VITE A PERDERE

Epistola di Cristo agli italiani


Io, Gesù di Nazaret, condannato a morte mediante crocifissione per reati politico-religiosi, apprendo con stupore della sentenza della Corte di Strasburgo che ordina di togliere dalle aule scolastiche italiane il crocefisso in quanto simbolo religioso del cristianesimo, ovvero della religione da me istituita. Preso atto di tale sentenza e delle sue motivazioni, sento di dovermi unire al coro di proteste sollevate dalla quasi totalità delle forze politiche italiane... ma per motivi diametralmente opposti. Non protesto di certo per la rimozione del crocefisso dalle aule scolastiche, rimozione che io per primo ho profondamente caldeggiato; ma contesto le motivazioni espresse dalla Corte, in quanto confermerebbero un presunto “valore religioso” che quel pezzo di legno non ha e non potrebbe avere in un paese così profondamente “scristianizzato” da un ventennio di berlusconismo edonistico e consumistico oltre ogni limite. Io non ho nulla da spartire con quel “simbolo di niente” appeso alle pareti, il cui valore simbolico è prossimo allo zero. Anzi, al contrario, quel pezzo di legno che dovrebbe richiamare alla mente e al cuore dei presunti cristiani (cosiddetti cattolici) il mio messaggio di pace e d’uguaglianza tra gli uomini, storicamente ha rappresentato uno strumento di dominio e di violenza nonché stampella di ogni forma di potere e di sfruttamento sui più deboli e sulle masse popolari. Sotto il segno della croce sono stati perpetrati i peggiori massacri e delitti della storia dell’umanità, grazie all’uso che ne hanno fatto papi e vescovi autoproclamatisi miei rappresentanti sulla terra all’interno di una istituzione che io non riconosco. Della mia sofferenza, della mia tortura (come di quella di tutti i poveri cristi che mi hanno preceduto e seguito nel corso dei secoli) – di quel legno, strumento di tortura e di morte escogitato dalla crudeltà di un impero dedito al dominio universale, i miei presunti seguaci hanno valorizzato quello che fu il significato originario, simbolo di morte e di umiliazione per chiunque osi ribellarsi al potere costituito. E oggi, in quest’Italia cattolica apostolica romana, il crocefisso appeso alle pareti di luoghi istituzionali mantiene questo suo valore storico di dominio e di esclusione, ma ancor più banalizzato in puro e semplice oggetto di arredo attraverso cui affermare un’appartenenza identitaria in cui la fede, formalizzata in religione istituzionale, si degrada a puro conformismo e accettazione colpevole dell’esistente. Ora tutti reclamano che il crocefisso non venga tolto dai muri delle aule scolastiche; ma a chi interessa davvero il significato intimo del mio messaggio evangelico in questa Italia di bacchettoni arrivisti, individualisti dediti unicamente al profitto e al successo mediatico? Ed io – qualcuno saprebbe dirmi che c’entro io con questa Italia in cui la maggioranza degli individui si identifica con un mascalzone che ha degradato un popolo in una accozzaglia di mercanti di corpi e di idee, di teppisti nemici dei poveri e dei bisognosi d’aiuto, di seminatori d’odio nei confronti dei diversi d’ogni genere, di gretti egoisti indifferenti al dolore e al naufragio dei migranti e dei richiedenti asilo che fuggono dalle guerre e dalla fame provocate dal benessere criminale dei ricchi? Qualcuno non ipocrita (se almeno qualcuno c’è non ipocrita tra coloro che vogliono vedermi appeso al muro mentre la corruzione dilaga dentro e fuori i luoghi istituzionali) – qualcuno saprebbe indicarmi una sola ragione “cristiana” per cui io debba essere condannato a rappresentare la banalizzazione di me stesso a semplice arredo identitario e, quindi, di esclusione? Accettate la sentenza della Corte europea, togliete dalle pareti quei crocefissi che non parlano le mie parole, quelle evangeliche di solidarietà e uguaglianza, le parole “eversive” del discorso della montagna, la fame e sete di giustizia, gli ultimi che saranno i primi, l’affermazione della pace con la pace e non con le armi, l’amore e la solidarietà per il prossimo... Il mio messaggio, la fede vera nella liberazione dell’umanità, la mia buona novella non possono stare appese al muro; possono vivere solamente nei cuori e nelle coscienze di coloro che si professano cristiani. Per gli altri, per quella maggioranza di italiani che oggi reclama a gran voce la mia tortura sulle pareti degli edifici, io non sono il Crocifisso, io sono l’Escluso, il Clandestino lasciato annegare mentre chiede soccorso, il Diverso che viene sbattuto in galera, torturato e lasciato morire nell’indifferenza di tutti solo perché voleva un mondo migliore. Toglietemi dalle pareti: io non vi conosco e non ho nulla da spartire con la vostra società di sepolcri imbiancati. Gesù di Nazaret, detto il Cristo.