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“Non si tratta affatto di “fuga” dei posti di lavoro”


Se ieri ho riportato cosa succede nelle "zone franche di produzione" del Sud, oggi focalizzo l'attenzione sul perchè le aziende preferiscono trasferire la produzione e sulle conseguenze nel nostro Nord a questo.                "Quando spiegò che la chiusura degli stabilimenti era la conseguenza diretta della decisione di trasformare la Levi’s in una “società orientata al marketing”, Robert Haas, amministratore delegato, si preoccupò di far presente alla stampa che i posti di lavoro non “venivano spostati altrove”, ma svanivano definitivamente . “Non si tratta affatto di “fuga” dei posti di lavoro”, ha tenuto a precisare Haas dopo la prima tornata di licenziamenti. E da un punto di vista tecnico questa precisazione è indubbiamente corretta. Considerare il caso Levi’s come una semplice “fuga” di posti di lavoro, significherebbe non riuscire a cogliere la trasformazione più profonda, e certamente più dannosa, che questi licenziamenti rappresentano. Nel caso della Levi’s, i 16.310 ex lavoratori sono stati definitivamente depennati dai libri paga per essere poi sostituiti, secondo Ermatinger, dagli “appaltatori che operano in tutto il mondo” . Questi appaltatori svolgeranno la medesima attività dei vecchi stabilimenti Levi’s, ma gli operai che vi lavoreranno non saranno mai più dipendenti dell’azienda […] I licenziamenti sono la manifestazione tangibile di una trasformazione molto più radicale che riguarda non tanto il “dove”, quanto piuttosto il “come” produrre (ricordate il post di ieri?). Diversamente dalle fabbriche che si trasferiscono da un luogo all’altro, questi stabilimenti scompaiono definitivamente e vengono rimpiazzati da qualcosa di totalmente diverso, “ordini” da commissionare a un fornitore" .   All’interno di questo sistema totalmente riprogettato, i lavoratori non sono soggetti di passaggio: anche gli stabilimenti-rondine in cui lavorano sono stati costruiti all’insegna della massima flessibilità, per seguire eventuali incentivi fiscali, adattarsi alla svalutazione monetaria e trarre profitto dalle dittature più rigide […]"...insomma, per trasferirsi dove è più vantaggioso economicamente .             "Per esempio a Pusan, Corea del Sud, conosciuta negli anni Ottanta come la “capitale mondiale delle scarpe da ginnastica”, gli imprenditori coreani gestivano gli stabilimenti della Reebok, L.A. Gear e Nike. Ma quando alla fine degli anni Ottanta, i lavoratori coreani iniziarono a ribellarsi contro i salari da un dollaro al giorno e costituirono dei sindacati per ottenere condizioni migliori, le fabbriche ripresero il volo" . Se volete sapere cosa c'è dietro le aziende di materiale sportivo vedete questo sito.