"Re Kappa" dal Capitolo IIMi presento. Sono Godai. Abito la Maison Ikkoku da qualche mese. Cara Kyoko. Io lavoro, e penso a te. Riscrivo per l’ennesima volta un romanzo del quale non sono soddisfatto, e penso a te. Vado a letto, e intanto, penso a te. Sono al buio, e penso a te, chiudo gli occhi, e penso a te, io non mangio, e penso a te. Cara Kyoko. Penso ai tuoi seni costretti in maglioni di lana gialli, rosa, sgargianti colori che sedano per un attimo e basta il mio desiderio di esserti dentro, in ogni angolo di questa Maison di ficcanaso vorrei penetrarti finché non mi duole il cazzo. Penso alle infinite passeggiate che faccio in questa città, Tokyo ferente, dalla Maison all’università in disperata attesa per il rinnovo di un contratto a progetto che mi permetta di insegnare scrittura creativa a un mucchio di ventenni che pensano ad altro. Sono convinto che in questa cazzo di Tokyo con quattromila dollari al mese mi ci pulisco il culo, e penso a te, non lavoro, e penso a te. Cara Kyoko, e penso a te. ‘Suki sa shibireru hodo’. Ti amo tanto da restarne stordito. ‘Suki sa. Suki Sa’. Ti amo, ti amo. Pensa che perfino il tuo cane comincia a starmi simpatico, quando mi piscia sui jeans mentre ti aspetto, e penso a te. Cara Kyoko, ho deciso che sarai la prima a cui farò leggere il romanzo quando lo avrò terminato, mi manca poco, ogni volta che sto per chiudere l’ultimo paragrafo mi viene in mente un’idea buona, allora devo tornare indietro fino alla prima riga e ricominciare a leggere daccapo, finché non mi decido che l’idea di partenza sì, quella poteva andare, ma oramai è troppo tardi, mi scoraggio, devo sospendere per almeno una settimana. Nel frattempo spero che all’università si accorgano della mia esistenza, forse non verrebbero a cercarmi nemmeno se mi ci nascondessi per una notte e un giorno. Meglio non pensarci. E penso a te. Godai. Ahi.La mia coscienza è salva. Ebbi modo di appurare che a Mariolino il mestiere del padre ripugna a tal punto da non pensare, mai e poi mai, di fondare e dirigere una collana dedicata alla cultura giapponese. Già mi vedevo alle strette, Gastone Gallo mi avrebbe di sicuro fatto perdere qualche pomeriggio per spiegare a Mariolino chi è l’art director, chi l’addetto ufficio stampa, che cos’è un ufficio stampa e altre cose che mi avrebbero distolto dal pensiero ossessivo della scrittura e della mia dolce amara Kyoko. Allo stesso modo non lo sfiora il pensiero del guadagno che si concretizzerebbe con la traduzione di libri dal giapponese, dovrei fare un disegnino di nascosto apposta per lui, traduzione di nuovi autori nipponici = denaro = più manga e più erba calabrese, ma capirebbe? Mi guardo
Post N° 39
"Re Kappa" dal Capitolo IIMi presento. Sono Godai. Abito la Maison Ikkoku da qualche mese. Cara Kyoko. Io lavoro, e penso a te. Riscrivo per l’ennesima volta un romanzo del quale non sono soddisfatto, e penso a te. Vado a letto, e intanto, penso a te. Sono al buio, e penso a te, chiudo gli occhi, e penso a te, io non mangio, e penso a te. Cara Kyoko. Penso ai tuoi seni costretti in maglioni di lana gialli, rosa, sgargianti colori che sedano per un attimo e basta il mio desiderio di esserti dentro, in ogni angolo di questa Maison di ficcanaso vorrei penetrarti finché non mi duole il cazzo. Penso alle infinite passeggiate che faccio in questa città, Tokyo ferente, dalla Maison all’università in disperata attesa per il rinnovo di un contratto a progetto che mi permetta di insegnare scrittura creativa a un mucchio di ventenni che pensano ad altro. Sono convinto che in questa cazzo di Tokyo con quattromila dollari al mese mi ci pulisco il culo, e penso a te, non lavoro, e penso a te. Cara Kyoko, e penso a te. ‘Suki sa shibireru hodo’. Ti amo tanto da restarne stordito. ‘Suki sa. Suki Sa’. Ti amo, ti amo. Pensa che perfino il tuo cane comincia a starmi simpatico, quando mi piscia sui jeans mentre ti aspetto, e penso a te. Cara Kyoko, ho deciso che sarai la prima a cui farò leggere il romanzo quando lo avrò terminato, mi manca poco, ogni volta che sto per chiudere l’ultimo paragrafo mi viene in mente un’idea buona, allora devo tornare indietro fino alla prima riga e ricominciare a leggere daccapo, finché non mi decido che l’idea di partenza sì, quella poteva andare, ma oramai è troppo tardi, mi scoraggio, devo sospendere per almeno una settimana. Nel frattempo spero che all’università si accorgano della mia esistenza, forse non verrebbero a cercarmi nemmeno se mi ci nascondessi per una notte e un giorno. Meglio non pensarci. E penso a te. Godai. Ahi.La mia coscienza è salva. Ebbi modo di appurare che a Mariolino il mestiere del padre ripugna a tal punto da non pensare, mai e poi mai, di fondare e dirigere una collana dedicata alla cultura giapponese. Già mi vedevo alle strette, Gastone Gallo mi avrebbe di sicuro fatto perdere qualche pomeriggio per spiegare a Mariolino chi è l’art director, chi l’addetto ufficio stampa, che cos’è un ufficio stampa e altre cose che mi avrebbero distolto dal pensiero ossessivo della scrittura e della mia dolce amara Kyoko. Allo stesso modo non lo sfiora il pensiero del guadagno che si concretizzerebbe con la traduzione di libri dal giapponese, dovrei fare un disegnino di nascosto apposta per lui, traduzione di nuovi autori nipponici = denaro = più manga e più erba calabrese, ma capirebbe? Mi guardo