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Post n°107 pubblicato il 22 Ottobre 2012 da marcoaliaslosciccoso
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Nel 1912 Giovanni Giolitti raccomandava "molta prudenza nell'aprire gli archivi del Risorgimento", perché "non è bene sfatare leggende che sono belle". Comprensibile, forse, in un Paese ancora giovane e fragile. Purtroppo, per molti aspetti, il suo monito è stato preso alla lettera per un secolo intero e l'effetto si è esteso ben oltre i confini del racconto (epico) dell'Unità d'Italia. Così, pur con qualche virtuosa eccezione, la storiografia ufficiale e, per ricaduta, la divulgazione scolastica hanno spesso preferito accontentarsi di una versione edulcorata dei fatti, che nulla spiega di cosa sia poi diventato il nostro Paese. Eppure la dittatura dei poteri forti, il ricorso all'assassinio politico, gli usi impropri e deviati dei servizi segreti, la "trattativa" con la criminalità organizzata e altri vizi italici contemporanei hanno radici e precedenti proprio in quel pezzo del nostro passato. In questo libro gli autori hanno ricostruito alcuni fra i più interessanti misteri d'Italia, lungo un arco di sessant'anni dai giorni dell'Unità, attingendo a documenti inediti, atti giudiziari mai consultati dagli storici e preziosi archivi stranieri. Dalla "morte per salasso" di Cavour alle trame oscure dietro il regicidio di Umberto I, dall'avventura coloniale in Libia voluta dai poteri economici fino alla strage del teatro Diana a Milano, la storia d'Italia rivive in un succedersi di eventi che hanno proiettato le loro ombre inquietanti fino a oggi. Titolo Titolo Intrighi d'Italia. 1861-1915. Dalla morte di Cavour alla Grande guerra: le trame nascoste che non ci sono sui libri di storia Il processo che ha portato all’Unità d’Italia – non è un mistero per nessuno – è stato lento e laborioso, per certi versi anche epico: la penisola è stata a lungo un’accozzaglia di Stati in guerra fra loro, abitata da un insieme di popoli sottoposti a dominazioni diverse e per questo culturalmente molto distanti. Risuonano ancora alle orecchie le parole di D’Azeglio che, con grande lungimiranza e consapevolezza, affermò: “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani”, a dire che, oltre ai problemi oggettivi, a rendere difficile la creazione dello Stato italiano contribuivano molti altri fattori non trascurabili. |
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