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Post N° 7


Inferno Via Pisana                                                                                                music: The Police - Message in a bottle Era il 1998.                                                   Un gennaio freddo da adolescenti in motorino, con doppi guanti e parabrezza senza scritte, con il limoncello che ci teneva quieti intorno alle panchine.Chiusero seicento metri di strada, una provinciale che da Firenze finisce nel mare di livorno. La chiusero senza avvertire nessuno, non ricordo neanche il motivo. Ricordo che rimossero l’asfalto e che un paio di volte sono caduta sul ghiano marrone. Ruppi anche il parabrezza e lo sistemai con lo scotch della ditta di pelletteria dove lavoravo. Avevo diciotto anni da un paio di mesi ed ero innamorata di Gianluca. Gianluca che non mi voleva, Gianluca che c’era e non c’era. Gianluca che fumava, tirava, calava. Gianluca.Gianluca che un anno dopo mandai a cacare, con ramanzina al ritmo di rewind di Vasco. Ci avevo messo un po’ a capirlo, ma alla fine ci ero riuscita e con stile. Un risveglio, l’inizio del risveglio.Ma nel gennaio del ’98 ancora non ero arrivata a comprendere che lui mi voleva come lo volevo io ma non era capace di vivere, amare, lasciarsi andare. Doveva distruggere, distruggersi e via, chisenefotte del resto.Via pisana aveva degli interni, palazzi di tre-quattro piani, giardini senza lampioni, panchine di metallo freddo e noi, ragazzi di periferia, esulati dai controlli e dai passaggi delle volanti dei carabinieri.Un bar che chiudeva alle 20.30. E vicini che ci sopportavano.Ridevamo tanto. Silvia e Andrea che si legano con la salopette e iniziano a girare, il jeans che si strappa e loro che capitolano a terra.Angelo, prima dell’incidente che gli ha fatto perdere l’occhio, arrivava alle undici, dopo aver lasciato la ragazza a casa. Arrivava con una renault 5 pompata e iniziava a provarci con tutte. Che poi di ragazze eravamo tre o quattro, sei il sabato.Noi ragazze cantavamo, cantavamo sempre le solite canzoni. Eleonora era brava, una voce nera. Un paio di anni fa ha fatto anche dei concerti. Poi … preferisco non riacchiapparlo questo ricordo. Brucia.Simone iniziava ad uscire con i ragazzi più grandi di noi che stavano un paio di panchine più in là. Silenziosi a differenza di noi.Salvatore, ancora non redento, continuava a essere sfottuto da tutti . Picchiato, malmenato, ma usato appena faceva comodo.Durò sei mesi. Sei mesi in cui i giorni passavano fra passeggiate nel deserto polveroso di quella strada e , passatempo del sabato, giro in discoteca . Io ero l’unica ragazza e in quel periodo non si poteva dire fossi femminile. Capelli rasati, jeans, anfibi, giubbotti ampi. Ma in discoteca riuscivo sempre a raccattare qualcuno e i miei amici appena qualcuno si avvicinava, mi circondavano per cercare la rissa. Protetta, fanculo.
Una sera rimanemmo fuori solo io e Mike. Eravamo fermi su un muricciolo e passo un uomo vestito di nero in bicicletta.Ci guardò e ci disse: “Speriamo arriviate vivi a domani!”Ci toccammo e lo maledicemmo.Entrambi siamo arrivati vivi, feriti, ad oggi.                                   scritto da shockportatile."Diese Kinder suchen ihre Eltern" di boltanski