storie di Sebastiano

4 - UN ADDIO, UN SOGNO, UNA DONNA (seconda parte)


Ero arrivato presto, mio malgrado, non volevo lavorare, non sapevo neanche io quello che desideravo, ma sentivo crescere dentro di me prepotente la rabbia, e non facevo come le altre volte, non la controllavo, non cercavo di soffocarla dentro un essere a modo, consono a quell’ufficio. Ma mentre sentivo che la rabbia mi assaliva, contemporaneamente mi sentivo vivo. E forte. Come non mi sentivo da tempo immemorabile, cioè da almeno dodici ore.Ed era solo il giorno dopo. Il day-after di una giornata destinata a rimanere dentro di me per il poco sempre che mi era rimasto. Camilla se ne era andata, il mio medico aveva deciso che l’avrei seguita per colpa dello stesso male, ed io avevo deciso di morire subito per Lucia e per Fidel. Ernesto, il mio figlio più grande, non sapevo ancora cosa pensasse, ma lui era più lento nel maturare le decisioni nei sentimenti e mi aspettavo che da un momento all’altro mi condannasse anche lui, ma in modo più deciso, perentorio, perché lui è così. Risoluto e definitivo.In segreteria c’era ovviamente Anna. Una donna sulla cinquantina assunta da poco, non saprei se per le sue capacità o per il suo aspetto. Perché aveva proprio il modo di porsi, il vestirsi leggermente scollacciato, le movenze del corpo, il parlare della perfetta segretaria. Così sicura di sé e così di parte. Dietro alla sua scrivania si sentiva la governatrice di tutti i comandamenti e le scadenze del suo padrone. Altrimenti detto datore di lavoro. Mi aveva squadrato seria e scocciata della mia intrusione, ma l’espressione era diventata meno sicura non appena aveva incrociato i miei occhi, il mio sguardo.“Cosa c’è?”“…non voglio più lavorare…”Aveva riso. Come al solito, ma che c’aveva da ridere sempre con quella voce da gallina strozzata che si ritrovava?“Anch’io vorrei smettere… ma lo stipendio purtroppo mi serve!!”“Considerazione idiota!! Io voglio solo sapere che cosa mi spetta di diritto… che ne so ferie, permessi, aspettativa…”“Già e perché no malattia?? Ma che ti ha preso? Hai dormito a culo scoperto stanotte??”“Malattia… malattia mi sta bene… che devo fare per entrare in malattia?”“Beh, comincia a star male per esempio…”“Sto già male… non ti preoccupare…”Aveva ancora riso. Come al solito, ancora più forte, sempre con quella voce stridula da gallina strozzata che si ritrovava.“E che hai? A me sembra che stai meglio di me!!”“Che ho?... ma sì, a te lo posso anche dire… tanto che fa’… ho un tumore… ““Ah… allora porta i certificati medici e vediamo…”“Che devi ancora vedere?”Non aveva riso. Con ipocrisia, forse, aveva assunto invece un tono grave di circostanza. La gallina che era in lei si era trasformata in una mamma orsa. Una voce calda che mi faceva venire in mente una rassicurante pelle d’orso da stendere davanti ad un caminetto acceso, sulla quale sdraiarsi al caldo.“Vai, vai Sebastiano… da oggi ti segno in ferie fino a quando non mi porti la certificazione… così potrai avere tutti i benefici… giorni di permesso… giorni per la chemioterapia… quando inizi? ““No… non la voglio fare…”“Ma se hai un tumore… hai detto…”“E allora?”“Ma sei scemo? Queste cose si curano, oggi… ““Non mi interessa…”Non aveva riso. Ma sorriso quasi beffarda. Mi aveva scrutato sorpresa. Ancora non sapeva cosa dirmi, ma quello che dicevo io la divertiva, e non faceva nulla per nasconderlo.“Sebastiano!! Ma non sei sposato tu?”“…sì…”“E secondo te tua moglie ti lascerà essere così idiota da non curare un cancro, ma va!”“Mia moglie semplicemente non lo sa…” “ E che gli hai detto? Che è raffreddore?? Pensi che così non si accorga di nulla?”“Me ne sono andato da casa…”Non aveva riso neanche stavolta. Aveva assunto invece un strano atteggiamento verso di me che improvvisamente non sentivo più completamente disinteressato. Che non capivo. Non capivo perché bastava un tumore per entrare nei pensieri di chi non ti ha mai pensato.“Perché te ne sei andato?”“Non voglio che lei mi veda morire… non deve sapere… le ho detto che ho un’altra e me ne sono andato… meglio che mi creda con un'altra che condivida quello che mi aspetta…”Questa volta era sbottata a ridere. Senza controllo. Mi rideva in faccia senza nessun ritegno. Mentre io pensavo di avere detto la cosa più seria e dolorosa della mia vita. E mi sarebbe proprio andato di strozzarla, per non sentire quel rumore stridulo uscire dalla sua bocca.“E la cosa più idiota che ho mai sentito!! Ma dove l’hai sentita? L’hai vista al cinema? E’ ridicolo… chi sta male ha bisogno degli altri… vedrai quanto invadente diventerai con il tempo… altro che non dirlo!!”“Ma io la penso così…”“Ma non dire cretinate… la pensi così? Che significa... nella realtà le cose funzionano in un altro modo, molto più prosaiche e meno eroiche… le malattie si curano, le persone si accudiscono… ““E poi muoiono…”“Può succedere…”“…e ti distruggono l’esistenza, perché ti senti impotente, perché vedi morire chi ami senza potere fare nulla, senza che tu abbia fatto abbastanza… perché tutto quello che hai fatto è stato inutile, senza scopo... e non hai colpa, ma ti senti in colpa… e non sei morto ma ti ci senti… no, questo Lucia non lo deve passare…”“Lucia è tua moglie?” “Già…”Aveva riso ancora più forte. Sarcastica ed atroce.“Ma non ti preoccupare… si sopravvive, si sopravvive a tutto… e dopo un poco ci si consola, si dimentica o soltanto ci si abitua… tutto passa e tutto passerà anche dopo di te… anche dopo la tua morte, se tu ci tieni tanto a morire… e la tua Lucia se ne farà una ragione… come tutti del resto… il peggio è per chi muore… chi resta si consola…”“Come sei cinica… ma poi, che ne sai?”“Io lo so… è da quando sono bambina che lo so… fidati, è così… torna da tua moglie, fa il bravo e smettila di dire cazzate che è meglio, e cerca di essere meno poetico e più concreto… che con il male che hai non ci si scherza… non si ha il tempo di scherzare e neanche la voglia…” (segue)