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SOLIDARIETA’ DERESPONSABILIZZANTE

Post n°13 pubblicato il 06 Luglio 2006 da motorhomer

Mi domando se una persona sia mediamente disposta ad elargire soldi (anche piccole somme) a chicchessia, soprattutto se sconosciuti. Mi spiace, ma io temo proprio di no. Dato che si decreta essere la solidarietà essere un valore certo, si deve trovare il modo di far sì che essa divenga ancora più certa (come si usa fare coll’amore). Qual è il miglior sistema? Il deresponsabilizzare da delle azioni così nobili e indiscutibili, quali appunto il baraccone dell’amore –che va sempre più a pezzi, nonostante siano pochi quelli che cercano di darle il colpo di grazia- e la sua amica, la solidarietà. Per il primo è sufficiente la funzione della tv e romanzetti, che parlano di sentimenti e si rivolgono alle donne alle quali non importa proprio un bel niente e che preferiscono solo fantasticarne da esterne, così non dovranno mettersi in gioco.

Allo stesso modo, la solidarietà imposta appare anche, se proprio non gradita, almeno tollerata proprio perché ci ha consentito di non prendere una decisione.

In fondo, vale lo stesso persino per le punizioni. Una punizione ci è meno sgradita se riteniamo di non avere in ciò una responsabilità diretta, ma ci è data invece senza una valida giustificazione. E’ come una liberazione…è più frequente incontrare chi si infuria perchè  licenziato senza giusta causa, o il tifoso il quale assiste alla ennesima cessione del suo giocatore preferito? Questi si è senz’altro sentito parte della squadra, un dodicesimo giocatore, mentre con tutta probabilità ha sentito come totalmente estranea la ditta per la quale finora ha lavorato, fossero stati anche dieci anni. Si sente quindi responsabile –nel suo processo mentale- e avente diritto di spiegazioni, a differenza che nell’altro caso?

Amore e solidarietà, il grande gioco continua…se si dice che esse sono solo due colossali travisamenti ci si sentirà dire di essere pessimisti e disfattisti, nonostanche il fatto che se si chieda allora una risposta chiara in merito, si avranno dieci risposte una diversa dall’altra e magari spesso anche in aperto contrasto. D’ altronde sono due buone scuse per il consumismo e la politica, e devono quindi lavorare incessantemente previo lavaggio del cervello. Ma resta il fatto dietro ciò si persegue un piccolo interesse privato –perché anche la persona più generosa e altruista deve trovare una motivazione personale- perché anche la persona più dotata di abnegazione può da un momento all’altro chiudere la baracca se ha perso il minimo interesse. Questo interesse non significa guadagno personale o notorietà, ma semplicemente piacere. 

Ma, è tuttavia evidente che si può provare una sorta di piacere immenso soprattutto nell’ affrontare compiti difficili perché appaganti ,e  forse persino il termine piacere è fuori luogo…opterei per una “prova di forza”, “mettersi in gioco contro un ostacolo” piuttosto. Ma anch’esso è sinonimo di piacere alla fine, me ne rendo ben conto…è solo un mero esercizio stilistico. Però, si badi bene, non è dato quindi da situazioni rilassanti e semplici, ma da prove di forza che hanno solleticato il loro interesse.

Ciò serve a spiegare come i condottieri e presunti affamati di potere in realtà perseguino uno scontro contro forze ostili, resistenze, perchè è una sfida contro una forza che sentono come superiore e l’abbattere tale ostacolo è una vittoria, molto semplice; il resto è solo edonismo e criteri femminilizzanti e filmografici, che degradano un uomo d’azione a un semplice business-man o uomo di spettacolo.

Ma al giorno d’oggi conta appunto l’istrionismo e pura sensazione suscitata da questi, alla stregua dei ballerini.

Nota: Ci si renda conto come  questa solidarietà “collettiva” abbia le stesse dinamiche di una forma di violenza volta contro popoli, nemici interni, colpevoli generici ecc. : singolarmente poche persone credo avrebbero il coraggio d’ infliggere punizioni di vaste proporzioni, forse persino di far del male a un singolo uomo; ma a questo pensa lo stato, che de-responsabilizza chiunque, e anche una guerra diventa solo una mera statistica. Chi è preposto a uccidere perde la sua individualità, all’interno di una macchina di vaste proporzioni quale appunto lo stato.

(Per chi volesse approfondire queste tematiche, rimando alle opere di Friedrich Nietzsche, soprattutto “La genealogia della morale”).

 

 

 

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