DIRETTORE RESPONSABILE ED IRRESPONSABILE
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In viaggio con l’ape
“D’accordo, allora ci aggiorniamo a venerdì” “Va bene. A presto, è stato un piacere”. “Arrivederci” “Dottore…, Ingegnere…, Direttore. Arrivederci, a presto grazie a tutti.” E’ finita. Si va. Dopo i saluti e le cordiali strette di mano, finalmente si parte. 300 km e sono a casa. Per fortuna c’è il sole e sulla strada, talvolta si scorge il mare, da lassù, da quelle rocce che ti regalano un orizzonte più lontano, quel grande blù che non ti aspetti e ti coglie di sorpresa, piacevolmente. Ma so già che i miei occhi, in viaggio, saranno distratti, rapiti da quelle nuvole, alte, bianchissime, quasi fossero il più generoso dei regali di un Bernini capace di sospendere tra cielo e terra un’opera viva, in movimento e morbida. Si parte. Il primo tratto di strada è lento, tra curve, spigoli, alberi e cespugli. Il braccio è fuori, vorrei toccarli quei cespugli e sentirne la presenza, durante un viaggio che sembra finto, senza entusiasmo, pur essendo immerso in un paesaggio da cartolina, “…dal fantastico G., immerso nella natura, vi penso tanto…”. Un pensiero ipocrita. Ma in fondo, un pensiero. Cerco di sentire quei cespugli, e il finestrino è aperto, spalancato. Ci casco sempre. E infatti, eccola, la vedo: cammina sul finestrino del lato passeggeri, vuoto, come al solito, la vedo. Un’ape, o vespa, o calabrone, o chissà che. Sono terrorizzato. Da quando, bambino, fui assalito dalle api, e correndo, nel bosco, piangevo, tremavo. Una volta, in viaggio con N., vidi un’ape sul mio finestrino, e mi lanciai con le mani sullo sterzo, guidava lui. Se N. non fosse stato più forte di me, ci saremmo schiantati contro il guard rail. L’ho vista. Non guardo lo specchio, non guardo avanti, non esiste più nulla, solo quell’ape, o vespa, o chissà che, il panico. Abbasso il vetro,mentre freno, sono a centro strada, mi metto a lato, freno, il vetro è giù, sono fermo. Dov’è? E’ uscita. Apro tutte le porte ed il portellone, dietro. Le quattro frecce rompono il silenzio, passa un’auto. Guardo, scruto, aspetto. E’ uscita. Stupido. Potevo uccidermi. Poteva pungermi. Poteva saltarmi in faccia all’improvviso, durante un sorpasso… E’ uscita. Chiudo tutto e riparto. Dopo un po’ la dritta, noiosa e lunga autostrada. E le nuvole. Ah, che nuvole, potevo morire. Il telefono, “si, certo, ma non prima di domattina”. Il camion che taglia la strada, occhio l’autovelox, di nuovo il telefono. Infine il casello. Arrivo a casa. Spengo il motore. Stanco, distratto, dov’è la borsa? Sul sedile. E la vedo. E’ li. Immobile, sul sedile. Grande, minacciosa, Ape, Vespa, calabrone o chissà che. Ha fatto tutto il viaggio con me. Poteva pungermi, poteva saltarmi addosso durante un sorpasso, all’improvviso, e mi sarei schiantato. Ma non lo ha fatto. Era li, e non lo sapevo. Ho viaggiato tranquillo e sono arrivato. Se avessi saputo che era in auto con me, sarei sceso, più e più volte, avrei tremato per tutto il tempo, distratto, potevo uccidermi. Un viaggio da incubo, sarebbe stato. Perché sapevo. Apro lo sportello, e vola via. Sono arrivato. E non sapevo. Fine della storia. A tutti quelli che si mettono in viaggio, i miei cordiali auguri. A tutti quelli, soprattutto giovani, che scoprono di avere un tumore, i miei auguri di buon viaggio. E la mia sincera ammirazione per la forza che avete di continuare a viaggiare, sapendo. A voi che combattete con la paura, prima ancora che con la malattia, buon viaggio. A te, mio caro amico N., che hai smesso di fumare 6 anni fa e messo al mondo tre splendide creature, il mio pensiero, a quel giorno in cui con forza hai tenuto fermo il volante. E di quell’ape tu non avevi paura. O vespa, o calabrone o chissà che. A te, amico mio, buon viaggio. Fumo una sigaretta. Magari smetto, di piangere.
Yossaryan |
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Oggi ho ancora le mani ben salde al volante, gli occhi sempre aperti e la cintura ben allacciata, sapete il viaggio è ancora molto lungo e non vorrei uscire fuori strada prima del tempo...
Immaginavo che fosse un bel post, ora ne ho avuto la conferma.
Solo buon viaggio.