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IL VIZIO DEL LUNGO TERMINE


Il “vizio del lungo termine”, ammorbava il pensiero politico-economico già ai tempi di Keynes, il quale ebbe a liquidarlo con le famose parole: "Nel lungo termine saremo tutti morti!". Ovvero: ciò che è perso in una recessione è già il risultato di azioni di lunga durata e la sua preservazione è prioritaria e propedeutica alla realizzazione di obiettivi futuri. Il nostro tessuto produttivo - attivamente e lucidamente distrutto dalle sedicenti politiche di lungo termine - si è formato in un secolo di condizioni storiche quasi certamente irripetibili, mentre le vite umane falcidiate dalla miseria e dai suicidi non saranno mai recuperate. Sul piano metodologico va osservato che la verificabilità di un nesso causa-effetto è funzione inversa del numero di agenti che intervengono nel sistema osservato. Collocare i primi effetti di una politica nei successivi due, tre o dieci anni equivale semplicemente a sottrarla alla possibilità di verifica. In un arco di tempo così lungo agiscono cambi di potere, riposizionamenti geopolitici, shock finanziari, innovazioni tecnologiche ecc. che alterano le premesse iniziali. A quel punto si dirà naturalmente che sì, l'obiettivo era raggiungibile e gli strumenti adeguati, ma il destino cinico e baro ha scombinato le carte. Ma per farla ancora più breve, basterebbe sfidare i sostenitori del lungo termine - quasi sempre vittime inconsapevoli di suggestioni pedagogiche e popolari: Rome wasn't built in a day ecc. - a citare esempi storici di provvedimenti i cui primi effetti positivi si siano palesati solo a distanza di anni. Leggi elettorali? Riforme sanitarie? Privatizzazioni? Nazionalizzazioni? Non sforzatevi: non esistono.da Le Apologie del Fallimento