Buenaonda Journal

INTERVISTA


 Luca Bassanese intervistato da Gianni Della Cioppa per
Capita. Non così spesso come vorremmo, ma per fortuna capita. Si succede ancora, che lo scribacchino di turno, compresso tra scadenze e consegne anticipate, perda la bussola dei tempi giusti, perché all’improvviso, in una situazione insolita scopra un’artista che merita vera attenzione. Lui è Luca Bassanese, e l’occasione per incontrarlo è l’uscita del suo ultimo lavoro, “La società dello spettacolo” (Buenaonda/Venus).Inevitabile un riassunto del tuo percorso artistico. Dove affondano le tue radici artistiche? Ho scoperto poco tempo fa infilati all’interno di un piccolo foro nel muro della mia camera natale, alcuni foglietti con su scritte delle poesie, frasi d’amore e riflessioni esistenziali, portano una data lontana, anni in cui cominciavo a muovere i miei primi passi con la parola e con la poesia, non saprei spiegarti il motivo di tale esigenza se non come qualcosa di necessario che ha sempre legato il mio essere, il mio sentire, al mondo che mi circonda. Per quanto riguarda la musica, le mie radici nascono da quando ho sentito mio padre per la prima volta suonare l’armonica, è da lì che in qualche modo ho iniziato ad imparare un nuovo linguaggio. Poi nel tempo ho divorato qualsiasi cosa facesse parte della parola legata alla musica, dal canto polifonico al jazz, mantenendo sempre stretto il legame assoluto con il mio primo amore artistico, la canzone d’autore, tra tutti Fabrizio De André. Sei in possesso di una voce molto potente e versatile,le varie interpretazioni sono frutto di studio o di istinto? C’è molto istinto in quello che sono e credo da sempre che lo studio sia necessario se si riesce a superare la tecnica per ritornare ad esprimersi con istintività. Per questo ho cercato e cerco di apprendere il più possibile dagli stimoli circostanti, da chi mi sa trasmettere tecnica e metodo con passione. Ritengo di aver incontrato vari maestri nella mia vita e nessuno ha mai cercato di togliere alla mia voce l’istintività. Fondamentale per me è la consapevolezza di ogni singola nota, di ogni respiro che esce dal corpo per arrivare a sentirsi un tutt’uno con l’ambiente che ci circonda. E’ come trasformarsi in albero, foglia o pietra unendosi in qualche modo all’universo, una straordinaria sensazione di libertà. Quanto è importante per te, il parere di un produttore esterno? Nel tempo di chi hai imparato a fidarti? I miei lavori più importanti, “Al mercato”, “La società dello spettacolo”, la pièce di teatro/canzone “L’Italia dimenticata” ho avuto il piacere di condividerli tutti in primis con Stefano Florio. Di lui mi fido perché considera l’arte al di sopra della materialità e riesce sempre a vedere le cose allo stesso tempo con lucidità e passione, cosa che invidio non poco. L'elogio e la critica che ricordi di più e perché? Quando Dario Fo in un momento del tutto informale, tra un piatto di spaghetti ed un bicchiere di vino bianco, ha detto ad un amico seduto dall’altra parte del tavolo riferendosi a me: hai sentito che bella timbrica ha questo ragazzo? Avevo avuto l’onore la sera prima di condividere con lui un momento di partecipazione importante nel quale avevamo cantato assieme “Ho visto un re” e sentire quelle parole uscire dalla sua voce è stato un momento di vera gioia. Le critiche invece non le ricordo perché appena arrivano faccio di tutto per migliorarmi e non doverci più pensare, quindi ben venga la critica purché costruttiva! Come mai un giovane musicista non segue le mode, ma guarda ad un certo melodramma del passato, con spunti teatrali? Confesso che averti ascoltato (e visto) in concerto, mi ha emozionato,è stato come vedere il passato, proiettandosi nel futuro. Ma grazie! Che belle parole, ora citerò con piacere anche te tra gli elogi. Non seguo le mode perché semplicemente non mi appartengono, sento che quello che sto facendo ed il modo in cui lo sto esprimendo siano un tutt’uno con ciò che sono, provo a raccontare ciò che mi circonda e per farlo devo prima raccontare me stesso con la gestualità che mi appartiene, con il canto che da sempre mi accompagna, con la vita che mi porto addosso e che produce mutamenti alla mia anima. Come molti nuovi gruppi, anche tu hai diverse modalità di proporti in concerto, con un'orchestra ampliata o ridotta, da solo con un pianista. Come si riesce a far convivere, a preparare, a rendere sempre appetibile, ogni situazione diversa? Non è facile, ma per questo ammetto di avere un grande supporto dal momento che tutta la mia produzione è sempre a stretto contatto con Stefano Florio. Lui per me è come uno specchio, un continuo momento di verifica, sia per quanto riguarda il mio essere che la modalità di presentarmi nelle varie formule dal vivo, in quest’ultimo caso seguendo con precisione e cura gli arrangiamenti e cercando sempre di creare degli istanti perfetti in base alle diverse e più svariate situazioni, in relazione al mio istinto e alla mia sensibilità. I tuoi testi, mi sembrano pieni di carica umana e potrebbero reggere anche senza musica. Come finiscono nello spartito, cosa ti convince che siano degni di accompagnare una canzone? Pensare che i miei testi possano reggere anche senza musica mi riempie di gioia dal momento che amo la musica popolare, raccontare storie per mantenere la memoria del tempo e dei fatti è il mio scopo principale. La musica è un mezzo importantissimo perché può far giungere la parola dove a volte è quasi impossibile arrivare, specialmente con il contenuto. Quando sento che parola e la musica si sposano è come aver trovato un arco perfetto dal quale scagliare la freccia. Quali pensi possano essere i tuoi obiettivi concreti? E quelli sognati? Il mio obiettivo concreto l’ho già raggiunto alla realizzazione del mio primo album, ora sono al secondo e non posso che essere felice. Quello sognato è di continuare a sentirmi vivo e vero in quello che faccio e in quello che sono. Contatti: www.lucabassanese.it Gianni Della Cioppa