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Possiamo incidere sulle decisioni delle aziende: il caso Shell

Post n°104 pubblicato il 20 Febbraio 2006 da Boycott
 
Foto di Boycott

I primi di giugno del 1995 la Shell annuncia di volersi sbarazzare della piattaforma petrolifera Brent Spar; ormai fuori uso, affondandola nelle acque profonde del Mar del Nord  . Shell aggiunge che questa scelta ha l’autorizzazione del governo britannico, ma Greenpeace, sostenuta dal governo tedesco, danese e svedese non è d’accordo. La piattaforma, che pesa 1450 tonnellate, nasconde al suo interno sostanze altamente tossiche, in parte radioattive, che danneggerebbero gravemente la flora e la fauna del Mar del Nord. Per questo chiedono di non procedere. Ma alle ragioni di carattere ambientale Shell contrappone argomentazioni di carattere economico: lo smantellamento a terra costerebbe 46 milioni di sterline. L’affondamento solo 12.

A seguito delle dichiarazioni della Shell si accendono ovunque accesi dibattiti e la notizia è diffusa con risalto da tutti i giornali e da tutte le televisioni europee. Il disaccordo dell’opinione pubblica è evidente, ma Shell non sente ragioni e affronta il caso con la stessa arroganza con cui tratta chi l’aveva richiamata al rispetto dei popoli Ogoni in Nigeria.

Domenica 11 giugno Shell comincia a traghettare la piattaforma verso il punto stabilito per l’affondamento, ma anche Greenpeace entra in azione e, mentre un battello segue la piattaforma per tenerla sott’occhio, Greenpeace Germania invita gli automobilisti a boicottare le stazioni di benzina della Shell . La risposta dei tedeschi è immediata e il martedì 13 giugno per la stessa ammissione di Thomas Mueller , portavoce di Shell Germania , ammette che le vendite delle pompe di benzina Shell sono calate. Ciò nonostante il 16 giugno Shell fa sapere di voler insistere nel suo proposito. La fa eco il governo britannico annunciando di continuare a sostenere la scelta, nonostante l’intervento contrario del capo del governo tedesco Helmut Kohl.

Nel frattempo Greenpeace raggiunge la piattaforma con un elicottero e, nonostante i getti di acqua spruzzati dagli idranti della nave di scorta, riesce a calare due uomini che subito si incatenano alla piattaforma. Il tutto avviene di fronte alle telecamere di tutte le televisioni del mondo. Il giorno dopo, sabato 17 giugno, in Germania, alcuni vandali gettano delle bombe incendiarie contro due pompe della Shell . In molte altre compaiono delle scritte sui muri “ Non affondate la piattaforma”.

Un’inchiesta demoscopia rivela che due tedeschi su tre aderiscono al boicottaggio o chiedono a Shell di indennizzare i gestori delle pompe di benzina che stanno subendo le perdite. La Shell ammette di accusare il colpo e Peter Duncan, responsabile commerciale di Shell Germania, dichiara a “Der Spiegel” che in molte stazioni di benzina le vendite sono calate del 20% e in alcune addirittura del 50%.

La Shell inglese, dal canto suo, invita i clienti a contattarla per fornire ampie ed esaurienti spiegazioni sulla situazione. Lo stesso 17 giugno scende in campo anche Anna Lindh, ministro dell’ambiente del governo svedese, che in una lettera a Shell definisce l’affondamento “una scelta irresponsabile e inaccettabile. Il mare non può essere usato come pattumiera.”

Il 19 giugno il boicottaggio attecchisce anche in Inghilterra, in Olanda, in Svezia, in Danimarca, nel Lussemburgo e in Belgio . In un’intervista televisiva il ministro dell’ambiente svedese dichiara: “Come ministro non posso dire alla gente di boicottare la Shell , ma se avessi un’auto non farei il pieno a una delle sue pompe e credo che non lo farebbero neanche i miei collaboratori”. Poi riafferma: “In tutta questa storia la verità è che costa meno affondare la piattaforma in mare, ma il mare appartiene a tutti e non può essere trattato alla stregua di una discarica”

Anche Svend Auken, ministro dell’ ambiente danese, prende posizione e lasciando da parte il galateo politico, si rivolge direttamente agli automobilisti e li invita boicottare  Shell finché non avrà cambiato opinione. Il 20 giugno insorgono anche gli ambientalisti spagnoli e l’associazione ADENAT invita gli spagnoli a smettere si comprare la benzina dalla Shell e a mandare alla società lettere di protesta.

Lo stesso giorno Shell inglese annuncia di rinunciare all’idea dell’affondamento e di voler richiedere alle autorità britanniche l’autorizzazione a smantellare la piattaforma a terra .

E’ vittoria, vittoria piena con tanto di scuse da parte della Shell , che il 27 giugno fa pubblicare su vari quotidiani tedeschi un annuncio che dice : “Cambieremo. Abbiamo imparato che per certe decisioni, le vostre scelte di consumo valgono quanto l’opinione degli esperti o l’approvazione delle autorità”.

 
 
 
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Data di creazione: 14/11/2005
 

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