Creato da chow_mo_wan il 02/06/2007

2046

ricerca e fuga

 

 

Post N° 19

Post n°19 pubblicato il 24 Agosto 2007 da chow_mo_wan

Fari nella notte                                                      

                                                          music: I remember - Damien Rice

Se fosse stato tutto vero, le cose sarebbero andate diversamente… lo sapeva, eppure non riusciva ancora a crederci.
Come poteva accettare che tutte le sue emozioni erano state rivolte ad un’illusione, a qualcosa che non era esistito per davvero o che comunque non era come credeva?
Possibile che solo lui sentiva la mancanza di quei momenti, che solo lui li ricordava con nostalgia e che, dopo tanto tempo, si dovesse sentire come un estraneo tra tanti, uno che aveva per caso passato del tempo con lei?
La sua mente vagava tra quei ricordi, oscillando tra rabbia e amore, mentre percorreva distrattamente la strada che lo separava da lei.
Doveva vederla per un’ultima volta, doveva vedere il suo viso, i suoi occhi… doveva osservarli mentre lo guardavano, per capire quale fosse la realtà.
Non poteva essere così squallida e deludente la realtà, non poteva aver infranto in quel modo la sua anima e non poteva essere così, se lui non riusciva a smettere di amarla.
Se era davvero quella la realtà, voleva dire che non aveva contato niente per lei, che gli aveva mentito, lo aveva illuso, fingendo una sincerità che non le era mai appartenuta… pura e semplice simulazione.
Aveva bisogno di sapere che i suoi sogni erano stati veri e che esistevano ancora, ma sapeva che se le cose erano andate in quel modo, il suo sperare era solo uno stupido espediente per sopravvivere.
Il tempo scorre inarrestabile, pur restando immobile… passano i giorni, le settimane… i mesi, ma tutto rimane fermo, come intrappolato in un attimo che non ha fine… un attimo che sa di eternità.
Lei era lì, i loro sguardi vagavano, rincorrendosi e fuggendo, sguardi carichi di pensieri che giacevano nei ripostigli della mente.
Piccole stanze buie e piene di oggetti mai dimenticati, che premono contro le porte chiuse in fretta, pronte a spalancarsi ad ogni piccola vibrazione, per esplodere ed invadere tutta la casa.
E le parole si sprecano, si consumano sulle pagine logore, infiniti modi per gridare nel silenzio una sola ed un’unica domanda… una domanda che non ha alcun senso, non esistono risposte ed è inutile cercarle, perché le risposte non servono a nulla e non possono soddisfare i sogni.
Il silenzio li avvolse e lui sentiva le emozioni pulsargli negli occhi, sul punto di esplodere… non voleva che lei vedesse e nascose il viso nel suo grembo, nella vana speranza di celare il suo dolore.
Fecero l’amore per un’ultima volta, lo fecero senza dir nulla, lasciando che i loro corpi e le loro anime si unissero, prima di separarsi per sempre.
Era notte fonda quando si rimise in cammino… la strada del ritorno era buia, sembrava fosse anche più lunga, o forse no… la sua mente continuava a vagare, tra i fari che illuminavano brevi lembi di asfalto, divorando le ombre che l’avvolgevano.
Era una sensazione strana, come se non esistesse nulla al di fuori di quel fascio luminoso, oltre c’era solo l’oscurità di una strada senza fine, dove lui era solo e non poteva scorgere niente.
Avrebbe potuto continuare a guidare così per sempre, senza raggiungere mai una destinazione, una meta, un posto in cui sostare e riposare.


                                                                      scritto da DanzaSulMioPetto77

 
 
 

Post N° 18

Post n°18 pubblicato il 01 Agosto 2007 da chow_mo_wan

Se ti piace

Da qui a Natale....
Era arrivata per posta elettronica, ma come allegato di word, come una vera e propria lettera con tanto di data. Notizie dall'Africa e foto di quei tramonti irreali che ti fanno sentire un'anima ritagliata ed appiccicata sullo sfondo. Parole da lontano, dalla polvere di cantiere, dal rigoglio di una jungla così fitta da avere la sensazione di essere ingoiato da un momento all'altro.
"....al mio ritorno voglio fare qualsiasi cosa con te, tutto quello che non abbiamo realizzato in questo periodo. Vorrei che tu diventassi il mio regalo di Natale... "
Così chiudeva la missiva, non era neanche estate in Italia, che già creava l'aspettativa di un precoce inverno. Lei rileggeva tutta la lettera e poi dopo una pausa sbirciava le ultime due frasi, come si fa con l'ultimo sorso di caffé. Fra il testo completo e l'ultima seduzione si intuiva tutta la solitudine di un uomo così lontano dall'affetto degli amici, dalle carezze di una donna. Lei che non credeva più a nulla, volle crederci, come l'ultima favola che si concedeva.
"...per Natale sarò bellissima..." gli rispose al telefono. " ...te lo prometto..." Lei che odiava il Natale che le ottenebrava di freddo il cuore, immaginò di ornarsi per lui come delicata strenna, di baciarlo sotto il vischio come in un vecchio film in bianco e nero e si guardò allo specchio, pianificando tempi e vanità di un'opportuna rinascita. I capelli sarebbero stati più lunghi, le cosce più sode, la vita più snella, forse. E tutto questo tempo, per cambiare idea e forma, per desiderare e volendo, dimenticare, il Tempo la seduceva sempre, molto più di un uomo. Fu proprio con quel pensiero un po' cinico, che uscì di casa, nel sole del pomeriggio, per sedersi al tavolino di un bar. Il sapore della panna montata, così gonfia e dolce l'avvolse insieme al brivido della granita di caffè, la fragranza della cialda e quella sensazione strana di avere in quel momento tutto il necessario, per essere viva.

                                                                 scritto da Donna_Ombra

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Post N° 17

Post n°17 pubblicato il 25 Luglio 2007 da chow_mo_wan
 
Tag: 2046

"Avevi promesso di non tornare più.

Volevo vederti.

Perchè?

Me ne vado, non c'è futuro qui, torno a Hong Kong. Magari lì andrà meglio.

Quando parti?

Ho la nave dopodomani.

Vuoi che ti faccia gli auguri?

Voglio che partiamo insieme.

Non sai nulla di me.

Allora non ti chiederò mai niente."

USO' QUESTO TRUCCO PER RESPINGERMI.
QUELLA FU L'ULTIMA VOLTA CHE LA VIDI.
SUBITO DOPO LASCIAI SINGAPORE

 
 
 

Post N° 16

Post n°16 pubblicato il 20 Luglio 2007 da chow_mo_wan

Spero arrivi                                                               

                                                          music: Angeles - ElliotSmith 

Quel pomeriggio di fine giugno era davvero caldo. Dalla campagna arrivava odore di grano e nell'aria si sentiva profumo di frutti di stagione. Quella domenica pomeriggio aveva tutto il sapore di qualcosa di magico. Terry era seduta tra i suoi cuscini nel suo portico, sfogliava poesie di altro tempo, quelle che nessuno legge più.Accanto a sè fogli con appunti distratti. La sua armonia era in simbiosi con i suoi lunghi capelli ricci che le coprivano le spalle, gli occhi di orizzonti lontani e avvolta da seta di fiori tenui. Era a piedi nudi su quelle assi di desidieri.Il silenzio interrotto da Pam, avevano deciso di andare al fiume quel pomeriggio. Terry sistemò le sue poesie nel suo piccolo zaino di canapa, si infilò degli infradito e la raggiunse a gran velocità giù lungo il viale. Le diede un bacio sulla guancia, inconfondibile odore di vaniglia. Furono presto prese da incroci di alberi che le coprivano dal sole caldo e in breve tempo raggiunsero la riva del fiume che divideva a metà i due paesi. Una lunga distesa di acqua cristallina che rigenerava sempre quei giorni così soffocanti per l'anima. pam restò a piedi nudi da subito, si avvicinò alla riva e si sedette lì con i piedi in quel corso così amico. terry la raggiunse poco dopo. Furono vicine, entrambe risucchiate fino alle ginocchia, una sensazione che prendeva da dentro. un lungo silenzio e iniziò il gioco. Infinite gocce presero alla sprovvista tarry si ritrovò subito bagnata, i suoi vestiti ormai tutt'uno con quella sua pelle candida. Si guardarono e furono entrambe nel mezzo del fiume con i vestiti inzuppati, sorrisero a lungo, ridevano che sembravano note di un aromonioso piano, si persero così a lungo. Risalirono il fiume, si spogliarono dei loro vestiti e si stesero addormentandosi. terry si svegliò per prima, le faceva ombra, le accarezzava il viso , sembrava un petalo. Disegnò il suo profilo lungo il naso, le sue labbra,il suo piccolo seno, pam riabbriviì e aprì gli occhi quasi all improvviso. Le sorrise e terry aggiunse che era bellissima. Lei la tirò a sè, era sul suo petto, non avevano paura di amarsi così.
Un amore nascosto tra posti che conoscevano solo loro. pam le accarezzo i suoi capelli, sentiva ancora l odore di acqua dolce le diede un bacio. Un bacio che sapeva amare, di quelli che si lasciavano catturare. I loro corpi si conoscevano da molto, le loro carezze sapevano cercare e sentire il desiderio esplodere. Il giorno stava muorendo e i segreti divennero sempre + forzieri. pam le diede un ultimo bacio, le prese la mano e le disse che sarebbe stata felice anche così.

                                                                     scritto da my_moleskine


 
 
 

Post N° 15

Post n°15 pubblicato il 17 Luglio 2007 da chow_mo_wan

ChiusaFraLeFessure

ERA UN POMERIGGIO AFOSO COME QUESTO, IL SOLE FILTRAVA DALLE FESSURE, ADAGIANDOSI SUL CHIAROSCURO DEI NOSTRI CORPI. MI SCOPASTI PER ORE PELLE ED ANIMO FRA RESPIRI BAGNATI E PELLE INGORDA DI PENOMBRA. FU L'ULTIMA VOLTA CHE TI VIDI, TE NE ANDASTI COME UN ETOILE SULLE NOTE D'UN PIANO. PIANSI LACRIME DI TENEREZZA.

Speculare

 
 
 

Post N° 14

Post n°14 pubblicato il 13 Luglio 2007 da chow_mo_wan

 

FOTORICORDO



nella 203 di quel vecchio hotel

mi baciavi

senza peli

con le gambe tenere

senza ridere di me

delle mie poesie bruciate

mentre mi strappavo gli occhi

pur di non vederti andar via

tra i neon e le luci di Via Tuscolana



                                       scritto da
simas

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Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 07 Luglio 2007 da chow_mo_wan
 
Tag: 2046

2046

 
 
 

Post N° 12

Post n°12 pubblicato il 05 Luglio 2007 da chow_mo_wan

Il rinnovamento dei ricordi       

Siamo in grado di distinguere un ricordo preciso da un ricordo vago? Sicuramente.
"Com'era quella casa?"
"Non ricordo bene, erano due o forse tre camere, all'ingresso mi pare ci fosse un lampadario vecchio stile con di fronte la porta per la camera da letto... o era la cucina?"
"E quell'altra invece?"
"Oh, quella la ricordo perfettamente come se l'avessi qui ora davanti ai miei occhi. Nell'ingresso si notava subito il poster murale sulla destra mentre a sinistra ecco il soggiorno con il divano blu, e c'erano due cuscini finché la gatta non ne fece fuori uno, sì me lo ricordo ancora. E poi il bagno con quelle tendine...".

Ci sono ricordi che rimangono scolpiti nella nostra memoria, potremmo litigare sulla vericidità di certi ricordi, forse persino rompere un'amicizia. Ci sono ricordi che siamo certi siano veri. Ma quanto può essere sbagliato un ricordo di cui abbiamo la consapevolezza sia giusto? Quanto può essere falso un ricordo vero?

Ero in macchina da diverse ore quando giunsi a Genova e non senza poca difficoltà ritrovai la strada che non facevo da quasi trent'anni. E che mai avevo fatto guidando dato che avevo lasciato quella città a 11 anni. Arrivai al capolinea del 46, la piazzetta era più o meno come la ricordavo. Proseguii e notai un edificio sconosciuto alla mia destra. Più tardi, parcheggiata l'auto, ripercorrendo a piedi l'ultimo tratto di strada avrei scoperto che la vecchia fabbrica abbandonata, relitto industriale già quando arrivai lì nel 1970, era diventata una scuola, la scuola media che ai miei tempi era vicino casa.

L'ultima salita, la curva a destra e... fortunatamente era il 15 agosto, traffico nullo. Inchiodai lì in mezzo alla strada non credendo ai miei occhi. A sinistra c'era la mia via, la via dove avevo vissuto 7 anni. Esattamente come la ricordavo, ma irriconoscibile. Non era una strada, era un budello stretto, a mala pena poteva passarci un'auto. Mi forzai a svoltare e poco più avanti, all'imbocco della scuola elementare, la mia scuola, parcheggiai e tornai indietro per cercare di capire. La strada era esattamente come la ricordavo, con i portici, il mio palazzo, di fronte ancora lo stesso bar. Ma la strada non era quella, ricordavo una strada larga, molto più larga e non era certo possibile che si fosse ristretta. Ero certo che la strada era larga esattamente quanto la ricordavo, ci avrei scommesso qualunque cosa, non poteva essere altrimenti. Dentro di me sentivo che il ricordo era giusto, eppure era sbagliato, qualcosa non quadrava.

Poi capii, capii che il ricordo era cresciuto con me. Da bambino quella strada mi era sembrata della larghezza "giusta", quella strada era larga quanto doveva esserlo. Ma nella mia memoria la larghezza non era stata codificata in metri quanto piuttosto in proporzione alla dimensione del mio corpo, e nel mio ricordo la "giusta" larghezza di quella strada era evoluta in quella tipica di una qualsiasi altra strada, come la può ricordare un quarantenne.

Il ricordo era cresciuto con me lasciando inalterate le proporzioni tra l'ambiente e l'uomo che in quell'ambiente era vissuto da bambino.

Da quel giorno ricordare per me assunse un significato diverso. Ricordare equivale a ricostruire la realtà, giorno dopo giorno. Con il trascorrere del tempo non solo ricostruiamo il nostro corpo, cambiamo le cellule, rinnoviamo il sangue. Anche la mente ed i suoi ricordi partecipano a questo incessante rinnovamento. Non si osserva mai due volte lo stesso passato mi insegnò tanto tempo fa Eraclito.

Oggi so che ricordare il passato può essere aleatorio quanto, se non di più, immaginare il futuro.

 music: a prospect that is simple - Markus Reuter                                                                            
                                                                                         scritto da Thela_Hun_G

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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 03 Luglio 2007 da chow_mo_wan

Il prezzo del sale

" Non si mangia il sale, fa male!" " Ma a me piace, nonna!" " Se continui così, dovrò nasconderlo!"

Così era stato, ed il pacco di sale grosso era stato ingoiato dal buio anfratto della credenza.

"Tutta suo padre!" aveva sentenziato la madre."Tutta sua madre" aveva rincarato la nonna.

" Non assomiglia a nessuna di noi, per fortuna." aveva sospirato la bisnonna.

La bambina guardò in silenzio le tre generazioni di donne che l'avevano preceduta, e gli occhi neri erano di sfida già vinta. Il silenzio dell'immensa cucina, accolse il passo felpato dei piedini nudi, il rumore pesante della grande sedia spostata, il batticuore della paura e lei, che ad occhi chiusi, mandava avanti il suo piccolo naso. Ogni cosa aveva un odore, la pioggia, la neve, le mattine di primavera ed anche lo zucchero e il sale. In realtà non avvertiva il profumo del sale, ma quello del cartone umido imbevuto di esso e fu così che nella dispensa ombrosa, fra l'aroma del caffè, quello del pepe, il mistero del lievito ed il trionfo della vaniglia, la bimba trovò il suo tesoro. Prese i grani di sale e li se li mise in bocca, vittoriosa dell'incoscienza dell'infanzia, ma il gesto brusco fece cadere un piccolo coltello appuntito che le si conficcò nel piede. Il grido soffocato richiamò le donne che videro il colare del sangue e lo sguardo senza lacrime della creatura fisso nei loro occhi. Incerte fra il curarla ed il picchiarla in nome del vecchio detto: "guarda che poi ci prendi pure il resto!", la fecero medicare dal vicino di casa, medico ormai in pensione.

"Ne valeva la pena?" Le chiese la bisnonna, che tra tutte era sempre quella più giovane.

"Sì" rispose la bambina, aggiungendo al bagaglio degli odori, quello dell'acqua di rose e della Cera di Cupra.

"Bene." Continuò, la vecchia signora con un sorriso. " Questa è la lezione. Ogni volta, che otterrai una cosa te ne chiederanno un prezzo, e solo tu potrai decidere se sei in grado di pagarlo, e ricordatelo, perché ora non puoi capire, ma a quelle come me e te non fanno mai sconti."

La bimba affondò il naso nel collo della bisnonna e respirò l'odore di tutta la sua vita e per tutti gli anni a venire, ogni volta che doveva scegliere , guardava la ferita del suo piede ormai di donna e tirava fuori il borsellino dalle pieghe dell'anima.

                                                                        
                                                                 scritto da Donna_Ombra

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Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 02 Luglio 2007 da chow_mo_wan

Tre di quattro

 

nonna paterna

sapore di rossana, le ho conosciute con te e le amo ancora.

le nostre estati per i sentieri di solighetto in bicicletta, io seduta dietro. sento ancora il fresco sul viso e il tuo odore.

sono profumi e colori che mi legano ancora a te. il rossetto rosa acceso che mi facevi provare per gioco, i tuoi fili di perle, l'anello che a distanza di 25 anni dalla tua scomparsa ladri ignari del mio dolore mi hanno portato via.

l'odore dell'ospedale. l'ultima volta che ti vidi avevo con me il borsellino dei miei piccoli risparmi e feci storie e pianti per lasciarti qualche soldino.

quando sei morta avevo la febbre. papà sparì per qualche giorno e al ritorno, in cucina, fra pianti e abbracci mi disse che non c'eri più e che ora finalmente avevi smesso di soffrire.

 

nonno materno

il mese d'agosto lo trascorrevo con i nonni materni in un paesino di campagna nell'entroterra della oramai ex jugoslavija. giocavo a fare la piccola contadina, rincorrendo le galline e dando pannocchie ai maiali. una volta mi accompagnasti anche a mungere una mucca. quando la sera rientravi a casa ubriaco di slivovica l'odore della grappa e dei tuoi piedi riempiva la stanza e, fra le grida della nonna, noi cugine ridevamo e ti prendevamo in giro.

mi hai fatto vedere come si ammazzano i maiali, grandi e piccoli che fossero, poi tiravi fuori le interiora e m'insegnavi a riconoscere polmoni, fegato, cuore, reni e quant'altro. mi abbandonavo a te con fiducia cieca.

ti incontravo per il paese, sempre in bicicletta e col cane che ti avrebbe seguito fino all'inferno. quel cane era lì con te anche la notte in cui una mercedes di ragazzi minorenni e ubriachi fino al midollo, ti trascinarono per qualche centinaio di metri. tornavi da un funerale.

di te l'ultimo ricordo un broncio, avevi scoperto la mia fuga d'amore notturna e rispedita l'indomani in italia. ti salutai con un dolore immenso e ti vidi scomparire dietro l'angolo della strada.

 

nonno paterno

milano. mi vedo piccola attraversare la strada, tu mi aspetti all'altro capo urlando che non devo mettermi le dita nel naso. quel mio vizietto dicevi che ti faceva vomitare. eri sempre arrabbiato, litigavi con la nonna, avevo l'impressione di non andarti a genio. l'unico momento in cui noi due si stava bene era quando m'insegnavi a fare i solitari. in campeggio al mare, tutte le sere facevamo solitari. dopo la morte della nonna non ti ho visto per anni, forse venti. eri la mascotte di linate, dove andavi tutti i giorni. gli impiegati dell'aeroporto di certo ti conoscevano meglio di me.

ti ricordo anziano intento a mangiare solo latte e mele cotte, per anni non ti sei nutrito d'altro, la centrale del latte di milano ti ha donato una medaglia.


nonno non potevo nemmeno farti una carezza, appena mi avvicinavo iniziavi a ridere a crepapelle, quando ti ho conosciuto da adulta tu eri tornato bambino.

          

                                                                                    scritto da TheMarryingMaiden

 
 
 

Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 01 Luglio 2007 da chow_mo_wan
 
Tag: 2046

Un tempo,quando uno aveva un segreto
da nascondere,
andava in un bosco, faceva un buco in un troco...e sussurrava lì il suo segreto. Poi richiudeva il buco con del fango, così il segreto sarebbe rimasto sigillato per l'eternità.

HO AMATO UNA DONNA MA LEI MI HA LASCIATO. SPERAVO FOSSE NEL 2046 E QUINDI SONO ANDATO A CERCARLA LI', MA NON C'ERA. DA ALLORA NON RIESCO A SMETTERE DI CHIEDERMI SE MI ABBIA MAI AMATO. LA RISPOSTA E' UN SEGRETO

 I ricordi sono sempre bagnati di lacrime

 
 
 

Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 30 Giugno 2007 da chow_mo_wan

Rosebud                                                                       

                                                                    music: Cadere - Riccardo Sinigallia

Elisa carezzava il mio avambraccio facendo passare la mano sotto la manica della felpa. Mi guardava dritto negli occhi poi, senza abbassare lo sguardo, si infilava dolcemente sotto i miei vestiti.
Aveva 5 anni, io 6. 
Quell'estate mia madre mi parcheggiò nella casa in campagna di sua sorella. Era il periodo in cui avevo smesso di parlare. La sera la passavo in compagnia degli amici dei miei cugini. Loro, più grandi di me, si riunivano in un fienile e cominciavano a bere e fumare poi si baciavano. Io mi annoiavo, ma una sera arrivò Elisa e tutto cambiò.

alcune tracce rimangono invisibili agli occhi di chi giudica

I grandi smisero di prendersi gioco del mio mutismo non appena si manifestarono le carezze di Elisa. Cominciarono a prendersi gioco di tutti e due ma oramai passavo il mio tempo in sua compagnia, osservando l'erba, all'ombra di una quercia.
Quel gesto lei lo ripeteva ogni volta che rimanevamo soli. Quando ritardava un attimo mi mancava, allora lei si avvicinava sorridendo poi, prima di introdurre la mano, guardava un punto oltre me..guardava un punto indefinito nell'infinito oltre me.

Quell'estate finì velocemente, portandosi via il mio silenzio, lasciandomi però la possibilità di conservare un ricordo..in un buco..nel tronco di un albero. 

                                                                         

                                                                           scritto da watanabe68



 

 
 
 

Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 27 Giugno 2007 da chow_mo_wan

Inferno Via Pisana                                     

                                                           music: The Police - Message in a bottle

Era il 1998.                                                   
Un gennaio freddo da adolescenti in motorino, con doppi guanti e parabrezza senza scritte, con il limoncello che ci teneva quieti intorno alle panchine.
Chiusero seicento metri di strada, una provinciale che da Firenze finisce nel mare di livorno. La chiusero senza avvertire nessuno, non ricordo neanche il motivo. Ricordo che rimossero l’asfalto e che un paio di volte sono caduta sul ghiano marrone. Ruppi anche il parabrezza e lo sistemai con lo scotch della ditta di pelletteria dove lavoravo.
Avevo diciotto anni da un paio di mesi ed ero innamorata di Gianluca. Gianluca che non mi voleva, Gianluca che c’era e non c’era. Gianluca che fumava, tirava, calava. Gianluca.
Gianluca che un anno dopo mandai a cacare, con ramanzina al ritmo di rewind di Vasco. Ci avevo messo un po’ a capirlo, ma alla fine ci ero riuscita e con stile. Un risveglio, l’inizio del risveglio.

Ma nel gennaio del ’98 ancora non ero arrivata a comprendere che lui mi voleva come lo volevo io ma non era capace di vivere, amare, lasciarsi andare. Doveva distruggere, distruggersi e via, chisenefotte del resto.

Via pisana aveva degli interni, palazzi di tre-quattro piani, giardini senza lampioni, panchine di metallo freddo e noi, ragazzi di periferia, esulati dai controlli e dai passaggi delle volanti dei carabinieri.
Un bar che chiudeva alle 20.30. E vicini che ci sopportavano.
Ridevamo tanto. Silvia e Andrea che si legano con la salopette e iniziano a girare, il jeans che si strappa e loro che capitolano a terra.
Angelo, prima dell’incidente che gli ha fatto perdere l’occhio, arrivava alle undici, dopo aver lasciato la ragazza a casa. Arrivava con una renault 5 pompata e iniziava a provarci con tutte. Che poi di ragazze eravamo tre o quattro, sei il sabato.
Noi ragazze cantavamo, cantavamo sempre le solite canzoni. Eleonora era brava, una voce nera. Un paio di anni fa ha fatto anche dei concerti. Poi … preferisco non riacchiapparlo questo ricordo. Brucia.
Simone iniziava ad uscire con i ragazzi più grandi di noi che stavano un paio di panchine più in là. Silenziosi a differenza di noi.
Salvatore, ancora non redento, continuava a essere sfottuto da tutti . Picchiato, malmenato, ma usato appena faceva comodo.
Durò sei mesi. Sei mesi in cui i giorni passavano fra passeggiate nel deserto polveroso di quella strada e , passatempo del sabato, giro in discoteca . Io ero l’unica ragazza e in quel periodo non si poteva dire fossi femminile. Capelli rasati, jeans, anfibi, giubbotti ampi. Ma in discoteca riuscivo sempre a raccattare qualcuno e i miei amici appena qualcuno si avvicinava, mi circondavano per cercare la rissa. Protetta, fanculo.

Una sera rimanemmo fuori solo io e Mike. Eravamo fermi su un muricciolo e passo un uomo vestito di nero in bicicletta.
Ci guardò e ci disse: “Speriamo arriviate vivi a domani!”
Ci toccammo e lo maledicemmo.
Entrambi siamo arrivati vivi, feriti, ad oggi.


                                   scritto da shockportatile

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"Diese Kinder suchen ihre Eltern" di boltanski


 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 26 Giugno 2007 da chow_mo_wan

16.12

Mi piaceva guardarti da lontano.
Venivo tutte le settimane, il sabato pomeriggio era il giorno dell'appuntamento fisso, in piazza. Avevo 16 anni. Vestivo di nero, come oggi; capelli sparati, scarpe a punta, cappotto lungo svolazzante un po' svasato. Catene al collo e spille da balia come accessori.
Venivo in piazza, ma rimanevo un po' marginale nel gruppo. Osservavo tutti. Per timidezza, e forse in parte una forma di snobismo verso l'eccessiva ostentazione, non mi buttavo mai nella mischia. Me ne rimanevo in disparte, con i Fiori del male in tasca, a guardare. Non avevo molto da condividere a parte la musica e i colori. Non andavo in discoteca. Non frequentavo le serate a cui andavano tutti. Venivo solo in piazza, e sedevo sui gradini sotto le luci giallastre dei lampioni.
Osservavo anche te. Mi ricordo solo i contorni focati della tua figura esile e la ragazza con la quale presumibilmente stavi insieme. Era bella. E io avrei voluto somigliarle. Lei era così diversa da me.
Guardavo, dal mio angolo sulle scale della piazza. Bloccata dai pensieri e rapita da ciò che mi circondava. Il fiume umano del sabato. Quel posto fuori dal tempo. La casa di Keats che affaccia ancora le finestre sulla scalinata.
Non ci siamo mai parlati. Eppure frequentavamo gli stessi posti, le stesse sale prove, andavamo a casa delle stessi amici comuni.
Ricordi che riaffiorano alla memoria in un inverno di 18 anni più tardi.
Tu ricordavi ancora la mia borsa, la mia figura minuta, il posto in cui mi siedevo in disparte con la mia amica.
Ora ti guardo. Sfioro i tuoi contorni nitidi, non più sfocati.
Ti ho ritrovato per caso, senza sapere che fossi tu, quello che mi piaceva guardare da lontano.

                   .

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                   scritto da lilith258




 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 21 Giugno 2007 da chow_mo_wan
 
Tag: 2046

"998..997.."

Lasciare il 2046 non è un'impresa facile. Per uno che ci riesce, altri mille ci provano all'infinito.
Da quanto sono su questo treno? Non lo so, non lo so, non me lo ricordo più. Comincio a sentire il peso della solitudine.

"Per quel che ne so in molti sono partiti per il 2046, ma lei è il primo che vedo tornare indietro. Mi scusi, sarebbe così gentile da spiegarmi perchè lo fa?"

Quando mi chiedono perchè ho lasciato il 2046 resto nel vago, non do mai la stessa risposta.

 
 
 

Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 19 Giugno 2007 da chow_mo_wan

PICCOLI PESCI                                       
                                                           music: Sonata al chiaro di luna - Ludwig Van Beethoven
E' che ci pensavo questa notte, mentre ero nella vasca da bagno.
Già ...io dormo poco...molto poco e passo le notti dentro la vasca o girando per casa aspettando l'alba.
Non c'era nessuno in casa...e così ne ho approfittato...mi sono coricata nell'acqua bollente e ho fissato il soffitto.
No, non c'era nessuno.
Non c'era nessun rumore...e la cosa era alquanto strana..nessun ticchettìo, scricchiolìo...nulla.
Non mi tornava qualcosa...e sentivo che mancava un rumore a me familiare.
Mi resi conto in quel fragente di averLO perso.
L'ora era tarda....ma ho deciso di chiamarlo...LUI...

H.C. "Ciao XY...Sono Alessandra...ah, mi avevi riconosciuto? Ehehehhe sì, sono io, scusa per l'ora...stavi dormendo?
Hai ragione è tanto tempo che non ci sentiamo.
Come dici? No, non ti preoccupare...non è successo nulla di grave...ti ho chiamato perchè mi è venuta in mente una cosa...eh, lo so sono le 4 del mattino...solo che non riuscivo a dormire.
Mi sa che ho lasciato...ho perso qualcosa lì da te...
Eh non mi ricordo quando, dove e perchè...e poi come *quando*? Dai su non fare il tonto...
Ma sì sono sicura di averlo perso lì...lo sento...
Ma no XY grazie...non è urgente, ma che spedire? Solo mi sono accorta che mancava quella cosa...eh sì dopo tanto tempo...
Ah hai fatto pulizie? Eh bè ci credo...è tanto poi che me ne sono andata.
No, no ma che ridare, ma figurati...non ti preoccupare...anzi se lo trovi buttalo..
Ok grazie...sì sì ...stammi bene...ciao buonanotte..."

....

"Ah XY...mi sono dimenticata di dirti CHE QUELLO CHE HO PERSO E' IL MIO CUORE...
Pronto...pronto...".....ha riattaccato.

Buonanotte XY...sogni d'oro...


                                                                                        scritto da Hard_Candy
 

 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 18 Giugno 2007 da chow_mo_wan

PER LUI                                         

                                                   music: Summertime - Ella Titzgerald & louis Armstrong 

Eravamo li, uno di fronte all'altra in quella giornata forse primaverile forse estiva...è un ricordo lontano, fatto di sguardi che bucano l'anima e parole scritte sul corpo.
Lo guardavo, così scuro,con i suoi occhi così brillanti...lui parlava spiegava assertiva...io, piccola forse 12 o 14 anni ascoltavo, sentivo ma non col cuore perchè per me forse erano cose lontane, non mie...dette all'interno di un rapporto portato avanti in modo austero e distaccato...
Dovevano essere anche parole tristi le sue, dette invece col cuore in mano, perchè a un certo punto due grosse lacrime colarono sulle sue guance un po' scarne, sul viso stanco da una vita di lavoro..."Io piango e tu stai li così, non dici niente?!? le parole che uscirono dalla sua bocca flebilmente, unendo le mani quasi a segno di preghiera...e io restai li, piccola, in silenzio a guardarlo dritto negli occhi...facendo cenno di no con la testa dopo un attimo interminabile...il discorso si perde nei ricordi, la sola immagine che è rimasta del quel discorso è quella...anche le parole di contorno son volate via, è rimasta quella frase...Lui era mio padre, oggi sono 6mesi e 1giorno che non c'è più; a me non è rimasto niente se non il vuoto dentro, se non il rimorso per non averlo neanche abbracciato quel giorno di tanti, tanti anni fa...Sara.


                                                                                        scritto da FOX1974XXX

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 17 Giugno 2007 da chow_mo_wan

Cena                                                     


                                                            music: Untitled track 5 - Sigur Ros

 Quando aprì la porta la vide. Scarpe scamosciate nere con tacco alto. Pantaloni neri di raso aderenti in una taglia quarantadue, con due zip che si aprivano in basso lasciando intravvedere l’attacco delle caviglie ossute. Uno top nero scollato aderente con sopra una maglia nera traforata ricamata di fiori. Neri. Spiragli di pelle giusti al punto giusto. Sulle braccia e sul decolletè dal quale spuntavano le fossette delle scapole.

Era truccata poco, come era solita fare. Aveva i capelli stranamente armonici. Qualche ciocca scendeva da un fermaglio appuntato ad arte e le incorniciava gli occhi lucenti.

Lei aveva deciso di non parlare quella sera. Sapeva che era lui a doverle dire qualcosa.

Lei lo abbracciò forte e si sentì abbracciare debolmente. Cercarono sul vocabolario l’inesistente parola “stinfio” con la quale lei aveva definito il suo abbraccio. Lei lo baciò, ma lui rispondeva distrattamente alle sue labbra. Lei si sedette sulle sue gambe a tavola durante la cena. Lui guardava altrove.

Dopo cena lui le parlò. Le disse che non potevano continuare. Che le loro vite erano troppo diverse e diversamente impostate. Che sarebbe stato troppo problematico e faticoso per entrambi camminare sullo stesso binario.  E che lui non aveva la forza di faticare anche per lei. Anche insieme a lei. E, ancora più grave, disse che le loro anime non potevano stringersi. Una era troppo fragile, l’altra troppo delicata.

Stavano vicini, pericolosamente vicini, come due parti di un vaso appena caduto in terra.

Bevevano grappa seduti sul divano etnico. L’incenso e le candele inondavano l’ambiente di profumi solidi e maschi. Moby sottofondo sonoro. Una piccola lampada rossa proiettava le loro ombre sul muro. Lontane.

Lei fumava. Lui fumava meno convinto.

Alle sicurezze di lui, lei non replicò. Disse semplicemente. “Tu non mi vuoi. Addio, allora!”

Lui la guardò spalancando due occhi verdi. Meravigliosi. Lei aveva una corsia privilegiata per gli occhi verdi, il colore dell’iride di sua madre. Il primo bagliore cromatico che da neonata aveva senz’altro percepito mentre si nutriva.

Ma ora quegli occhi verdi, increduli, la guardavano fisso. Poi si posavano sulle fessure della sua maglia. Sulle sue scapole, sul suo collo lungo. Le domandò con un tono vicino allo smarrimento: “Ma che fai, non mi smentisci?”

E così lei, che non aveva da opporre precetti razionali, gli disse semplicemente che era innamorata di lui e che lui era un segno del destino nella vita di lei. E che voleva stare con lui. Costruire con lui la sua nuova vita. E glielo sussurrò  proprio così, tutto d’un fiato.

Certo, quegli argomenti non avevano la forza della razionalità. Pulsavano semplicemente. La violenza dell’amore di lei sbatteva contro le gabbie mentali di lui. Poche possibilità di trovare una fessura più larga. Lei lo sapeva.

Poi si abbracciarono. Intensamente.

Lui dominò le sue mani e, a fatica, le lasciò a strofinare la schiena.

Lei si alzò dal divano e si avviò alla porta.

Prima di uscire gli chiese: “Ti piace la mia mise?”.

Lui le rispose: “Sei bellissima ... sei bellissima”.

Arrivata a casa trovò sul cellulare un messaggio di lui con su scritto Ti voglio bene.

Non si videro più.       

                                                                 

                                                                      scritto da DolceA0        

 
 
 

Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 05 Giugno 2007 da chow_mo_wan
 
Tag: 2046

Nel 2046 corre una rete che collega ogni punto della terra e c'è un treno misterioso che parte regolarmente verso il 2046.Tutti quelli che vanno al 2046 hanno un solo un pensiero in mente: ritovare i ricordi perduti.
Perchè si dice che nel 2046 niente cambia mai. Ma nessuno sa se quel punto esiste veramente, perchè nessuno è mai tornato. Nessuno, tranne me.

 
 
 
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RITROVARE I RICORDI PERDUTI

 

Cena - DolceA0

- PER LUI- FOX1974XXX

PICCOLI PESCI - Hard Candy

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- 16.12 - lilith258

- Inferno Via Pisana - shockportatile

- Rosebud - watanabe68

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 - Tre di quattro - TheMarryingMaiden

- Il prezzo del sale - Donna Ombra

- Il rinnovamento dei ricordi - Thela Hun G

.

- FOTORICORDO -  simas

- ChiusaFraLeFessure -  Speculare

- Spero arrivi -  my moleskine

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- Se ti piace - Donna Ombra

- Fari nella notte - DanzaSulMioPetto77 

- Nostalgjia - falco58dgl

 

Ricordo di un angelo - la_mia_destinazione

- La donna ideale - caluinet

- La scatola di sabbia rossa - my_moleskyne

.

Fiammeggiante - polystyrene

- anche i gatti stanno a guardare - simas

- Orfeo ed Euridice - blu_notte.fm

.

- Pallido tentativo - alibidivino

- Ricordo brutto - DolceA0

- Dead in the snow - Watanabe68

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L'IPPOGRIFO - vulcanoinaffitto

- Why? Chi_ero

- Un  autunno di qualche anno fa' - inattesadi

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