Visto da me

Aiutiamoli per davvero e non con la carità pelosa...


Generalmente svolgo il mio lavoro in un ufficio che da direttamente sulla strada e che si trova in un punto della città, molto frequentato da passanti e turisti. Per questo motivo, proprio sul marciapiede davanti all’ingresso, cercano di guadagnarsi la pagnotta estracomunitari, zingari e diseredati in genere. Sino ad un po’ di tempo fa, non avevo alcun rapporto con loro e tutto si limitava a fugaci sguardi superficiali. Poi un giorno mi accadde non ricordo neanche perché, di iniziare a parlare con un albanese che suonava splendidamente la sua pianola, gli chiesi di eseguirmi dei brani a me cari e lui lo fece con piacere, gli diedi qualche soldo e lui con molta dignità lo accettò ringraziandomi infinite volte. Nei giorni successivi, cominciammo a salutarci come fanno tutti quelli che abitano o esercitano un’attività a stretto contatto. Lo pregai altre volte di farmi ascoltare della musica, lo fece di buon grado ma, non volle più mance per questo. Mano a mano che il tempo passava, iniziammo a fare discorsi un po’ più personali, nel senso che parlavamo delle rispettive famiglie, del lavoro, in pratica, del più e del meno. Questa esperienza, mi fece rendere conto che più di aiutarle con pochi spiccioli elargiti saltuariamente, queste persone hanno bisogno di essere trattate come nostri pari (quali sono!), senza preconcetti e luoghi comuni. Nei giorni che seguirono feci volutamente amicizia anche con una zingarella mamma di una bellissima bimba e di un venditore d’occhiali taroccati indiano. Evidentemente tra loro, si sono passati la voce d’essere bene accetti ed attualmente, davanti al mio ufficio sono venuti a buscarsi la giornata altre persone che vivono la difficile condizione di estrema precarietà. Mi conoscono tutti ed io conosco loro uno ad uno ed è molto più bello per me adesso, andare a lavorare sapendo che oltre ai colleghi/amici in ufficio ne ho tanti altri anche fuori, sul marciapiede.