chat e truffe

UOMINI DA GALERA...


Seduceva e raggirava le donne via internet, l'uomo è ora sotto processoPubblicato da Marilena De Giorgio alle 10:45 in Cronaca
L'amore ai tempi di internet. Che la rete possa nuocere gravemente, se usata a sproposito, è un fatto. L'episodio di cronaca, che riporta La Stampa e che riportiamo integralmente sotto, è l'ennesima conferma di relazioni tessute via web con il solo intento di raggirare le protagoniste. Leggete la storia. A voi il nostro spazio commenti per le riflessioni. Carla, 34 anni, torinese, impiegata di banca; Antonella, 44 anni, imprenditrice di Novara; Katia, 34 anni, impiegata di Torino; Silvia, 33 anni, di Alassio, cameriera in un bar; Francesca (Chica), 47 anni, di Alassio, commerciante; Francesca, 36, Torino, impiegata di un’agenzia immobiliare; Paola, 34, ex commerciante di Venaria. Poi: Cristina 27 anni, impiegata in uno studio legale e Silvia 39 anni, di Bologna. Seguono: una terza Francesca, di Torino; Anna, di Rivoli; Simona, Jennifer (di Verona). Più altri contatti femminili, sempre nel Nord Ovest, appena avviati e rimasti inerti sulle chat delle rete.Tutte carine, con un buon lavoro, con un po’ di soldi a disposizione, pronte alcune ad accoglierlo anche in casa. Infine l’ex socio, Antonio G.Qui l’amore non c’entra, sono spariti solo i soldi: 170 mila euro, in contanti e assegni. Una delle «vittime», Katia M., ha raccontato la sua storia ai detective del commissariato San Paolo: («Prima mi ha giurato amore eterno, poi mi ha rubato, in pochi mesi 20 mila euro»).Dopo pochi giorni altre donne - contattate in modo seriale su Facebook e su altri siti da Roberto Giuseppe Martino, 41 anni, torinese di Venaria, ora indagato dalla procura di Torino (pm Valerio Longi) e anche di Novara - si sono messe in contatto con la giovane impiegata torinese per rivelare di essere cadute nella stessa rete.Che lui costruiva con una particolare abilità. Si presentava come pluri-proprietario di negozi di abbigliamento a Torino, Alassio, Novara, Sottomarina di Chioggia o come «dirigente commerciale» di noti marchi o di ditte di cancelleria per uffici.In questa storia di cuori spezzati e di colossali bugie (a tre, almeno, ha mostrato lo stesso futuro nido d’amore, una palazzina in via Cola di Rienzo a Roma che non è mai stata sua), cominciano a spuntare somme rilevanti: Antonella R., che s’è rivolta prima alla Finanza di Novara, precisa di aver perso una somma pari a 250 mila euro.Tecnica semplice: prima un travolgente periodo di passione, la convivenza e la conquista della fiducia, cioè la delega a operare sui conti bancari. Lui che falsifica firma e autorizzazione. In pochi mesi Antonella è rovinata, le banche mostrano carte ed estratti conto da infarto. Nessuno, subito, le crede. Poi è la volta di Paola B., che denuncia la sparizione di 120 mila euro.La donna, disperata, si consigliò con un amico nel vano tentativo di recuperare almeno una parte dei soldi, costui seguì un sistema illegale e tutti e due finirono in cella per tentata estorsione. «Mi tese una trappola. Quell’uomo, con cui nel 2007 avevo avuto una relazione, disse di volere comprare il mio negozio. Vendette tutto il mio campionario per mettere il suo. Piccolo dettaglio, nascondendomi che lo stava pagando con gli incassi giornalieri, i miei. Alla fine tutte le ricevute d’acquisto erano intestate a me. Mi ha rubato, più o meno, 120 mila euro. Ho perso il negozio, sono stata in carcere e ho difficoltà a guadagnarmi da vivere. Adesso c’è il processo, spero che i giudici valutino anche la mia storia».Antonio G. s’è presentato, pure lui disperato, in commissariato a Torino: «Svaniti nel nulla 180 mila euro, mi sono licenziato dal lavoro (aveva già una sua attività e l’ha chiusa) per aprire un’attività con lui, s’è preso la mia parte e tutti i progetti si sono rivelati una farsa atroce», ha raccontato alla polizia.Roberto Giuseppe Martino, difeso dall’avvocato Tom Servetto, almeno in un caso, s’è detto pentito. Ha proposto di restituire a Katia 17 mila euro. Ma lei vuole che la Giustizia le restituisca anche una parte, se non tutta, della sua «dignità di donna, massacrata da un uomo senza scrupoli, che ha usato e ingannato anche i miei familiari».C’è il sospetto che una parte cospicua del bottino sia custodito in una banca localizzata in uno dei tanti paradisi fiscali. O affidato a persone che avrebbero riversato sui propri conti il frutto velenoso delle truffe.