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TEORIA NEOCLASSICA DELLA CRESCITA E DELLA DISTRIBUZIONE


All'interno della tradizione neoclassica, si è verificata una caratteristica evoluzione. I primi modelli neoclassici della crescita, rappresentavano il comportamento delle famiglie tramite una funzione del risparmio o del consumo convenzionale. In seguito, a partire dai lavori di Cass (1965) e Koopmans (1965), si afferma una convenzione alternativa: alle famiglie viene attribuita una funzione di utilità intertemporale, quasi sempre una funzione del consumo corrente ed eventualmente del tempo libero additiva nel tempo. Si assume quindi che il consumo corrente (ed eventualmente l'offerta di lavoro) costituisca sempre il primo passo in un problema di ottimizzazione di una funzione di utilità con orizzonte temporale infinito e con perfetta preveggenza di tutti i prezzi e i redditi futuri. Simmetricamente si ipotizza che le imprese a ogni passo ottimizzino assumendo come dati i prezzi. Sotto condizioni favorevoli, l'equilibrio competitivo persistente nel tempo identificato in questo ' modello è una soluzione del "problema di Ramsey". L'economia rappresentata in questo modello, segue esattamente il sentiero che avrebbe seguìto se fosse stata pianificata da un singolo consumatore immortale, che avesse risolto un problema di massimizzazione della utilità in un orizzonte infinito, vincolato solo dalle date possibilità tecnologiche e dalle inevitabili identità. Sotto queste ipotesi favorevoli, il passaggio a un'economia decentralizzata con imprese in concorrenza, non modifica il risultato; in effetti il settore industriale esegue fedelmente i desideri del consumatore. Ramsey aveva formulato esattamente questo problema come un esercizio normativo: ha immaginato di dover determinare cosa avrebbe fatto un decisore onnisciente e onnipotente di fronte alla necessità di adottare una sequenza infinita di decisioni relative all'allocazione del prodotto tra il consumo corrente e il risparmio-investimento per il futuro. La funzione dell'utilità era considerata in questo ambito come una funzione del benessere sociale. Ramsey, 1928, argomentò che il tasso di sconto dell'utilità futura era inappropriato proprio perché avrebbe comportato discriminazioni ingiuste tra le successive generazioni. Se l'agente ottimizzante è considerato come una famiglia rappresentativa e non come un delegato fiduciario, questa argomentazione diventa più debole. La sostituzione di funzioni meccaniche del consumo e dell'offerta di lavoro con un esplicito problema di massimizzazione intertemporale dell'utilità presenta alcuni vantaggi, pur se costringe a uno sforzo d'immaginazione. In ogni caso, le conclusioni di base della teoria neoclassica della crescita non vengono modificate da questa correzione. Le cose cambiano quando l'approccio di Ramsey viene esteso al breve periodo, per cui ogni osservazione deve essere interpretata come un punto su un sentiero ottimale. Un teorico neoclassico della crescita può facilmente considerare inaccettabile questa estensione, ma questo è un altro discorso.c) Un altro significato associato alla tradizione neoclassica è l'abitudine di Considerare la concorrenza perfetta come la "regola per i mercati del lavoro, dei beni capitali e dei beni di consumo. Questa interpretazione è di sicuro empiricamente fondata: la maggior parte della teoria neoclassica della crescita fa esattamente questo. La questione più interessante è se questa abitudine sia in ogni caso necessaria per l'elaborazione coerente e l'applicazione del modello.La risposta è negativa. Fin dal principio si è rilevato che è possibile inserire nel modello una forma di mercato del tipo della concorrenza imperfetta in modo semplice e coerente. Naturalmente, un modello dell'economia con un solo bene producibile e un solo fattore primario non è esattamente un laboratorio molto ricco per costruire esperimenti con forme alternative di organizzazione industriale. Più recentemente, nel momento in cui la teoria è stata estesa da Romer (1990) e altri a includere la produzione endogena di nuova tecnologia, in una forma o nell'altra la concorrenza monopolistica è divenuta una componente necessaria del modello.d) Quest'ultima osservazione ci ricorda che è ormai divenuto comune un altro uso dell'aggettivo "neoclassico". Il termine è talvolta utilizzato per riferirsi ali 'abitudine di considerare il cambiamento tecnologico come una forza esogena, qualcosa che avviene, regolarmente o meno, senza alcuna azione basata su motivazioni economiche. Con poche eccezioni, i teorici neoclassici della crescita non hanno alcunché da dire sulla generazione endogena della nuova tecnologia. Senza dubbio sanno bene che le imprese alla ricerca di profitti sostengono costi di ricerca e sviluppo e spesso riescono a inventare nuovi prodotti e migliori processi produttivi. È ovvio che i progressi tecnologici possono essere considerati, una volta che si siano verificati, come risposte a opportunità percepite dalle imprese, il che non è la stessa cosa del rappresentare il livello della tecnologia e il suo tasso di cambiamento come variabili endogene determinate meccanicamente.Questo è quanto hanno cercato di fare recentemente alcuni autori. A parte tale differenza, gran parte della letteratura più recente appartiene chiaramente alla tradizione neoclassica. Discuteremo invece una questione più complessa. La "nuova" teoria della crescita, in alcune ma non in tutte le versioni, ha abbandonato l'assunto di rendimenti di scala costanti a favore dei rendimenti di scala crescenti, e ha abbandonato l'ipotesi di rendimenti decrescenti dei beni capitali a favore dei rendimenti costanti (o crescenti). Sebbene sussistano alcune incomprensioni a tale riguardo, i due casi sono lievemente diversi. Il modello neoclassico può incorporare facilmente i rendimenti di scala crescenti. (La concorrenza perfetta non sarà più, in tal caso, una forma di mercato ammissibile, se i rendimenti crescenti sono "interni", ma può essere sostituita dalla concorrenza monopolistica) Le conclusioni della teoria cambiano solo in alcuni dettagli. I rendimenti non decrescenti rispetto al capitale (il fattore della produzione che può essere accumulato) costituiscono al contrario un argomento più importante. I modelli di crescita con rendimenti costanti o crescenti rispetto al capitale si comportano in modo del tutto diverso e forse non dovrebbero essere classificati come neoclassici, anche se per altri aspetti sono di tipo tradizionale. di Robert Solow (premio Nobel per l'Economia 1987)