PROG.TRASPARENZA

Post N° 35


Parabola di Antonio il magnifico: dal Rinascimento alla monnezzaDalla grandezza alla monnezza. Dai tributi ai rifiuti. Dal trionfo al tanfo.«È la liberazione di Napoli!». Con queste parole Antonio Bassolino diventava ufficialmente sindaco della città. Parole al vento, e neanche tanto profumato. A sentirle oggi, c'è da tapparsi le orecchie, oltre che il naso. «Dobbiamo rappresentare la Napoli dei molti colori», diceva lui. Visti i marciapiedi, oggi prevale decisamente il marrone.È la storia di un impero, quello di Bassolino, nato con le grancasse e morto coi gran cassonetti. E pensare che lo davano in odor di santità, altro che puzza di pattume. I tempi d'oro iniziavano nel '93, quando al grido di «Lavoro e Legalità!» don Antonio conquistava il municipio promettendo faville. «Sarà un nuovo Rinascimento», diceva fresco d'elezione. Al buio delle corruttele, lui prometteva 'o sole del buon governo. Adesso al massimo, ci sono le nubi alla diossina. «Napoli non è Calcutta», dicevano i giovani progressisti. Ora, a confronto, Calcutta pare la Svizzera.Eppure, se c'è un politico che è riuscito a ricoprire tutte le cariche dell'universo, questo è proprio lui. Negli ultimi 14 anni è stato: Sindaco, commissario ai rifiuti, ministro e governatore campano. Roba che anche i viceré spagnoli gli avrebbero fatto l'applauso. In questi giorni, invece, di carica gliene resta solo una: «Re Munnezze». Più che una carica, una discarica.Ma ve li ricordate gli slogan? «È una vittoria che segna un'epoca», pontificava Bassolino mentre i cittadini gli davano in mano le chiavi della città. Oggi, coi rifiuti ovunque, l'unica chiave che gli darebbero è quella inglese: e non in mano. Eppure ci mise anima e corpo, lui, con la storia del Rinascimento alla pummarola. Tanto che, per sancire l'epoca d'oro,Antonio «Il magnifico» fece realizzare una scultura d'arte moderna in piazza del Plebiscito: la cosiddetta «Montagna di Sale». Oggi se passate da lì probabilmente troverete una montagna di spazzatura puzzolente. Che ci vuoi fare, è andata così: Antonio «Il magnifico» è diventato Antonio «il metifico». Parafrasando l'originale: del doman non v'è certezza, solo sacchi di mondezza.E allora, a conti fatti, cosa resta degli antichi fasti? Certo, a Capodanno ha portato Nino D'Angelo in piazza, grandi e costosi concerti, fior d'artisti nel metrò. Ma per il resto? Da Sindaco aveva promesso un porto turistico a Bagnoli da 700 posti. «Un sogno», diceva Bassolino. E tale è rimasto. Poi da governatore ha candidato Napoli per la Coppa America: «Siamo preparati», diceva lui. Così preparati che poi il torneo l'hanno disputato a Valencia. E non finisce qui: da commissario ai rifiuti, in soli tre anni, si è aumentato i fondi da 689mila a 1 milione e 140mila euro. E il risultato, be': è sotto gli occhi e sotto il naso di tutti. Altro che commissario Bassolino: neanche il commissario Basettoni avrebbe fatto di peggio.Ma dopotutto, il guru del rinascimento al sapor di cozze un risultato l'ha raggiunto. Quello di essersi circondato, come ogni sovrano che si rispetti, di una corte di intellettuali e giornalisti pronti a glorificarlo come il Messia del Vesuvio. Si scrissero libri, uno su tutti «Il rinascimento Napoletano», edizioni Liguori. E, pensate un po', nel curriculum di Bassolino c'è pure il premio «Gold Star», assegnato dall'Associazione Giornalisti Europei. Motivazione? «Per l'impegno profuso per la promozione turistica e culturale della città». Come se nei sacchi di lerciume ci fosse qualcosa di «culturale».Però c'è da dire che, da buon mecenate rinascimentale, la cultura avrebbe dovuto essere il suo forte. Invece? L'unico provvedimento culturale che sua maestà ha lasciato ai posteri è la scuola per veline. Che oggi probabilmente danzeranno tra i rifiuti. Insomma, un disastro: la fine di un'epoca che non è mai cominciata. Forse il miglior ritratto di questo sogno mancato sta nelle parole di Mirella Barracco, presidente della fondazione «Napoli Novantanove», medaglia d'oro della Repubblica al merito della cultura: «A questa storia del Rinascimento - dice la Barracco - non ci credeva neppure Bassolino. Era un'etichetta, uno slogan e basta. Però si respirava una certa aria di speranza». Anche adesso, all'ombra del marciume, si respira una certa aria. Ma non è di speranze che si tratta.