VITE A PERDERE

IL SOGNO DI RUINI (Parte Prima)


Era una sera d’estate, non poteva essere altrimenti, almeno a giudicare dal caldo intenso e dal sudore che colava dalla fronte come se la pelle si sciogliesse all’avvampare di quelle lingue di fuoco... ma il fuoco era nell’aria, non erano solamente i roghi accesi al centro della piazza, quasi attaccati l’uno all’altro in un unico grande falò purificatore, ad arroventare l’atmosfera, a renderla simile a metallo fuso. Di certo era d’estate. A pensarci bene, era l’esatta reminiscenza di un evento già vissuto, ovvero una citazione letteraria dentro il suo sogno: quella scena, tale e quale l’aveva immaginata in quella lontana lettura dei Fratelli Karamazov, il Grande Inquisitore... Con la sua abituale lucidità anche nel sogno Ruini era consapevole del suo sognare, ma ciò non sminuiva affatto il godimento di un’affermazione di principio divenuta evento concreto e vissuto. La sua volontà di dominio aveva scavato dentro le sue memorie letterarie per offrirgli in una perfetta simulazione virtuale la realizzazione di un sogno segreto, sempre represso sotto le righe di ogni suo discorso ufficiale ai vescovi e alla “sua” nazione cattolica. E ora quel sogno gli si incarnava nel sonno come la divinità nel corpo di Cristo, fuori dal tempo e dalla storia, ma in un tempo tutto presente e compiuto, il tempo del suo sogno. Secondo quella reminiscenza letteraria, lui era nel sogno il Grande Inquisitore; ma non era un vecchio ormai prossimo alla fine, bensì un muscoloso guerriero, un vescovo-guerriero, di quelli che nel medioevo smettevano l’abito talare per indossare splendide corazze ed elmi piumati e brandivano la spada con muscoli d’acciaio: almeno così si vedeva lui stesso nel sogno. Sudava, sentiva gravare sul suo corpo il peso immane della corazza, pativa il metallo fuso del calore estivo e dei falò accesi e pur tuttavia godeva come mai in vita sua aveva goduto... quella percezione perfetta di dominio assoluto, l’ebbrezza del potere. L’odore stesso della carne bruciata eccitava i suoi sensi fino a farlo sentire un dio in terra, l’arbitro assoluto dei destini umani e... I roghi, finalmente i roghi tornavano a illuminare i cieli d’Italia! e il potere temporale della Chiesa si estendeva su tutto il vecchio continente e nel cuore stesso del grande impero americano, e ancora oltre, oltre gli stessi confini dell’universo, fino a sottomettere lo stesso dio e i santi e il paradiso, perché dio era solo un prestanome da far fuori appena non ce ne fosse stato più bisogno, un povero cristo la cui funzione era solo quella di legittimare il potere dei papi e dei ruini e della chiesa cattolica trionfante. Sì, lui sapeva nel sogno che quel Cristo dei vangeli era nuovamente lì, tra la folla accalcata lungo il perimetro della piazza, e che uno di quei roghi, l’unico non ancora acceso, era destinato alla eliminazione definitiva del figlio di dio, secondo sentenza irrevocabile del Grande Inquisitore. Ruini ammirava beato lo spettacolo di quei magnifici falò in cui i corpi degli eretici si consumavano come ceri accesi offerti in preghiera alla Santa Madre Chiesa. Volgeva lo sguardo attento a cogliere ogni lampo di terrore apparso sul volto degli altri condannati, ammassati in catene sul carro della morte, i loro corpi seminudi e già deformi per via delle torture, quei maledetti froci, lesbiche e transessuali, e quelle megere femministe, anarchici, comunisti, no-global, immigrati clandestini, musulmani, laici e cattolici dissidenti... Finalmente i roghi erano stati riaccesi per tutti costoro. E soprattutto per quell’uomo magro che non mostrava paura, che sembrava attendere quasi con indifferenza il momento in cui sarebbe stato costretto a salire sul rogo... Lui, l’unico vero nemico del Grande Inquisitore Cardinal Ruini. (continua)