebbe sotto tiro, con un sol colpo della divina doppietta spappolò la preda in soprannumero eccetera eccetera. E da quel giorno tutti quelli che non c’erano più vissero insieme felici e contenti. Morale della favola: la caccia è uno sport antico come il mondo, perciò sparare ai cacciatori non è sportivo e le vittime di tutte le caccie devono sempre essere disarmate a dovere, altrimenti sono da considerarsi pericolosi terroristi nemici della libertà (d’uccidere), della democrazia e dei valori venatorii del Sacro Occidentale Impero!