CARPE DIEM

Post N° 22


 Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio,altezza imperiale, conte palatino,cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.Totò non era un nobile solo sulla carta, ma anche nella vita di tutti i giorni.Poco più che ragazzo iniziò il servizio di leva a Napoli, imparando ben presto a marcare visita grazie alla sua innata capacità di simulare gravi malattie; ma quando venne trasferito a Livorno, fu costretto a subire le vessazioni di un caporale, "il caporale per antonomasia", promosso "per mancanza di graduati disponibili, pur essendo quasi analfabeta"."Durante le punizioni [ ... ], rimuginavo in me un rancore senza fine nei confronti dei caporali, verso coloro cioè che, muniti di un’autorità immeritata e forti di una disciplina che impone ai sottoposti l’obbedienza senza discussione, esercitano tali loro meschini poteri [ ... ]. Contrapponevo, ad essi, gli uomini, le persone, cioè, che sanno adoperare la loro autorità senza abusare dei poteri loro commessi".Da queste esperienze nascerà la famosa battuta: "Siamo uomini, o caporali?"."E se qualche volta sono riuscito anche a commuovervi", scrisse a conclusione della sua biografia apparsa nel 1952, "ne sono felice, perché [ ... ] una lacrima è solo l’altra faccia del sorriso. E ci siamo capiti, perché ognuno di noi è passato attraverso gioie, dispiaceri e amare delusioni nella grande commedia della vita. Altrimenti, se fossimo sempre impassibili, spettatori e non attori, non saremmo veri uomini, ma caporali".Con questa frase vi lascio meditare sulla grande nobiltà d'animo dell'immortale Totò