MAIONESE IMPAZZITA

NO, IL TITOLO NO


La situazione è quella che è. Non mi ricordo neanche più com’è fatto dal vivo un locale notturno o un semplice pub, però conosco benissimo la variante bar per colazione. Il mio culo non ha più memoria delle sedute da sgabello, ma presenta preoccupanti quanto profonde piaghe da decubito inflitte, a turno, dalla sedia dell’ufficio, dal sedile dell’auto e dal divano. I miei occhi stanno sviluppando una preoccupante sintomatologia, una sorta di reazione allergica al crepuscolo: appena spunta il buio cominciano a scendere a mezz’asta… c’è chi la chiama sonnolenza, io però non mi rassegno a questa diagnosi, voglio andare più a fondo alla questione, ne farò presente alla mia parrucchiera (lei legge Donna in forma e Starbene). La  divisa d’ordinanza per le mie serate comincia a starmi stretta, forse se la smettessi di  ingurgitare ciarpame a badilate, il solito pigiama riuscirebbe a non stritolarmi pancreas, fegato e intestino, a random. Eppure mi ricordo vagamente di una fanciulla a cui una volta piaceva tirarsi a lucido, uscire, fare quattro salti in qualche sordido locale nei dintorni di casa sua, tirarsi nera d’alcool e nicotina. Una fanciulla che le mattine seguenti ha sempre pagato a caro prezzo le conseguenze delle sue bisbocce notturne, accettandole sempre però di buon grado e senza fiatare, come una giusta e meritata punizione. Sono talmente linda e pinta da non ricordarmi nemmeno che effetto fa supplicare il cielo e tutti i santi del paradiso affinché il mondo smetta di ruotare vorticosamente. Si può essere talmente fuori dal giro da non ricordarsi nemmeno che forma ha la palla da discoteca? Ho voglia di imbellettami come una vecchia zoccolona di periferia, avere il rossetto sui denti, masticare rumorosamente una gomma alla cannella solo per mischiarne il sapore con quello di un trinciato di pessima scelta, camminare per la strada appoggiandomi di palo in palo in preda alle convulsioni dal troppo ridere e fare un 360 sui tacchi a spillo stando a braccetto con quei due qualcuno che nessun altro potrà mai sostituire.