LA DEMOCRAZIA

TANGENTOPOLI: 1992


TANGENTOPOLI: 1992Molti credono che Tangentopoli sia scoppiata nel 1992, mentre in realtà , stamane, seguendo OMNIBUS su LA7, ho appreso ascoltando le dichiarazioni del noto giornalista dr. PAOLO GUZZANTI che tale sistema di ruberie dei partiti esisteva già tredici anni prima di quanto poi accertato dai PM  di Milano.Paolo GUZZANTI  nei denunciò il sistema tramite il suo giornale LA REPUBBLICA, eppure nessun PM del tempo , decise di aprire un'inchiesta per verificare nel concreto la fondatezza delle chiamate di correità fatte dall'allora ministro EVANGELISTI personalmente allo stesso giornalista, come sotto riportato esattamente.E nulla accadde neanche quando , il pregiudicato poi defunto BETTINO CRAXI in sede di dichiarazioni di  fiducia al governo AMATO del  1992, si alzò e davanti a tutti i parlamentari della CAMERA DEI DEPUTATI, senza vergogna o pudore, denunciò il sistema di ruberie esistente in tutti i  partiti del passato, confermando le chiamate di correità fatte al PAOLO GUZZANI dall'ex ministro EVANGELISTI, con la nota intervista.Quindi, deduco che nel passato vi sia stato un sistema di ruberie sistematico nei partiti del tempo che nessun PM, fino al momento in cui il magistrato eroico dr. ANTONIO DI PIETRO, a MILANO , decise di fare arrestare il noto "mariuolo" di CRAXI del PSI, sig. MARIO CHIESA che prediligeva indossare anche mutande zeppe di denaro, nessun PM di ROMA, ignavi e vigliacchi, ebbero il coraggio civile, nel rispetto di quanto previsto tassativamente dalla nostra Costituzione, di aprire una seria e forte inchiesta su quanto affermato baldanzosamente dal dr. EVANGELISTI e poi , tredici anni dopo , arrogantemente dal suo capo di partito CRAXI in sede di CAMERA DEPUTATI, certi di essere immuni da pena e di poterla farla franca sempre e comunque.Alla fine sappiamo bene com'è andata a finire il processo TANGENTOPOLI e sicuramente il suo esito finale, non ci può soddisfarare come cittadinanza civile, in quanto ha disvelato solo pochissimi aspetti di quel SISTEMA DI CORRUZIONE  che i partiti italiani, quasi tutti, ad ecczione della destra estremista, dopo il 1948 , erano riusciti a mettere in piedi per sfruttare ogni possibilità sia a livello statale che imprenditoriale privato , il loro potere politico schifoso e criminale. “A Fra’, che te serve?”Storia dell’intervista a Franco Evangelisti su Tangentopoli che gli costò la carrieraPaolo Guzzanti — 19 Febbraio 2020 La mia intervista passata alla storia minore della politica italiana con il titolo “A Fra’, che te serve?” compie quarant’anni ed è ora di spiegare perché quel singolare evento giornalistico avvenuto per caso, possa essere letto come un elemento chiave per capire quel che è successo dopo: la decapitazione della Prima Repubblica e l’avvento di un regime giudiziario. L’intervista avvenne per caso. Fui mandato da Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica, a intervistare il braccio destro di Andreotti, Franco Evangelisti e, per circostanze familiari, generò una imbarazzante confessione. Ma l’elemento mancante di questa storia è questo: benché per caso io avessi messo i piedi sulla futura Tangentopoli con tutte le modalità che provocheranno l’inchiesta di Mani Pulite tredici anni dopo, nel 1980 non un solo procuratore della Repubblica aprì un’indagine contro ignoti (in realtà notissimi) per i reati che saranno molti anni dopo contestati per mettere in moto “La ghigliottina italiana” (titolo del libro di Burnett e Mantovano, The Italian Guillotine, mai tradotto in italiano ma reperibile su Internet). Il vero protagonista di quel che accadde fu il fattore umano, come lo chiamò Graham Green in una sua famosa storia di spionaggio: quello che spinse Franco Evangelisti ad accogliermi nell’androne marmoreo del suo ministero, gridando «A’ Guzzà, tu lo sai che tuo padre è amico di Giulio, vero? Allora, prima di tutto devo raccontarti il ‘black ground’ (cioè il background, il retroscena) perché tu devi capire che qui, noi, avemo rubbato tutti. Hai capito? Tutti. Rimetti in tasca quel bloc notes, te lo dico dopo io che cosa devi scrivere. Ma prima devi capire come funziona il sistema». E me lo disse. Rimase scioccantemente sorpreso il giorno che si vide la confessione pubblicata su la Repubblica, con conseguenze per lui devastanti perché dovette dimettersi da ministro e si vide stroncata la carriera. Un anno dopo, il direttore dell’Espresso, Livio Zanetti mi chiese di fare un tentativo spudorato: chiedere a Franco Evangelisti, ormai in disgrazia, di rivisitare con una nuova intervista, la sua disgrazia giornalistica con me. Mi rispose al telefono e disse: «Dunque, me vorresti fare un’altra intervista e raccontare tutto quello che ho passato?». Questa è l’idea, confermai. «Fammi pensare. Senti, Guzzà, c’ho pensato: ma vedi un po’ d’annà affanculo». A quei tempi era raro che i politici usassero il vaffa. Quello che Evangelisti non seppe, perché morì, fu il mio disagio e anche la mia rabbia per avergli rovinato inutilmente la vita, visto che lui fu linciato per la sua imprudenza: il linguaggio sguaiato, l’onnipotenza democristiana, la volgarità. Ma fecero tutti finta che si trattasse soltanto di un caso di cattivo gusto. E benché io avessi tentato di proporre un’inchiesta sui finanziamenti occulti, l’argomento fu lasciato cadere con un argomento lineare: il primo compromesso storico fra il Pci togliattiano e la Democrazia Cristiana includeva l’accordo secondo cui il partito comunista avrebbe ricevuto i suoi regolari finanziamenti in dollari da Mosca insieme ad altri benefici economici sui contratti energetici con l’Unione Sovietica, in piena ma tollerata illegalità. Tutto ciò è oggi pacifico, nessuna obiezione. Ma il finanziamento illecito del Pci aveva ricadute a cascata: tutti gli altri partiti, consapevoli e complici, consideravano altrettanto lecito approvvigionarsi come credevano, benché i partiti ricevessero un finanziamento pubblico. L’intervista fece dunque un botto mediatico, io diventai per qualche giorno una star, la testa del ministro cadde nel paniere, ma tutto restò come prima. L’argomento del finanziamento illecito, ruberie, tangenti, corruzioni e concussioni era off limits, perché avrebbe messo a rischio uno stato delle cose da cui tutti traevano vantaggio. L’operazione Tangentopoli con Mani Pulite, avvenne del resto soltanto dopo la caduta dell’Unione Sovietica e la fine dei finanziamenti. Era allora considerato normale, benché illegale, che il Partito Comunista ricevesse da Mosca milioni di dollari che un inviato del Pci andava a ritirare dalle mani di Ponomariov e che rendeva di fatto lecito che gli altri partiti si adeguassero con generosità. Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga mi raccontò che quando il messo di Botteghe Oscure tornava da Mosca con la sua valigetta, trovava ad aspettarlo una eminenza grigia del Viminale (anche lo stesso Cossiga) e due agenti del Tesoro americani incaricati di controllare la genuinità. Ecco una prova ulteriore di come la fine della Guerra Fredda fece saltare il sistema politico italiano, cosa che Cossiga aveva previsto e gridato con scompostezza. Il fattore umano che sta dietro questa vicenda è questo. Mia nonna, Agnese Balducci, e la sua cara amica Rosa Falasca maritata Andreotti, negli anni Venti dello scorso secolo avevano nel collegio di via degli Orfani, i loro figli Giulio e mio zio Fausto. Entrambe le famiglie vivevano in via Parione dietro piazza Navona e quei tre ragazzi (c’era anche mia madre Graziella) giocarono insieme per l’intera infanzia. «Giulio – mi raccontava mia madre – indossava sempre un vellutino nero e voleva giocare al giornalista con il taccuino in mano. E la madre di Giulio. Rosa, confidava a mia nonna: «Questo ragazzino è troppo diverso dagli altri, non so proprio che cosa farà nella vita». Poi tutti crebbero. E Giulio Andreotti diventò amico anche di mio padre sicché durante gli anni della mia adolescenza capitava che il rampante ministro venisse spesso a prendere un caffè. Mezzo secolo più tardi, fra il 2002 e il 2006, Andreotti fu il mio più spietato avversario come nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul dossier Mitrokhin, di cui io ero presidente: arrivava sempre in anticipo e ci incontravamo nell’aula vuota e spesso rievocava gli anni dell’infanzia: «Come sta mammà?», mi chiedeva usando il vecchio francesismo per “maman” che ancora si usava nella borghesia romana. Mammà, rispondevo, sta a bene, anche lei oltre i novanta. Poi se ne sono andati tutti ma dopo una tenace resistenza. Questo il retroscena umano che spiega perché un perfetto sconosciuto ritenendomi con una buona dose di arroganza parte di un clan, provò l’impulso di raccontare il retroscena di Tangentopoli, quando ancora il nome non era stato inventato. Nel 1980 Franco Evangelisti e Tonino Tatò erano i plenipotenziari e portavoce rispettivamente di Giulio Andreotti e di Enrico Berlinguer nell’estenuante tessitura di quel che restava del compromesso storico dopo l’assassinio di Aldo Moro avvenuto due anni prima. Il loro capolinea, interlocutore e mentore era Eugenio Scalfari direttore di Repubblica che si considerava (ed era considerato) il coordinatore fra i due. Dietro la parete di plastica dell’ufficio di Scalfari al quarto piano di piazza Indipendenza, c’era il gabbiotto dei grafici con i loro righelli e piani da disegno. Eugenio, due o tre volte al giorno si rivolgeva alle segretarie con una richiesta con voce tonante, ritmata e involontariamente musicale: «Chiamà-temì-Tatò». Con Giorgio Forattini e gli altri grafici avevamo formato una orchestrina di percussioni con righelli, su cui creavamo una mini-jazz session su quel “chiamà-temì-tatò”. A quell’epoca, il direttore dell’Espresso Livio Zanetti (che remava contro il progetto di compromesso storico sostenuto da Scalfari) pubblicò alcuni assegni Italcasse che coinvolgevano Evangelisti, il quale – preoccupato – si rivolse a Scalfari per chiedere di spiegare in termini generici e rassicuranti la storia di quegli assegni. Scalfari chiamò me e mi affidò l’intervista. Quando arrivai al palazzo del ministero, Franco Evangelisti, che non conoscevo, mi venne incontro pronunciando parole suicide: «A Guzzà, lo sai che tuo padre è grande amico di Giulio, vero? Vieni che adesso ti spiego come funziona il sistema in cui tutti quanti violiamo la legge, rubiamo e finanziamo i partiti». E raccontò in particolare delle visite di Franco Caltagirone, imprenditore, che visitava, secondo Evangelisti, le segreterie dei partiti con il libretto degli assegni aperto: «Che te serve? Cinquanta? Trenta? Tu, dimme soltanto quanto te serve. A Fra’, che te serve?». Poi disse: «Ecco, adesso facciamo l’intervista. Tu mi chiedi di questi assegni e io ti rispondo che effettivamente esiste un problema di trasparenza che chiede di essere regolato… insomma, fai tu, tanto hai capito, no?». Scrissi tutto e consegnai il pezzo senza enfatizzarlo. Temevo che potesse essere considerato inopportuno e fu pubblicato in basso in seconda pagina in una posizione innocua con un titolo generico. Il giorno dopo tutti lessero e scoppiò lo scandalo. Scalfari non ebbe dubbi e premiò lo scoop contro gli interessi politici, sicché ne seguì una settimana di festa grande per il giornale. Evangelisti fu costretto a dimettersi da Andreotti che gli dette dell’imbecille. E poi, quando cercai di proporre un’inchiesta su come i partiti e i politici si riempiono il portafoglio, fui amabilmente stoppato, trattato come un piccolo ingenuo che non capisce le cose più grandi di lui. Il sistema era perfetto così, non si tocca. L’ora di Tangentopoli e delle Procure eroiche e dei pool doveva ancora venire. I giornalisti manettari ciucciavano forse ancora il biberon e nessuno fiatò.Fu così che quaranta anni fa, per una serie di casi fortuiti, calpestai la grossa merda in seguito chiamata Tangentopoli, il covo della malavita politica eroicamente espugnato dai cavalieri del Sacro Graal di “Clean hands”, ovvero Mani Pulite, operazione concepita negli Stati Uniti da un team di procuratori e investigatori fra cui il nostro Giovanni Falcone (che si occupava di Cosa Nostra) e l’attuale avvocato di Donald Trump, Rudolph Giuliani, allora procuratore che sarebbe diventato l’eroico sindaco dell’Undici settembre a New York. delle banconote. Poi il gruppo varcava i portoni vaticani per cambiare allo Ior, la banca gestita da monsignor Marcinkus che trasformava i dollari in lire, e tutti a casa.Nel corso della surreale intervista con lo sprovveduto ministro della Marina Mercantile ci fu anche questo scambio di battute. Io dissi: «Ma come potete giustificare i soldi che prendete illegalmente, se già avete il finanziamento pubblico?». E quel grande mi rispose: «Me pari Alice ner Paese de le meravije: ma che sei scemo? Li pigliano i comunisti da Mosca? E allora noi li pijamo da quarche artra parte. Che ciài da ridì?». Non faceva una piega. Paolo Flores D’Arcais, futuro fondatore e direttore di Micromega, allora responsabile della sezione Cultura del Psi di Bettino Craxi, convocò immediatamente un convegno dal titolo “A Fra’, che te serve?” dove venne la crema della sinistra.Davanti alle telecamere della Rai raccontai tutto lo stupefacente fatto, con corredo di imitazioni sicché tutti ridevano. Ma non c’era in realtà molto da ridere. Il giornalismo moralista si accanì sulla sfacciataggine del ministro (ingannato dal fattore umano) ma nessuno ebbe da ridire sul vero scandalo e nessuno se ne ricordò quando l’operazione Mani Pulite fu lanciata, e la cosiddetta Prima Repubblica cadde in un mare di macerie, ipocrisie e opportunismi.NOTIZIA APPRESA DAL SITO WEB: https://www.ilriformista.it/storia-dellintervista-a-franco-evangelisti-su-tangentopoli-che-gli-costo-la-carriera-50583/ CHI VOLESSE RINFRESCARSI LA MEMORIA O SAPERNE DI PIU' SU TANGENTOPOLI, SI LEGGA IL CONTENUTO DEL SEGUENTE LINK:Tangentopoli, 30 anni fa l'inchiesta Mani Pulite: storia e tappehttps://tg24.sky.it › cronaca › 2022/02/16 › tangentopo... 1 giorno fa — Leggi su Sky TG24 l'articolo Tangentopoli, 30 anni fa partiva l'inchiesta Mani DA ALLORA AD OGGI, SEMBRA CHE NULLA SIA SERIAMENTE CAMBIATO SEMPRE PER COLPA DELL'IGNAVIA E VERGOGNA DEI PARTITI CHE EREDITARONO LE MACERIEPRODOTTE DAI PARTITI DEL TEMPO, FATTA ECCEZIONE PER QUELLO DI FRATELLI D'ITALIA CHE SEMBRA ESSERE SEMPRE RIMASTO FUORI DA OGNI AZIONE CORRUTTIVA.VERGOGNACuneo,li 17.02.2022Rinaldo