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I finti giornalisti: Bruno Vespa


Bruno Vespa, nato a L'Aquila il 27 maggio 1944, è il maestro di quel falso giornalismo che si definisce equi-distante, ma come dice Gian Antonio Stella, in realtà è equi-vicino. Un giornalista dovrebbe tirar fuori gli altarini nascosti dei politici, invece Vespa addirittura ammette di essere amico di tutti, da Bertinotti a Bossi. Infatti il suo modo di far disinformazione va bene a tutti: ai tempi del pentapartito confessava spudoratamente che il suo "editore di riferimento" fosse la DC e non i telespettatori; con l'Ulivo venne promosso a condurre quattro serate invece di una; con Berlusconi diviene addirittura la terza camera per i politici. Nel 1962 divenne cronista radiofonico alla RAI e nel 1968, conseguita la laurea in Giurisprudenza, conduttore del "Telegiornale" RAI (in seguito TG1). Si può definire un giornalista "scomodo alla vera informazione". Infatti: nel 1969 annunciò alla Nazione: "il colpevole della strage di Piazza Fontana è Pietro Valpreda", poi scagionato totalmente; spaccia Andreotti come "assolto" quando la sentenza della Corte di appello di Palermo dice che il reato di associazione per delinquere con Cosa Nostra fino al 1980 è stato commesso ma l'imputato si salva per prescrizione. La vera specialità di Vespa è l'escogitare"armi di distrazione di massa": cucina in diretta un risotto con D'Alema, scambi a tennis tra Panatta e Giuliano Amato, firma al posto nostro il contratto con gli italiani, fa cantare Bossi con Mino Reitano, oppure Berlusconi con Apicella, oppure esperto i seni come mostra il video. Sui fatti sgraditi preferisce altro: quando Previti viene condannato, lui fa una puntata sul Viagra; quando viene condannato Dell'Utri per estorsione parla di calcio-scommesse; quando viene condannato l'ex ministro Mannino per mafia lui rispolvera il plastico di Cogne; dopo le elezioni supplettive dove vinse 7 a 0 il centro-sinistra parla dell'Isola dei famosi; di nuovo Dell'Utri condannato ma stavolta per mafia Vespa improvvisa un dibattito sul taglio delle tasse; bocciatura di Ciampi sulla riforma dell'ordinamento giudiziario ma si parla del film di Boldi e De Sica. Forse questo si spiega perchè Vespa è un uomo pieno di conflitti d'interesse. Ogni anno pubblica un libro grazie alla Mondadori (Berlusconi), insieme alla Eri (RAI), e viene pubblicizzato a pagamento nelle trasmissioni televisive (nel 2004 comparve in 34 programmi). Collabora con Panorama (di proprietà di Berlusconi) dove lavora stranamente anche il fratello, Stefano Vespa, come caposervizio.
È coniugato con il magistrato Augusta Iannini (foto a destra), capo Dipartimento Affari penali al Ministero della Giustizia (posto che fu di Giovanni Falcone), ingaggiata dall'ex ministro Roberto Castelli. Insomma, quando era premier Silvio, la moglie di Vespa era una dipendente di governo. Nel 1993 la Procura di Roma chiese alla Iannini di arrestare Gianni Letta (poi vice-presidente Fininvest), Adriano Galliani e Carlo De Benedetti, ma il primo fu caporedattore al "Tempo" quando ci lavorava il marito Bruno e quindi mandò in prigione solo l'ultimo. Vespa non mette mai paura ai politici, anzi, loro ne mettono a lui. Parlando del processo di Milano in cui è imputato Berlusconi per aver corrotto dei giudici Vespa chiede: "Si sente di escludere che qualcuno della sua cerchia possa aver corrotto uno dei 15 magistrati che sono coinvolti nel processo Sme?" Silvio risponde: "Vuoi che ti metta le mani addosso adesso, o devo aspettarti fuori?". Per tutto quello che combina Vespa in tv e che combinerà noi cittadini gli paghiamo uno stipendio di 2 miliardi e mezzo di lire attraverso il canone.