19/10/2012 POTENZA - Precisare o soltanto confermare l’esistenza di «ulteriori profili genetici sulla maglia della povera Elisa Claps e la loro eventuale corrispondenza a quelli di altri protagonisti della tragica vicenda, rimasti però sullo sfondo (Eris Gega, Francesco Urciuoli, Don Mimì Sabia)». E’ una nuova perizia genetica la richiesta più importante della difesa di Danilo Restivo nell’appello indirizzato ai giudici di Salerno contro la condanna a trent’anni per l’omicidio di Elisa Claps, il 12 settembre del 1993. Una perizia del genere potrebbe riaprire le indagini su scenari e ipotesi investigative che secondo l’avvocato Alfredo Bargi sono state accantonate troppo in fretta per inseguire «l’apparente unico obiettivo di accertare la presunta responsabilità dell’imputato, piuttosto che di accertare la verità dei fatti per cui è processo». Innocenza e colpevolezza di Danilo Restivo tornerebbero a giocarsi in laboratorio, dove i due ufficiali del Ris nominati dal gip Attilio Orio, Andrea Berti e Giampietro Lago, durante il secondo incidente probatorio sui reperti prelevati dal sottotetto della chiesa della Trinità avevano isolato il profilo genetico dell’ex ragazzo di Erice. Ma non soltanto il suo. Infatti sulla maglia ritrovata sul corpo semi-mummificato di Elisa ci sarebbero tracce di «centocinquantasei profili tutti diversi». Così scrive la difesa di Restivo, che evidenzia anche l’assoluta inattendibilità dei test che hanno stabilito la sua natura di saliva (secondo l’accusa appartenuta allo stesso Restivo, ndr) sia per l’enorme quantità evidenziata, sia per il rischio di un falso positivo con quella dei ratti che verosimilmente popolano il sottotetto della Trinità. Quanto al dato puro e semplice della presenza del Dna del suo assistito mischiato a quello della ragazza sulla maglia che indossava quand’è stata uccisa, Bargi spiega che potrebbe trattarsi del sangue della vittima e di «cellule della cute lasciate da altri soggetti a seguito di toccamento dell’indumento in tempi diversi, antecedenti ed estranei all’aggressione». Sulla possibilità di una contaminazione della scena del delitto la difesa di Restivo insiste con forza citando più volte le dichiarazioni delle donne delle pulizie e del viceparroco della chiesa della Trinità, che si sono contraddetti sul ritrovamento del corpo ben prima del 17 marzo del 2010 quando alcuni operai hanno avvertito la polizia. L’avvocato Bargi si dice convinto che la sentenza di primo grado sia più che altro «la conseguenza del clima mediatico-giudiziario che ha accompagnato la vicenda (...) che ha visto come protagonisti giornalisti della carta stampata e di talune emittenti televisive, che hanno incessantemente bombardato l’opinione pubblica con notizie incentrate su un giudizio preconfezionato sulla arbitraria identificazione del Restivo con il “mostro” autore dell’efferato crimine». Perciò si cruccia non soltanto per l’imputato, ma anche per «il diritto alla verità dei familiari della povera Elisa Claps», calpestato «a tutto giovamento del probabile o probabili responsabili dell’evento delittuoso». Per capire di chi parli basta leggere fino in fondo le motivazioni del suo appello in cui cita un pregiudizio che ha finito per far trascurare i processi per falsa testimonianza a carico dell’amica di Elisa, Eliana De Cillis, quella con cui era uscita di casa la mattina del 12 settembre del 1993, e di Eris Gega, un pretendente della ragazza uccisa. «Protagonisti di ben altro spessore rispetto al Restivo», sarebbero «frettolosamente scomparsi dalla scena» per far posto a «sospetti emozionali nei confronti dell’imputato, che hanno finito per fare da schermo ai veri colpevoli». Bargi ha ripescato anche i sospetti sull’ex fidanzato di Eliana, Francesco Urciuoli, che stando a quanto riferito dal fratello di Elisa si era mostrato a sua volta interessato alla sorella. «A tanto aggiungasi, poi, senza voler giungere a conclusioni affrettate che analogamente è rimasto senza risposta l’interrogativo circa la presenza nel sottotetto di un bottone appartenente ad un abito talare». Questo assieme al «misterioso ed inspiegabile comportamento di persone del clero, che a dire di Gildo Claps di fatto avevano impedito all’epoca l’accesso al sottotetto, sia subito dopo la scomparsa, sia successivamente e, senza una plausibile ragione, avevano taciuto il rinvenimento seppure tardivo del cadavere della Claps, ancor prima della scoperta del 17 marzo del 2010». Per l’avvocato di Restivo tutto ciò indicherebbe senza dubbio la necessità di condurre nuovi esami confrontando i profili genetici sulla maglia di Elisa con quelli delle persone citate sopra. Dunque Eris Gega, e Francesco Urcioli. Più quello dell’ex parroco della Trinità Don Mimì Sabia, che però è morto ormai quattro anni fa, e da allora riposa nel cimitero di Potenza. Leo Amato
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